L’atto libero si produce solo e solo nel tempo che scorre e mai in quello trascorso (39/40)

«Il tempo può essere rappresentato adeguatamente mediante lo spazio?»[i]

A questa domanda possiamo rispondere in due modi. Sì, se ci riferiamo al tempo trascorso. No, se parliamo di tempo che scorre.

L’atto libero si produce solo e solo nel tempo che scorre e mai in quello trascorso.

Ma a cosa si riferisce Bergson quando parla di “tempo che scorre”? Per rispondere a questa domanda ce ne dobbiamo porre un’altra: che cos’è la durata che si produce al nostro interno?

«Una molteplicità qualitativa senza somiglianza con il numero; uno sviluppo organico che tuttavia non è una quantità crescente; una eterogeneità pura entro cui non vi sono qualità distinte. In breve, i momenti della durata interna non sono esterni gli uni agli altri»[ii]

Avremo dunque un primo io, fondamentale, che è una molteplicità qualitativa che non presenta alcuna similitudine con il numero, che è uno sviluppo organico che non è quantità crescente, che è eterogeneità pura ed indistinta e poi avremo un secondo io che sarebbe la sua proiezione esterna, la sua rappresentazione spaziale e sociale.[iii]


[i] Bergson H., op. cit., p. 140.

[ii] Bergson H., Saggio sui dati immediati …, op. cit., p. 143.

[iii] «Perveniamo al primo attraverso una riflessione approfondita, che ci fa cogliere i nostri stati interni come esseri viventi, continuamente in via di formazione, come stati refrattari alla misura, che si compenetrano gli uni agli altri, e la cui successione nella durata non ha nulla in comune con una giustapposizione nello spazio omogeneo. Ma i momenti in cui ci cogliamo in questo modo sono rari, e perciò noi raramente siamo liberi. La maggior parte del tempo viviamo esteriormente a noi stessi e percepiamo soltanto il fantasma scolorito del nostro io, ombra che la pura durata proietta nello spazio omogeneo». Bergson H., Saggio sui dati immediati…, op. cit., p. 146.