Inibizione, sintomo e angoscia (1925): parte 2

3 (1925, 10:247-50)

L’Io è la parte organizzata dell’Es. Usualmente la spinta pulsionale da rimuovere resta isolata. Alla rimozione fa seguito un lungo (o interminabile) periodo, in cui la lotta contro il moto pulsionale si trasforma nella lotta contro il sintomo. È questa una lotta difensiva secondaria che presenta due aspetti contradditori. Da un lato  l’Io è obbligato ad un tentativo di restaurazione o di riconciliazione. Il sintomo producendo un ostacolo operativo, riesce in qualche modo a mitigare le esigenti richieste del Super-io o a respingere una pretesa del mondo esterno. Un po’ alla volta così il sintomo finisce con il rappresentare interessi importanti. I sintomi della nevrosi ossessiva e della paranoia acquisiscono un enorme valore per l’Io, non per il vantaggio che essi apportano all’Io ma perché gli procurano un soddisfacimento narcisistico non raggiungibile in altro modo. In altri termini, dice Freud, vi è “tornaconto (secondario) della malattia”. L’altro aspetto di questa lotta difensiva è un procedimento meno benevolo, che va nella direzione della rimozione.
4 (251-59)Freud tratta il caso di zoofobia isterica infantile, ovvero il caso della fobia dei cavalli del “piccolo Hans”. Hans ha paura di andare in strada perché teme che un cavallo possa morderlo. Egli è immerso nel conflitto edipico con il padre, che pure ama teneramente: è un vero e proprio conflitto di ambivalenza, amore e odio verso la stessa persona. La fobia è una manovra per risolvere tale conflitto. Il moto pulsionale sotteso alla rimozione ha come obiettivo in realtà proprio il padre. Il bambino esprime l’idea di essere morso da un cavallo. Freud sottolinea che l’idea di essere divorato dal padre rappresenta un topos del primitivismo infantile. Basta pensare al mito di Crono ed altre mitologie riconducibili alla vita degli animali. La rimozione ha represso due specifici moti pulsionali: l’aggressività sadica contro il padre e l’atteggiamento docile ed affettuoso nei suoi confronti. Nella formazione della fobia del piccolo Hans è stato rimosso anche l’investimento oggettuale diretto alla madre. Ciò che ha prodotto la rimozione è stata la paura dell’evirazione. La paura che il cavallo possa morderlo rappresenta la paura che l’animale gli morda il genitale, cioè che lo castri. Un confronto tra la fobia di essere divorato dal lupo nel caso dell'”uomo dei lupi” e quella del piccolo Hans ci dimostra che, seppur i due casi sono estremamente diversi, il risultato ultimo è il medesimo. L’angoscia zoofobica è la paura d’evirazione non trasformata, è angoscia reale di fronte ad un pericolo che viene giudicato reale. È tale angoscia, che emerge nell’Io, a dare inizio a quella regressione che condurrà in ultima istanza alla costruzione della fobia. L’angoscia si origina sia nell’Es, Freud parla in questo caso di libido disturbata, che nell’Io.

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Cfr. S. Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti 1924-1924, Opere di S. Freud, Vol. 10, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.