Dalla storia di una nevrosi infantile (Caso clinico dell’uomo dei lupi) (1914): parte 5

La nevrosi ossessiva (7:536-45)

All’età di quattro anni e mezzo, la sua agitazione e la sua ansia non mostravano miglioramenti e la madre decise di insegnargli la storia biblica, con l’intento di distoglierlo dal suo male e per elevarlo spiritualmente. L’introduzione della componente religiosa segnò una svolta rispetto alla fase precedente, ma allo stesso tempo indusse il subentro dei sintomi ossessivi al posto di quelli di angoscia. Fino poco prima, il piccolo faceva difficoltà ad addormentarsi perché preoccupato di fare brutti sogni. Ora, prima di mettersi a letto, si sentiva in dovere di pregare, baciare tutte le immagini sacre presenti nella camera e fare molti segni di croce su sé stesso e sul letto. La sua infanzia verosimilmente può essere suddivisa in questo modo: periodo precedente alla seduzione, all’età di tre anni e tre mesi, fase in cui si situa la scena primaria; periodo dell’alterazione del carattere, fino al sogno d’angoscia, il paziente qui aveva quattro anni; periodo che va dalla zoofobia fino all’iniziazione religiosa (quattro anni e mezzo); e per finire, periodo della nevrosi ossessiva, che si protrae fin dopo i dieci anni. Dopo il rifiuto della bambinaia e la conseguente repressione  della neo-attività genitale, la sua vita sessuale si sviluppò nella direzione del masochismo e del sadismo. L’aver imparato la storia sacra gli consentiva di sublimare l’atteggiamento masochistico nei confronti del padre.

Erotismo anale e complesso di evirazione (7:546-61)

La nevrosi ossessiva si formò attraverso una costruzione sintomatica sadico-anale. Già molto tempo prima di iniziare l’analisi le feci assunsero il significato di denaro per lui. Durante la ricaduta il soggetto patì di intesi disturbi intestinali. Motti di spirito ed esibizioni connesse all’ano lo divertivano enormemente e questo comportamento si ebbe fin dopo l’inizio della ricaduta. La scena primaria lo influenzò a tal punto ch’egli restò convinto che la madre fosse caduta ammalata per effetto di ciò che il padre le aveva fatto. Il timore  di avere sangue nelle feci, ovvero la paura di ammalarsi come la madre, rappresentava il rifiuto di identificarsi con lei in quella scena sessuale, ma allo stesso tempo questa paura indicava che, elaborando ulteriormente la scena primaria, egli si collocò proprio al posto della madre invidiandola per il suo rapporto con il padre. L’organo attraverso il quale potersi identificare con la donna, ovvero attraverso il quale poter assumere una posizione omosessuale passivo verso l’uomo, era proprio la zona anale. I preesistenti disturbi funzionali di questa zona avevano ora acquisito il significato di impulsi di tenerezza femminile. Egli rifiutò l’evirazione ripiegando sull’immagine del rapporto anale. L’individuazione del padre come eviratore acquisì una grande rilevanza come fonte di un’inconscia ostilità contro di lui e allo stesso tempo di sentimenti di colpa attraverso i quali reagì a questa ostilità.

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Cfr. S. Freud, Totem e tabù e altri scritti 1912-1914, Opere di S. Freud, Vol. 7 Torino, Bollati Boringhieri, 2000