Ma cosa non sa, cosa sfugge al soggetto? (5/9)

Il rimprovero che il paziente di Freud fa a se stesso per aver augurato la morte al padre, indica per Lacan il significato, il valore che l’augurio di morte ha nell’infanzia. L’interpretazione e la restituzione del desiderio inconscio (cioè quello della morte del padre), non sortisce effetti perché il soggetto, durante la malattia dolorosa del padre aveva realmente augurato la morte al padre, come fine dei suoi tormenti. Il figlio ha fatto di tutto per dissimulare al padre  questo suo desiderio.[1]

Questo sogno, convocando l’ombra del padre, mette il soggetto di fronte alla morte, cioè, secondo Lacan, il soggetto è costretto a confrontarsi con la propria morte, ovvero con la propria castrazione. Nel sogno il soggetto infatti non è morto, dal momento che può soffrire al posto dell’altro e dietro questa sofferenza si nasconde l’inganno: il padre rivale, che deve essere ucciso, a cui il soggetto si fissa immaginariamente, dinnanzi alla propria morte, rappresenta l’unica possibilità alla quale potersi ancora aggrapparsi.

Il soggetto barrato dall’azione del significante, si sostiene nell’altro, ovvero cerca, quanto prima possibile di identificarsi a quell’altro che è l’immagine del proprio corpo. È il fantasma umano, il fantasma di se stesso, che non è più che un’ombra, “è qui che il soggetto sostiene la sua  esistenza, mantiene il velo che gli permette di continuare a essere un soggetto che parla”[2].

Il “secondo il suo desiderio”, ricondotto al desiderio infantile, ossia al desiderio edipico di morte del padre che si ripresenta nell’augurio di morte che il sognatore rivolge al padre gravemente malato, non va propriamente nella stessa direzione del desiderio che sostanzia il sogno.

Infondo, il sognatore, si trova a vivere un momento cruciale: la scomparsa del proprio padre, figura questa che per Lacan è l’immagine dell’oggetto che assurge alla funzione di supporto di un velo, di una ignoranza continua, condizione necessaria affinché il desiderio sia possibile. La stessa funzione d’interdizione garantita dal padre riesce a dare al desiderio nella sua  forma enigmatica, se non  abissale un riparo, ciò da cui il soggetto si trova separato, una difesa.[3] Ovvero un “pretesto morale” per non guardare negli occhi il proprio desiderio.

Il padre è colui che si suppone sia riuscito a castrare realmente la madre e ciò è fondamentale per l’identificazione col padre. Parliamo di quell’identificazione all’ideale del padre grazie alla quale è possibile il desiderio. Quindi, secondo Lacan, nel sogno riportato da Freud emerge una doppia ignoranza. La prima, imputata all’altro, la seconda del soggetto stesso, che non sa. Ma cosa non sa, cosa sfugge al soggetto? Gli sfugge la significazione del suo sogno, ovvero la sua stessa storia inconscia, i voti di morte contro il padre e in aggiunta egli non sa qual è la natura del suo dolore, quel dolore riconducibile alla partecipazione del soggetto agli ultimi istanti di vita del padre, ma che in realtà si alimenta di tutt’altro: l’esistenza in quanto tale, ridotta al punto zero è insostenibile, perché lì ogni desiderio è estinto, svanito.

È da questo dolore che il soggetto è attraversato ma, tuttavia egli gli dà un altro significato, poiché lo fa  dipendere unicamente dall’ignoranza dell’altro. Infatti, questo dolore si riduce nei fatti ad una crisi isterica, che in realtà è ben lontana dal dirci qualcosa sul vero motivo di quel dolore.

Il soggetto prende su di sé questo dolore e cerca di affrontare quell’agonia legata alla scomparsa del padre mediante la rievocazione di un’immagine che lo collega a qualcosa che separa e che pertanto rende più sopportabile quella voragine vertiginosa che si riattualizza in lui, ogni volta che si confronta col termine ultimo della propria esistenza.

Egli ha la necessità di frapporre tra sé e l’esistenza un desiderio e sceglie non un desiderio tra i tanti ma “il migliore, quello che egli ha dominato a lungo, quello che lo ha, adesso, abbattuto”[4].  Egli fa rivivere immaginariamente quella rivalità con il padre, ed egli, da queste fantasie trae una fonte di potere, proprio come quando trionfa per il fatto che il padre non sa, mentre lui, sa. Il desiderio consente al soggetto di mettere in atto l’espediente per mezzo del quale egli si protegge dall’invasione di ciò che avanza: l’incontro con l’angoscia di morte. La morte del padre è vissuta dal soggetto come la sparizione di quello scudo, di quella interposizione che lo lascia sguarnito di fronte al vero padrone assoluto: la morte[5].


[1] J. Lacan, Le Séminaire Livre VI, op. cit., p. 73.

[2] J. Lacan, Le Séminaire Livre VI, op. cit., p. 119.

[3] J. Lacan, Le Séminaire Livre VI, op. cit., p. 123.

[4] J. Lacan, Le Séminaire Livre VI, op. cit., p. 144.

[5] Ibidem.