La sublimazione in Lacan

Anche la scienza, la religione, come l’arte, sono delle sublimazioni umane. L’arte fa risaltare il vuoto. La possiamo apparentare all’isteria.  Ci sono tre tempi della sublimazione: dell’arte, della religione e della scienza. Quello dell’arte lo possiamo associare all’isteria. È quel tempo che fa risaltare il vuoto. L’isteria è un modo di far risaltare la mancanza dell’altro.

La religione, invece, comporta un altro rapporto con il vuoto. Consiste, in tutti i suoi vuoti, nel disperato tentativo di evitare il vuoto, perché mette nel kaput morti il Dio. Il vuoto resta al centro, ma è un vuoto che ha una forma: Dio. Mettendoci Dio evita quel vuoto.

La scienza rigetta il vuoto: è il modo di forcludere il soggetto. La scienza non accetta la Bejaung. C’è un sapere assoluto, c’è il sapere di qualcosa che pone la cosa non tenendone conto. Questa è una prospettiva della scienza. Essa forclude l’essere umano. Non è un atto sublimatorio.

Contornare il vuoto è un’operazione maschile in quanto fa ricorso al mondo dei simboli. La donna tesse, fa dei ricami sul niente. L’uomo è rappresentato totalmente dal linguaggio. L’uomo è un soggetto che nel simbolico trova di che rappresentarsi. Così fa con il buco. Gli trova un simbolo. Nella donna il buco non viene contornato: ella corre sempre il rischio di un risucchiamento nello spalancamento.

Per Lacan, la sublimazione, è un elemento fondamentale per rapportarsi al vuoto. C’è la sublimazione nel senso generale e c’è la sublimazione nel senso di elevare l’oggetto alla dignità della cosa, questo lo abbiamo nel Seminario VII. Nel Seminario XX la sublimazione ci sarà anche nel semplice parlare: è la sublimazione generalizzata alla portata di tutti. È sul versante del significante per il fatto stesso che esso emerge dal nulla.

Poi c’è un altro versante della sublimazione: elevare l’oggetto alla dignità della cosa. È  un’operazione che concerne l’operare con il meno phi, con la mancanza nell’oggetto. Oggetto che è riempito da una creatura, da una creazione: è l’effetto magico di questa creazione che piace a tanti. L’artista è colui che riesce a solleticare il meno phi di ciascuno, il vero artista riesce a sollecitare quella mancanza di ciascuno di noi in modo tale da consentire, agli altri, di metterci qualcosa del proprio oggetto. Con i grandi artisti, tutti all’unisono fanno vibrare il proprio meno phi, così che tutti ci potranno mettere, in quel vuoto, il proprio oggetto, in modo riflesso.