Brandello immaginario di quella percezione, residuo immodificabile (8/23)

Chiunque abbia ingaggiato una lotta contro il proprio malessere prima o poi si è dovuto scontrare con la più tremenda delle scoperte: quel malessere, aldilà del lamentio, aldilà del dolore che esso ci presenta, porta dentro di sé, sorprendentemente, un nucleo di godimento. Il nostro sintomo ci fa soffrire ma soprattutto ci fa godere.

Prima Freud e poi Lacan hanno insistito su questo punto. Lacan ha inscritto questo godimento nel registro del reale, ossia nel registro dell’insensato, nella pulsionalità del corpo.

Tuttavia, se per questa pulsionalità è impossibile trovare un senso dispiegante, è possibile quanto meno intercettare una logica?

Infondo un percorso di psicoanalisi, consente di arrivare ad punto cardine, una scrittura del godimento, cioè qualcosa che ci situa nella nostra più estrema intimità, nella nostra singolarità: tale scrittura è il nocciolo di godimento insensato protetto nell’involucro del fantasma.

Il concetto di fantasma si differenzia da quello di fantasie.

Il fantasma, in un certo qual modo si mostra anche nelle fantasie ma come una scrittura non visibile, non immaginaria, ci dice cioè qualcosa di una scena originaria che non può essere ricordata, ma solo costruita in analisi. Infatti in Un bambino viene picchiato (del 1919) Freud ci dice che il fantasma (quello che Lacan chiamerà “fantasma fondamentale”) è sempre il risultato di una costruzione anche quando questo sembra essere il frutto o l’emanazione di un ricordo.

Esso infatti non viene ricordato come un’immagine o il ricordo di una scena, piuttosto è una frase, un assioma che fa da fondamento al desiderio. Infatti, è a partire da una percezione reale, per esempio la visione della scena primaria del coito tra i genitori, che emergerebbe il sogno dei lupi appostati sui rami di un albero, nel famoso caso dell’Uomo dei lupi di Freud.

Abbiamo da una parte il reale percettivo (percezione reale della scena del coito) impossibile da rappresentare e dall’altra qualcosa che si lascia simbolizzare nella struttura della scena immaginaria (il sogno e il fantasma).

Quindi abbiamo la percezione reale del coito intorno alla quale si attorcigliano, si strutturano il sogno (immagine) e il fantasma (assioma costruito in analisi, inaccessibile al soggetto stesso).

Il sogno, come formazione dell’inconscio, è l’indice di una modalità di realizzare il desiderio nello sguardo (immagine) come punto di giunzione con il reale della percezione (coito).

Il fantasma, come sottolinea con forza Lacan, si costruisce sia come difesa di fronte al reale che come (unica) porta di accesso al reale.

Esso è uno schermo, un velo posto sull’impossibile a rappresentarsi.

Allo stesso tempo è l’unico canale attraverso il quale intravedere in opacità questo reale.

C’è qualcosa, questo reale appunto, che torna sempre allo stesso posto, che ritorna sempre come punto inscalfibile dell’esperienza fantasmatica, esperienza fantasmatica che ha paradossalmente la funzione di difenderci da quello stesso reale che torna e ritorna.

È un luogo questo, di scrittura di un godimento nel corpo, di soddisfazione pulsionale.

È una scrittura che ha la funzione di velare e dunque attenuare l’insostenibilità di quella traccia insensata impressa nel corpo, di quella percezione traumatica avuta nell’incontro con il mondo esterno.

Il fantasma ruota attorno ad un’immagine fissa, una scena indimenticabile, nella quale qualcosa accade, nella quale le cose si configurano in un certo modo. Tuttavia il fantasma non è questa scena.

Il fantasma protegge dal reale della percezione di quella scena, esso funge da schermo sul quale si proietta la scena oltre la quale c’è l’impossibile a leggere, l’indicibile.

Il fantasma in quanto immagine reale del trauma (la percezione reale della cosa, dell’oggetto) non è la prova provata che il trauma ci sia stato, serve semmai a riempire qualche buco rispetto alla percezione reale del trauma, come brandello immaginario di quella percezione, investita affettivamente, libidicamente, in grado di conservare una certa quantità di affettività insensata.

Il fantasma in Un bambino viene picchiato, non è solo un’immagine, una rappresentazione. È un enunciato, riguarda il linguaggio.

Lacan, riprendendo Freud, concepisce il fantasma come qualcosa di intrecciato al trauma originario, emerso nei buchi del linguaggio.

Sottolinea la differenza tra la dimensiona immaginaria, quella simbolica e quella reale del fantasma.

Quella immaginaria, è quella che incontriamo nello scritto del 1919[i], il soggetto è preso dalle immagini in uno certo scenario, l’io (moi) fa i conti con le sue immagini.

La dimensione simbolica è quella che incontriamo in una storia, è quella che incontriamo nel linguaggio.

Lacan mette in rilievo la dimensione simbolica, quella logica del fantasma.

Il fantasma è concepito come un assioma logico.

Sappiamo che un assioma è qualcosa posto come un principio che fonda un sistema, per certi versi chiuso, immodificabile.

Da questo assioma, da questo sistema emergono dei corollari, ossia delle proposizioni vere o false, delle dimostrazioni o delle controdimostrazioni, altre proposizioni e così via.

Prima di questo sistema non c’è niente.

Prima di aver detto notte e giorno, la notte e il giorno non esistevano, c’erano soltanto variazioni di luce.

Il nuovo emerge grazie alle parole.

Le parole sorgono dal niente.

Ed essendo il fantasma un assioma vuol dire che qualcosa del linguaggio (simbolico) si inscrive nel corpo (reale).

Le parole si inscrivono nel corpo, come un marchio indelebile che resta sempre allo stesso posto.

Come un assioma, il fantasma è qualcosa che non cambia in un sistema, resterà per sempre un residuo immodificabile, una frase che fa da assioma per il soggetto.

Qualcosa nel fantasma non cambia e in quanto assioma è il punto di partenza di un sistema, è un quadro che struttura la visione del mondo.

È l’interpretazione fondativa, primordiale.

C’è un punto in cui il soggetto si eclissa, si cancella e non può più dire nulla né fare niente, è ridotto al silenzio, è preso nella morsa dei propri stati somatici, sequestrato da questi meccanismi di fondo.


[i] Freud S., Un bambino viene picchiato (1917-23), OSF, vol. 9, pp. 41-65.