L’oggetto in tasca (Annotazioni durante una conferenza di Vincente Palomera)

Il nevrotico ha già nella sua tasca un S2 con il quale difendersi dal godimento. Il nevrotico ha un sapere “prêt-à-porter“. Ogni volta che si trova con un buco, una mancanza di sapere, risponde sempre con il suo S2. E’ la maniera che lui ha per difendersi contro il reale. È un automaton, una “self-operating-machine“: quando il soggetto ha fatto la prima esperienza traumatica, ha risposto a questa situazione con un sintomo e tutte le volte risponde allo stesso modo. È una maniera di difendersi dal reale dell’angoscia. Il sintomo è stato costruito con un’identificazione fondamentale al nome del padre. Il nome del padre è già una specie di patto, un contratto per limitare il godimento. È il soggetto che è in difficoltà con la rivendicazione pulsionale.

Il significante incarna l’enigma del soggetto. Il significante include la mancanza. Non si deve forzare mai il soggetto a diventare enigmatico se non è già così. È questo il caso della psicosi.

Lo statuto dell’oggetto nella psicosi è diverso dalla nevrosi: il soggetto psicotico ha l’oggetto nella tasca. Non è separato dall’oggetto. Nel maneggio del transfert da parte dell’analista, questo oggetto non è stato sottratto a livello dell’uso, della funzione: voce, sguardo, anale e orale. L’oggetto è ritagliato, ma rimane attaccato al corpo. L’analista deve caricarlo su di sé, deve portarlo sulle spalle. L’analista deve farsi carico di questo oggetto. Un investimento transferale può prendere l’analista come oggetto. Ma in realtà, con un oggetto nella tasca, non c’è un investimento transferale possibile. Per investire un partner qualunque, è necessario che la tasca sia vuota. Bisogna tirar fuori l’oggetto dalla tasca.

Come fare per mettere fuori della tasca l’oggetto? Lacan non ci dice come fare. Bisogna che l’analista inventi qualcosa. È necessario riuscirci senza che la voce dell’analista diventi persecutoria.