L’Io è un oggetto vuoto

La visione kojèviana di Hegel costituisce, come tutti sanno, forse la prima vera anticipazione della teoria lacaniana del desiderio come desiderio dell’altro.

Infatti Kojève, riprendendo la sezione della Fenomenologia dello spirito dedicata allo studio dell’Autocoscienza, evidenzia come per raggiungere la soddisfazione il desiderio necessita della mediazione del desiderio dell’Altro, in quanto il desiderio non può prescindere dalla sua condizione di intersoggettività, attributo questo che per Kojève, rileggendo Hegel naturalmente, è l’aspetto ontologico del desiderio in quanto tale dal quale non si può prescindere. Questo va a scardinare la concezione che già da Heidegger venne bandita come ingenua, cioè l’esistenza del soggetto in quanto sostanza, chiuso nella suo essere semplice ed altro dagli altri.

In Lacan l’io è un oggetto vuoto. Un oggetto nientificato. Lo stesso Sartre riprende le tematiche fenomenologiche nel saggio dal titolo La trascendenza dell’Ego approfondendo ed elaborando il concetto husserliano di intenzionalità della coscienza, giungendo a concepire la soggettività come un vuoto, scevra d’ogni sostanzialità, un vuoto che però procede, tende,  esplode verso.

L’indagine husserliana è rivolta all’oltrepassamento del fallimento, del mancato ritrovamento di un sapere absoluto, libero da ogni condizionamento e quindi rivolto a far luce su questa vuota soggettività. Noi non partiamo mai da  una “essenza” ma sempre da un’”idea”, un modello, un archetipo. Il modo trovato da Husserl per metter in discussione ogni punto di partenza in quanto dato, in quanto fatto, spazio-temporalmente situato, oggetto questo appartenente all’indagine delle psicologie naturali,  è l’epoché fenomenologia. Attraverso l’époche si sospende ogni affermazione o riconoscimento della realtà. La fenomenologia si occupa di fenomeni “irreali”. Il portato di questa sospensione è soprattutto quello di sospendere l’atteggiamento naturale di riconoscimento della realtà, della realtà del mondo che è qui per noi alla mano. Ovviamente questa non è una negazione del mondo, ma solo una sospensivo del riconoscimento di questo mondo. Il mondo stesso diventa un puro fenomeno. Ma allora cosa rimane di questa messa tra parentesi, cosa resta, chi resta lanciato verso. Husserl parla di coscienza, questa costituisce il cosiddetto residuo fenomenologico: ciò che resta dopo l’epoché.

Bibliografia

Davide Tarizzo, Il desiderio dell’interpretazione. Lacan e la questione dell’essere, La città del Sole, 1998

Davide Tarizzo, Introduzione a Lacan, Roma-Bari, Laterza, 2003

Di Caccia A., Recalcati M., Jacques Lacan, Bruno Mondadori, Milano, 2000

Husserl Edmund, Meditazioni cartesiane. Con l’aggiunta dei Discorsi parigini, Bompiani, 2002

J. P. Sartre, Un’idea fondamentale della fenomenologia di Husserl: l’intenzionalità, In: “Che cos’è la letteratura”, Vol. 1, pp.279-282, Il Saggiatore, Milano, 1963.

Jacques Lacan, Libro II, L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, 1954-55 Traduzione di Alberto Turolla, Clementina Pavoni, Piero Feliciotti, Simonetta Molinari, coordinazione e direzione di Antonio Di Ciaccia, edizione a cura di Giacomo B. Contri, Torino, Einaudi, 1991.

M. Heidegger, La poesia di Hölderlin, a cura di L. Amoroso, Milano, Adelphi, 1981, p. 227.

Sartre Jean-Paul, La trascendenza dell’ego. Una descrizione fenomenologica, EGEA, 1992 trad. di autori vari, Mi 1960