Super-Io (1)

Il termine Super-Io (Über-Ich) è usato da Freud per indicare quell’istanza psichica che ha il ruolo di giudice o censore nei confronti dell’Io. Sue funzioni sono la coscienza morale, l’autosservazione e la formazione di ideali. Erede del complesso edipico, in esso convergono, per interiorizzazione, le esigenze e i divieti dei genitori.

Melanie Klein colloca la formazione del Super-Io negli stadi preedipici, dove individua meccanismi psichici molto precoci che sarebbero degli anticipatori del Super-Io.

Freud introduce il termine Über-Ich in L’io e l’Es, per designare quell’istanza che si è separata dall’Io e che sembra sottometterlo, come emerge, per esempio, negli stati di lutto patologico o di melanconia, dove il soggetto si sente criticato e svalutato, cioè si nota che “ […] una parte dell’Io si contrappone all’altra parte, la valuta criticamente e la assume, per così dire, quale suo oggetto”[1].

Freud, prima di introdurre il termine Super-Io (seconda topica), usa il termine censura per indicare quella funzione psichica che tende a vietare l’appagamento e la consapevolezza dei desideri, funzione che può anche operare a livello inconscio, come inconsci potevano essere gli autorimproveri delle nevrosi ossessive, dove chi è afflitto di coazioni e proibizioni “[…] si comporta come se soggiacesse a una coscienza di colpa di cui tuttavia non sa nulla, a una coscienza di colpa, dunque, che dobbiamo definire inconscia, nonostante l’apparente contraddizione di termini”[2].

Nei casi di deliri di attenzione, di melanconia e di lutto patologico, Freud sottolinea che una parte dell’Io si contrappone contro l’altra. Il Super-io assume la funzione di modello e di giudice. Negli anni 1914-15, Il Super-Io è un’istanza costituita da due strutture parziali: ideale dell’Io e l’istanza critica.


[1] S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, vol. 8, p. 106

[2] S. Freud, Il motto di spirito e altri scritti 1905-1908, OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2001, vol. 5, p. 346