Il nome del padre e l’inizio dell’umanità

Giove è il nome del padre di tutti i nomi, fu padre non solo di tutti gli altri dèi, ma anche di tutti gli uomini.

I latini dicevano “sub dio”, e allo stesso modo dicevano “sub love”, cioè a cielo aperto, proprio perché il cielo lo si vedeva nella sembianze di Giove, dal cielo si attendevano le leggi attraverso le pratiche divinatorie. Giove fu detto “lous”, dal quale ebbe origine “lovis” e “iuris”. “Lous” si colloca nella fase dell’inarticolazione, cioè la fase del linguaggio onomatopeico con il quale spontaneamente il bambino si esprime; lous, infatti, viene dal “fragor di tuono” e dal “fischio del fulmine da’ greci qui fu detto Zeus”, la meraviglia risvegliata dal nervoso sussulto, che gli uomini primitivi ebbero dinnanzi alle ignote luminescenze dei fulmini generò il primo “lamento significante”: Giove. Dalla meraviglia nacque il nome Giove che poi divenne  “il titolo di padre degli uomini”. Giove, Zeus, il fulmine, la folgore, il nome proprio.

La Cosa fa parola, fait mot. È l’indicibile che secondo Lacan costituisce la condizione prima di tutta la catena significante, la possibilità di dire qualcosa è generata dalla madre di tutte le cose, la Cosa, la madre originaria. La madre può essere conosciuta solo per mediazione del Padre, del nome del padre, altrimenti la luce diventa troppo inebriante, e il tutto s’incarna nel singolo, ponendo fine ad ogni possibile nominazione, ad ogni possibile Esserci. Ma contemporaneamente questo Altro assoluto, è proprio ciò che, più del Tutto stesso, rimane refrattario ad ogni possibile rappresentazione. È causa di ogni possibile significazione, ma contemporaneamente ciò che più di tutto si presenta all’uomo irrapresentabile, indicibile, inenarrabile.

Giove detronizzò suo padre Saturno (Krono), dopo essere stato messo in salvo dalla madre Rea. Anche Krono ebbe a scontrarsi con suo padre Urano. Urano odiava tutti i suoi figli e per questo li obbligava a  nascondersi nelle viscere di Gea, loro madre. Un giorno Gea , avvilita, per vendicarsi di Urano e per liberarsi di lui, preparò una grande falce che avrebbe dato ad uno dei suoi figli come arma per vendicarsi di quella ignobile tortura. Nessuno ebbe il coraggio di accettare, solo Krono si fece avanti e con la falce tagliò i testicoli di Urano e con il sangue fuoriuscito fecondò nuovamente Gea, che partorì le Erinni, i Giganti e le ninfe. Krono poi gettò i genitali nel mare[1]: “attorno bianca la spuma dall’immortale membro sortì, e da essa una figlia nacque: Afrodite”[2]. Krono poi sposò Rea ed ebbe numerosi figli. Dato che gli era stato predetto che  uno dei suoi figli lo avrebbe detronizzato, appena nati li inghiottiva. Giove fu l’unico, che messo in salvo dalla madre, non fu inghiottito e diventato adulto liberò i fratelli costringendo Krono a vomitarli uno ad uno: tutto ciò segnò l’inizio dell’umanità. Giove costituisce il primo nome, il frutto del primo battesimo,  dopo il quale infiniti altri si realizzeranno sulla terra.


[1] Cfr. L. Biondetti, Dizionario di mitologia classica: dèi, eroi, feste, Milano, Baldini e Castoldi, 1998; in partic. alle voci Crono e Urano.

[2] Ibidem.