Lacan trova in un opera di Jacques Prévert, una modalità di “organizzazione” del vuoto. È un’opera che Lacan notò nella casa dell’amico Prévert. Consiste in una serie di scatole di fiammiferi, una unita all’altra, in un gioco di incastri in sequenza. Il risultato è una serpentina che occupava lo spazio di un’intera stanza: dal bordo del caminetto, saliva sul muro, per ridiscendere lungo una porta e così via.
Le aveva messe in successioni, la parte aperta veniva riempita da un’altra scatoletta piena, articolandosi a quella dopo, mettendo in ripetizione il vuoto interno della scatoletta di fiammiferi. È una scatola di fiammiferi, non è assolutamente una oggetto ripetuto che diventa una cosa. Nella costruzione di Prevért, il vuoto interno della scatola serve ad agganciarsi ad un altro valore d’uso dell’oggetto. Un oggetto senza uso. Nella sublimazione c’è una empasse della significazione. C’è la valorizzazione di un non uso dell’oggetto. È l’oggetto elevato alla dignità della cosa. È una creazione ex-nihilo. È il vuoto per incatenare una ripetizione, un modo di bordare un vuoto.
Tra i modi di bordare il vuoto c’è anche quello della costruzione del vaso che è una sublimazione, e non una semplice fabbricazione di un utensile. Il vaso è la prima sublimazione: indica un rapporto con il vuoto. L’opera d’arte è approcciata da Freud come qualcosa che nel sociale ha un valore. Per Lacan, l’opera d’arte, il vaso, fa vedere come, a partire dal niente, si può costruire qualcosa che circoscrive il niente. Il vuoto attorno a cui il vaso si costruisce c’era già prima. È ciò che resta dentro le pareti del vaso. A partire dal niente, dall’aria, dal vuoto, l’oggetto può fare il suo vuoto. È l’oggetto che fa sorgere dalla proprie pareti un vuoto interno che è sia causa che effetto. È dell’ordine dell’oggetto della sublimazione. Il vaso produce il vuoto al proprio interno: è una certa operazione con il vuoto, che ne fa vedere la portata di effetto e di causa. (Vedi capitolo 9-10 del Seminario X).