L’uomo Mosè e la religione monoteistica (1934-1938)

L’uomo Mosè e la religione monoteistica (1934-1938, OSF, 11:337-453)

Primo saggio: Mosè egizio (337-345)

Il nome Mosè derivava dalla parola egizia mose, che significa “bambino”. Otto Rank nel 1909 pubblicava Il mito della nascita dell’eroe, di Otto Rank pubblicato nel 1909, sottolineava che quasi tutti i popoli civili fin dall’antichità hanno celebrato i loro eroi aggiungendo delle caratteristiche fantastiche sulla loro nascita. La leggenda narra che l’eroe Mosè è figlio di genitori di alto ceto sociale e la sua nascita è stata caratterizzata da numerose difficoltà. Appena nato fu condannato a morte o ad essere esposto per volontà del padre. Generalmente risulta essere abbandonato nelle acque di un fiume in una cassetta, è messo in salvo da alcuni animali o da persone di umili estrazione che provvedono ad allattarlo. Divenuto adulto ritrova i genitori nobili e si vendica del padre. Le due tipologie di famiglie, quella nobile (quella reale) e quella umile (quella fittizia), rappresentano le due modalità del bambino di percepire la vera famiglia nei successivi momenti della sua vita. Freud evidenzia che molto probabilmente Mosè è un Egizio aristocratico che il mito trasformò in ebreo. La particolarità della leggenda di Mosé si riscontra nel fatto che, mentre usualmente un eroe percorre la sua vita elevandosi dalle sue origini umili, la sua vita di eroe iniziò proprio quando perse la sua condizione di aristocratico per abbassarsi ad essere come i figli di Israele.

Secondo saggio: Se Mosè: era egizio…(1-2) (346-52)

Freud s’interroga sulla possibilità che la religione di Mosè offerta al popolo ebraico fosse davvero la sua e cioè una religione egizia, seppur non la religione egizia. L’ipotesi di fondo è che la religione ebrea prendesse le sue origini dalla religione Atòn, la quale escludeva ogni forma di mito o di magia. Questa nuova religione si fondava su l’esistenza di un dio solare raffigurata con un disco da cui si emanano raggi che terminano con delle mani di uomo. Tuttavia, nonostante nel periodo di Amarna era alta la passione per le armi una raffigurazione del dio solare non era stata rinvenuta. Nessuna traccia fu ritrovata neanche sul dio dei morti, Osiride, e sul regno dei morti.

Secondo saggio: Se Mosè era egizio (3) (353-358)

Quindi, seguendo l’ipotesi che Mosè fu egizio la religione che egli trasmise agli ebrei fu quella di Ekhnatòn e cioè la religione di Atòn. Freud effettua un’analisi delle similitudini e delle differenze tra la religione di Atòn e quella Ebrea. Innanzitutto entrambe due religioni assolutamente monoteistiche. La differenza fondamentale risiede nel fatto che nella religione ebraica non c’è nessuna traccia del culto solare. Inoltre Mosè diede inizio presso gli Ebrei all’uso della circoncisione. Questa ultima considerazione consentì a Freud di avallare l’ipotesi che, se oltre alla religione Mosè avesse introdotto anche la regola della circoncisione, egli non era ebreo ma egizio, e pertanto la sua religione fu egizia, e cioè a religione di Atòn. La ricostruzione che Freud fa dell’esodo dall’Egitto, la daterebbe tra il 1358 e il 1350, cioè dopo la morte di Ekhnatòn e prima della ristabilimento dell’autorità statale per opera di Haremhab. Ma il fatto di avallare l’ipotesi che la circoncisione fosse un’usanza egizia introdotta da Mosé, avrebbe significato per gli ebrei ammettere che anche la sua religione fosse stata egizia. Ma sembrano esservi delle buone ragioni per negare entrambe le due ipotesi, sia quella inerente alla circoncisione che quella all’origine egizia della religione ebrea.

Secondo saggio: Se Mosè era egizio (4) (358-363)

La tradizione culturale ebrea è ricca di riferimenti letterari extrabiblici all’interno dei quali si ritrovano numerose leggende e miti sorti intorno alla figura di Mosè. Una di queste leggende narra come Mosè fosse ambizioso fin dall’infanzia, e che fosse “tardo di lingua”. Quest’ultimo fatto molto probabilmente dipendeva dal fatto che egli parlava un’altra lingua e cioè quella egizia senza riuscire a comunicare con i semiti senza un traduttore.

Secondo saggio: Se Mosè era egizio (5) (363-367)

Nella storia del profeta Osea si parla di una tradizione secondo cui il fondatore religioso Mosè morì violentemente a seguita di una sommossa del popolo. La religione da lui fondata fu disconosciuta. L’origine dei Leviti rappresenta uno degli enigmi più importanti della storia ebraica. Questi sembrano provenire dai Levi, una delle dodici tribù di Israele. Risultò molto improbabile che il nobile Mosè si affiancasse senza protezione ad un popolo straniero. Freud sottolinea che originariamente i Leviti erano gente di Mosè e che tra la scomparsa di quest’ultimo e l’instaurazione della religione a Qadesh passarono due generazioni.

Secondo saggio: Se Mosè era egizio…(6) (368-372)

Il nuovo dio Yahweh stabilito a Qadesh, necessitava di essere glorificato, di trovare un suo spazio e di cancellare le tracce delle precedenti religioni. L’uomo Mosè fu trasferito a Madian e a Qadesh e fondendolo con il sacerdote di Yahweh fondatore della religione. Furono introdotte le leggende dei patriarchi per far passare il messaggio che Yahweh fosse stato già adorato da Abramo, Isacco e Giacobbe, sotto un altro nome e per connettere la loro tradizione a certi luoghi del paese di Canaan. Freud formula l’ipotesi che dall’esodo dall’Egitto alla formulazione del testo biblico trascorsero circa ottocento anni.

Secondo saggio: Se Mosè era egizio…(7) (372-378)

Freud si sofferma sull’argomento dell’uccisione di Mosè a partire dalle osservazione fatte da Sellin sulle allusioni presenti nei libri dei Profeti. Freud affronta infine l’argomento dell’uccisione di Mosè, che Sellin ha evidenziato riprendendo alcune allusioni al riguardo fatte nei libri dei Profeti. Mosè dispoticamente imponeva al popolo la sua religione costringendo i Semiti a liberarsi di lui. Quando egli trascorse degli anni nel deserto ci furono delle rivolte contro la sua autorità. Il popolo uccise Mosé pentendosi di quello che aveva fatto e cercando di dimenticarlo. Appressando la data dell’esodo a quella della nascita della religione a Qadesh e mettendo in questo caso in primo piano la figura di Mosè invece che quella del sacerdote madianita, si soddisfarono le pretese dei seguaci di Mosè e allo stesso tempo si smentì il fatto della sua morte violenta. Freud prova a far luce sui nessi cronologici di questi accadimenti, con l’intento inserire il personaggio Mosé nell’ambito della storia ebraica, notoriamente caratterizzata da due popoli che concorrono alla formazione di una nazione. Freud inserisce due nuove fondazioni religiose, la prima rimossa dalla seconda che riappare successivamente predominando, entrambe connesse al nome di Mosè. Una parte del popolo subì un’esperienza traumatica, l’altra no.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica (379-382)

La ricerca psicoanalitica ha messo in evidenza come la religione sia in realtà una nevrosi dell’umanità che esercita il suo potere proprio come la coazione nevrotica. Questa ipotesi secondo Freud sicuramente causerà una notevole diffidenza ed avversione da parte dei poteri predominanti nella società, ma un giorno la ricerca psicoanalitica potrà venire alla luce con più facilità. Dopo che l’invasione tedesca dell’Austria, Freud si trasferì a Londra, dove si sentì libero di pubblicare il suo lavoro su Mosè. Già in Totem e Tabù Freud concepiva le religioni attraverso il modello dei sintomi nevrotici individuali. Ritenne fondamentale intrecciare tali ipotesi anche con la storia di Mosè.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 1: La premessa storica (382-389)

Nasce la credenza di un dio unico e universale chiamato Atòn. Amenofi IV fa sì che la religione di Atòn diventi religione di stato. I successori di Ekhnatòn non furo all’altezza di mantenere viva quella religione, che finì per estinguersi. Tra gli uomini di Ekhnatòn ci fu Tutmosi che fu difensore della religione di Atòn e che a differenza di Ekhnatòn poco concreto, fu vigoroso e risoluto. Rivolgendosi ad una tribù di semiti, cercò di far attecchire in loro il suo ideale di religione. Li scelse come suo popolo, tentò di realizzare in loro il suo ideale e dopo esser partito con i suoi fedeli dall’Egitto, li consacrò circoncidendoli, consegno loro le leggi e li avviò alla religione di Atòn. La religione di Qadesh si fondò su un compromesso tra chi rifiutò l’estraneità di Yahweh e volle rafforzare la sua richiesta di essere venerato dal popolo e chi non volle dimenticare i ricordi riferiti alla liberazione dall’Egitto e alla figura del capo religioso Mosè.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 1: Epica di latenza e tradizione (390-395)

L’idea di un dio unico, il rinnegamento di un cerimoniale dotato di efficacia magica, l’esigenza etica fondata in nome dio, furono insegnamenti mosaici, che all’inizio trovarono molte resistenze ma che successivamente si affermarono stabilmente. I due gruppi del popolo ebraico si fusero in una nuova religione. Coloro che erano stati in Egitto ricordavano bene l’esodo e la figura di Mosè che furono inseriti nel racconto degli antichi tempi. Gli altri avevano intenzione di glorificare il nuovo dio e confutandone l’estraneità. La latenza presente nella storia della religione ebraica derivava dal fatto che i ricordi rimossi volontariamente dalla storia scritta non andarono mai perduti, poiché rimasero delle tracce nelle tradizioni tramandate nel popolo che diventarono man mano sempre più importanti col passare degli anni ritagliandosi un posto nella cronaca ufficiale finendo così per influire in modo rilevante sul popolo stesso.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 1: L’analogia (395-402)

Quel concatenarsi degli eventi nella storia religiosa ebraica si mostra a Freud come analoga alla genesi della nevrosi. La ricerca psicoanalitica ha messo in evidenza che i sintomi di una nevrosi sono effetti legati ad esperienze e impressioni riconosciuti come traumi che appartengono all’infanzia fino ai cinque anni circa. Sono esperienze quasi totalmente dimenticate riferite ad impressioni di natura sessuale e aggressiva. Le conseguenze prodotte dal trauma possono essere positive o negative. Tali fenomeni mostrano una forte indipendenza dall’organizzazione degli altri processi psichici che risultano invece connessi alle richieste del mondo esterno regolamentati dalle leggi del pensiero logico. Il trauma infantile può essere seguito subito da un’esplosione nevrotica, una nevrosi infantile caratterizzata da molti tentativi di difesa e dalla conseguente formazione di sintomi. Il periodo di latenza tra le prime reazioni al trauma e il successivo scoppio della malattia è tipico della nevrosi.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 1: Applicazione (402-413)

Inizialmente l’uomo primitivo viveva in piccole orde, in ognuna delle quali un maschio il maschio più forte dominava. Se i figli avessero suscitato la gelosia essi venivano uccisi crudelmente o castrati o cacciati via. Chi sopravviveva si raggruppava in piccole comunità, procacciandosi le donne attraverso il ratto. Laddove uno di loro riusciva a rapire una donna, tentava comunque di assumere una posizione analogo a quella che padre aveva nell’orda originaria. Per Freud, come è noto, la prima forma di religione fu il totemismo. Il secondo passo fu quello di umanizzare l’essere oggetto di adorazione. L’assassinio di Mosè da parte del popolo ebraico, emerso dagli studi di Sellin a partire dalle segni rimasti di tale uccisione nella tradizione culturale di questo popolo, risulta essere fondamentale nella nostra ricostruzione perché esso rappresenta il punto di collegamento l’esperienza rimossa dei primordi e la sua successiva riapparizione sotto forma di religione monoteistica. Freud formula l’ipotesi, riprendendo le tematiche di Totem e Tabù, che il pentimento per l’uccisione di Mosè desse la spinta alla fantasia di desiderio concretizzata nell’attesa del ritorno del Messia che avrebbe dovuto portare il popolo alla redenzione e al promessa supremazia mondiale. Tra le varie motivazioni alla base dell’avversione per il popolo ebreo, Freud evidenzia la gelosia per il popolo che si definisce eletto dal Padre divino e la pratica della circoncisione che sarebbe una forma addolcita della temuta evirazione da parte del padre dell’orda primitiva.

Terzo saggio: Mosè, il popolo e la religione monoteistica Cap. 1: Difficoltà (413-422)

Il compromesso raggiunto a Qadesh per Freud è dovuto al radicamento di una poderosa tradizione nei reduci dall’Egitto. Nel popolo i ricordi del passato permangono in tracce mnestiche inconsce. Se accettiamo l’idea della presenza di queste tracce mnestiche nel retaggio arcaico del popolo, siamo in grado di avere un collegamento tra la psicologia individuale e quella collettiva, riuscendo così a poter trattare i popoli come i singoli nevrotici. Se una tradizione fosse fondata solo sulla comunicazione non avrebbe quegli effetti coercitivi tipici dei fenomeni religiosi, forse sarebbe ascoltata, ma sicuramente verrebbe criticata, fino ad essere respinta come ogni altra informazione proveniente dal mondo esterno, e comunque non sfuggirebbe mai alla predominanza del pensiero logico.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2.: Ricapitolazione e ripetizione (423-424)

Le due sezioni de L’uomo Mosè e la religione monoteistica trovarono la loro pubblicazione nella rivista “Imago”: il taglio psicoanalitico dato alla tematica (Mosè egizio) e le elucubrazioni storiche su cui esso si basa (Se Mosè era egizio…). Tutta la parte contenente le questioni scandalose e pericolose per il pensiero dell’epoca e cioè l’applicazione delle scoperte psicoanalitiche all’origine del monoteismo, furono lasciate da Freud inedite fino al 1938, dove l’inaspettata invasione tedesca lo spinse a lasciare il suo paese e con esso anche la sua preoccupazione delle conseguenze che avrebbe generato la pubblicazione di quelle pagine.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2.: il popolo d’Israele (424-426)

Con una resistenza fuori dal comune il popolo ebraico, ha affrontato lungo l’arco della su storia molte disavventure e peripezie. Esso si è guadagnato l’ostilità di molti altri popoli. Una delle peculiarità di questo popolo è l’opinione particolarmente elevata che hanno di sé: essi si definiscono superiori agli altri. Allo stesso tempo sono caratterizzati da una eccezionale fiducia nella vita proveniente dall’avere un bene prezioso, una specie di ottimismo connesso ad una inamovibile fede in Dio. Questo popolo si considera autenticamente il popolo eletto da Dio, si sentono particolarmente vicini a lui, e ciò ingenera in loro fierezza e sicurezza. Freud osserva come quando qualcuno è definito prediletto di un padre temuto è del tutto normale che i fratelli si mostreranno gelosi. La storia mondiale dell’epoca diede ragione all’arroganza ebraica poiché quando Dio decise di mandare un Messia e un Redentore sulla terra, la scelta cadde nuovamente nel popolo ebraico. Fu grazie a Mosè nel popolo ebraico ci fu questa concezione che incrementò la presunzione degli Ebrei in quanto popolo eletto da Dio, consacrato e superiore agli altri popoli.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2 il grande uomo (426-430)

Un grande uomo agisce sugli altri attraverso la sua personalità e mediante il suo ideale. Gli uomini comuni hanno un grande bisogno di uomini autoritari da venerare, davanti ai quali chinarsi e dai quali essere dominati, in alcuni casi addirittura maltrattati. È il desiderio inconscio del padre insito in ciascuno di noi fin dall’infanzia. Mosè incarna un modello paterno forte e autorevole, il nobile egizio che discese tra i poveri ebrei affinché essi potessero essere figli affidabili. Inoltre l’effetto esercitato sugli Ebrei dalle rappresentazioni di un Dio onnipotente, unico, eterno, attento agli umili ebrei con i quali stabilì un patto nel quale prometteva di avere cura di loro se essi fossero rimasti sempre fedeli al suo culto. Questa nuova forma do religione avviata da Mosè fu in realtà ripresa da Ekhnatòn che fu suo re.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2: Il progresso della spiritualità (430-434)

Per mantenere effetti psichici di lunga durata in un popolo, ovviamente non basta la rassicurazione che esso è stato eletto da Dio. È necessario avere una prova di tale predilezione divina. La prova fondamentale fu quella dell’esodo dall’Egitto. Mosè in nome di Dio, chiese questa prova d’amore. La Pasqua ebraica celebra proprio il ricordo di questo evento miracoloso, grazie al quale la religione condusse gli Ebrei alla rappresentazione di un Dio più grandioso. Chi avrebbe creduto in lui avrebbe partecipato in una certa qual maniera della sua grandezza, sentendosi così innalzato. Una delle regole più importanti nella religione mosaica è il divieto assoluto di costruire immagini di Dio, e la conseguente imposizione di venerare un Dio invisibile all’occhio umano. Così facendo Dio fu innalzato a un livello più alto di spiritualità. Questi avanzamenti nella spiritualità aumentarono la presunzione e l’orgoglio dell’ebreo, rispetto a coloro ancora nella prigionieri della sensibilità. Mosè trasferì al popolo Ebreo l’idea entusiasmante di essere il popolo eletto me precludendo ogni materialità al divino, il tesoro del popolo si arricchì ancora ulteriormente, facendo sì che l’inclinazione degli Ebrei alla spiritualità non venne mai meno.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2: Rinuncia pulsionale (434-439)

Quando l’Es genera una spinta pulsionale erotica o aggressiva, l’Io, che controlla il pensiero e l’apparato muscolare, tende naturalmente a convogliare tale impulso in un’azione. Questo canalizzazione della pulsione è sentita dall’Io come piacere. La rinuncia pulsionale si può ottenere con fatica ed in ragione di motivazioni sia interne che esterne. La fondata sul divieto di farsi un’immagine di Dio tende nel corso della sua storia sempre di più versi la rinuncia pulsionale attraverso una notevole freno della libertà sessuale. Dio è totalmente escluso dalla sessualità per essere innalzato a ideale di perfezione etica. Mosè introdusse il rito l’usanza della circoncisione, sostituto simbolico di quell’evirazione che il padre totipotente primigenio nell’orda primitiva, aveva inflitto ai suoi figli; chi accettava la circoncisione si sottometteva al volere del padre, nonostante il sacrificio doloroso che tale sottomissione avrebbe comportato.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap.2: Il contenuto di verità (440-442)

L’uomo Mosè, introducendo il popolo Ebreo alla sua religione trasferì in loro un peculiare modo di essere all’insegna della presunzione, infatti essi furono convinti di essere superiori a tutti gli altri popoli. Si tennero lontani dagli altri popoli con l’intendo di preservare la loro condizione privilegiata. Il punto non era la mescolanza di razze poiché ciò che li univa era fondamentalmente un ideale cioè l’avere in comune valori, idee. Ciò accade perché la religione mosaica consentì agli ebrei di prender parte alla grandiosità della nuova rappresentazione di Dio, un Dio che li aveva scelti, ed inoltre tale religione chiedeva un progressivo avanzamento spirituale che favorì il lavoro intellettuale e la rinuncia alle spinte pulsionali. La religione mosaica solo apparentemente sparì di essa infatti vi si conservo un ricordo, offuscato e vago. La memoria di un grande passato agì nel profondo delle persone del popolo, e con il tempo finì per acquisire un importanza sempre maggiore sulle menti, fino alla trasformazione del dio Yahweh nel dio di Mosè, riattivando quella religione di Mosè diffusa molti secoli prima e che successivamente fu abbandonata.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2: Il ritorno del rimosso (442-444)

Le impressioni legate alle esperienze dei primi cinque anni lasceranno una traccia indelebile in ciascuno di noi che nessuno successivamente sarà in grado di cancellare. Le esperienze dei bambini di due anni, vissute ma non comprese, forse non saranno ricordate, ma sicuramente riappariranno in sogno. Nonostante ciò, successivamente, quel vissuto farà irruzione nella loro vita attraverso impulsi coatti, orienterà le azioni e la scelta amorosa. Non è stato facile, osserva Freud, accostare il concetto di inconscio alla psicologia collettiva, ma i meccanismi alla base della formazione delle nevrosi caratterizzano anche i fenomeni indagati fin qui. Anche nel popolo Ebreo, gli accadimenti più rilevanti si collocano nell’infanzia. L’esperienza vissuta causa una certa pretesa pulsionale che tende al soddisfacimento. L’Io si oppone a questo soddisfacimento. La spinta pulsionale è inibita, e la causa contingente legata a quella spinta viene dimenticata, e con essa le percezioni e le rappresentazioni ad essa intrecciate. Tutte le manifestazioni alla base della formazione di sintomi possono essere concepiti come “ritorno del rimosso”, ma il materiale che ritorna è caratterizzato da una fortissima deformazione rispetto a quello originale.

Terso saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2: La verità storica (444-448)

L’uomo ha bisogno di credere in un dio creatore del mondo, capo assoluto e soccorritore personale. Questo dio in realtà è il precipitato rappresentativo degli antichi padri. Il dio unico segna un grande progresso nella spiritualità. Il monoteismo introdotto da Mosè si richiamava ad un’esperienza ancestrale della famiglia umana rimossa dalla memoria degli uomini. La psicoanalisi ci insegna che le impressioni avute dal bambino quando non è ancora in grado di parlare, produrranno in seguito effetti coatti, seppur quelle impressioni non sono consapevolmente ricordate. Tale funzionamento è da Freud è allargato anche alle primissime esperienze dell’intera umanità, ed una delle conseguenze, di quelle esperienze primordiali rimosse sarebbe proprio l’idea di un dio unico. Tale idea si impone nell’uomo e pertanto è ad ogni costo considerata vera. Tale idea in quanto deformata, può essere intesa come delirio, ma in quanto ritorno del passato è necessario chiamarla verità.

Terzo saggio: Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica Cap. 2: L’evoluzione storica (448-453)

Successivamente all’organizzazione sociale attraverso i clan di fratelli, il matriarcato,il totemismo e l’esogamia, è iniziato un lento ritorno del rimosso grazie alle instabili condizioni di vita della condizione umana. Rimpianto e ardentemente desiderato, ammirato, temuto, riverito: la religione mosaica conosce solo sentimenti positivi verso il Dio Padre. La prima reazione al ritorno del grande padre fu un’irrefrenabile desiderio di devozione, l’odio omicida contro il padre sparì definitivamente dalla religione mosaica, anzi ci fu una energica reazione a quest’odio: senso di colpa per questo odio, la sensazione di aver peccato contro Dio e di continuare ancora a peccare. Infatti il peccato originale e la redenzione raggiunta mediante il sacrificio di una vittima furono alla base della nuova religione di Paolo. Dalla religione del padre, si passò alla religione del figlio, il cristianesimo. Non tutto il popolo ebraico accettò di aderire alla nuova religione, coloro che non l’accettarono, sono oggi chiamati Ebrei.

(Cfr. S. Freud, “L’uomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi (1934-38)” in Opere Vol XI, Ed. Bollati Boringhieri, Torino, 1989, Vol. 11: 337-453)