Tratto che commemora l’irruzione del godimento (28/28)

Chiunque domandi un’analisi lo fa perché sta male, perché soffre. Sembra banale ricordarlo, ma non lo è.

Qualcuno che chiede aiuto lo fa perché soffre, perché è angosciato, perché non riesce ad andare avanti.

«La sofferenza ci minaccia da tre parti: dal nostro corpo che, destinato a deperire e a disfarsi, non può eludere quei segnali di allarme che sono il dolore e l’angoscia, dal mondo esterno che contro di noi può infierire con forze distruttive inesorabili e di potenza immane, e infine dalle nostre relazioni con altri uomini. La sofferenza che trae origine dall’ultima fonte viene da noi avvertita come più dolorosa di ogni altra». [i] Tanto che per l’essere umano «il compito di evitare il dolore relega sullo sfondo quello di procurarsi il piacere»[ii].

Il dolore è sempre un dolore nel corpo, che non vuole dire che esso si esaurisce nell’organismo, ovvero nel corpo biologico, anche quello necessita di soggettività, viene cioè in qualche modo soggettivizzato, passato al vaglio del linguaggio. L’angoscia non è un dolore come quello che si può provare se picchiamo il ginocchio contro lo spigolo di un tavolo.

Anche se il sofferente è «uno che soffre del suo corpo e del suo pensiero»[iii].

Ma la sofferenza è uno stato somatico, una sensazione corporea, non una ideazione, una parola, un’immagine, un significante.

Si può stare meglio grazie al gaio sapere ovvero al saper «godere della decifrazione»[iv] dell’inconscio, ovvero congiungendosi con il proprio desiderio inconscio.

Quindi se all’inizio Lacan è ottimista circa il potere che la parola può avere sulla sofferenza e sul godimento, ad un certo punto, l’ipotesi di fondo diventa che il reale non include il senso e ciò fa scricchiolare l’intero sistema della psicoanalisi. Le parole non hanno presa sulle cose. Il godimento è inafferrabile attraverso la nominazione. Ma come può la psicoanalisi allora lavorare a partire dalla parola?


[i] Freud S., Il disagio della civiltà, OSF, vol. 10, p. 568-69.

[ii] Ibidem.

[iii] Lacan J., Televisione, Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, p. 508.

[iv] Lacan J., op. cit., p. 521.