Zajonc e Lazarus

In opposizione alla teoria di Zajonc, Richard Lazarus nel 1982 asseriva che, affinché ci sia un’emozione è necessario e sufficiente la valutazione cognitiva. Lazarus, come affermava già Magda Arnold, sostiene che le esperienze emotive sono il risultato finale di un’operazione di pensiero, ossia di una valutazione cognitiva del significato attribuito ad eventi che sarebbero alla base della nostra contingente condizione di benessere o malessere.

Lazarus sostiene che l’ipotesi di Zajonc si fondi su un’errata interpretazione del concetto di “processi cognitivi”. Questi infatti sono stati equiparati al pensiero intenzionale, razionale e consapevole. Lazarus quando parla di processo cognitivo come condizione necessaria e sufficiente dell’emozione non si riferisce ad un “pensiero intenzionale, razionale e consapevole”,  ma piuttosto pone l’accento sul fatto che, prima di esperire una emozione, noi valutiamo gli eventi rapidamente e inconsciamente, costruendo i nostri pensieri su informazioni minime, spesso partendo addirittura da premesse irrazionali. Le valutazioni cognitive formatesi rapidamente e che inducono una risposta emotiva istantanea sono definite “processi cognitivi caldie sono anticipatori dell’emozione (ad esempio “Quel cane sta per mordermi”). Ci sono poi altri processi cognitivi, più lenti e che non producono nessuna emozione e sono chiamati “processi cognitivi freddi” (ad esempio “Quel cane ha un pelo molto bello”). Secondo Lazarus sono processi cognitivi caldi a precedere sempre le emozioni.

Lazarus e Zajonc hanno continuato la loro querelle sulle pagine dell’American Psychologist. Zajonc ribadendo la tesi che le sensazioni appaiono prima ed indipendentemente dai processi di valutazione cognitiva, aggiungendo che la spiegazione di Lazarus è tautologica: l’emozione è già definita nelle premesse come lo stato psicologico derivante da un processo di valutazione. Zajonc sostiene che, per dimostrare l’ipotesi secondo cui il pensiero è sempre precursore di una emozione, Lazarus è costretto ad ammettere la possibilità di misurare i processi cognitivi indipendentemente dalle emozioni. Wilson infatti, quando ha misurato i processi cognitivi, verificando se sia possibile o meno riconoscere quegli oggetti per i quali si afferma di provare attrazione, è emerso che in realtà ciò non si verifica.

Lazarus, dal canto suo, ritiene che l’esperimento di Wilson non è pertinente, infatti, secondo questo studioso, se una certa melodia, delle parole o delle immagini, ci risultano gradevoli, non si avrà una vera emozione, ma una valutazione estetica; l’affermazione “Mi piace questa poesia” è, per Lazarus, un processo cognitivo freddo e pertanto non può essere considerato precursore di una sensazione. Affinché si abbia un processo cognitivo caldo, ovvero emotivo, lo stimolo dovrà essere più significativo per la persona: le emozioni autentiche dovranno essere generate da oggetti, eventi o persone che potenzialmente possono portarci un vantaggio o un danno.

Da un lato, Zajonc ha ragione quando definisce la teoria di Lazarus vera per definizione ovvero non può essere ritenuta falsa con un metodo scientifico. D’altra parte Lazarus ha ragione quando dice che asserendo che una melodia è gradevole non siamo di fronte a una vera e propria emozione. Le sensazioni che emergono a partire dalla domanda “Mi piace questa canzone?” sono di tutt’altra natura rispetto a quelle che accompagnano una domanda del genere “Affronterei la morte per i miei cari?”.

Tuttavia gli esperimenti di Wilson pongono l’accento su alcuni problemi rilevanti nella misurazione delle valutazioni cognitive. Anche se i partecipanti non erano in grado di dire con certezza quali musiche avessero ascoltato, quando ne preferivano alcune, si comportavano come se le ricordassero. Wilson poneva la questione se, in realtà, essi avessero riconosciuto quei brani in maniera inconsapevole. Infatti sembra che i soggetti fossero in grado di dimostrare inconsciamente di averne conservato il ricordo attraverso la preferenza espressa per essi. A livello cosciente, invece, non riuscivano a dimostrare di ricordarli, perché non erano capaci di fornire un descrizione cognitiva del riconoscimento. Ciò sembra indicare una mancanza di valutazione cognitiva oppure che quest’ultima c’è ma inconsapevolmente?

Paradossalmente, sembra che, proprio gli psicologi cognitivisti abbiano fornito per primi un sostegno scientificamente convincente ad uno dei principi cardini della teoria freudiana: l’esistenza di processi inconsci!