Un chiuso mondo a due (7/8)

Lacan non accetta l’ipotesi che l’aggressività sia causata dalla frustrazione, come reazione ai limiti imposti dal principio di realtà, ma la considera connessa allo stadio dello specchio. Il soggetto idealizza la sua immagine con la quale si scontra perché essa costituisce quell’io ideale che il soggetto non è. A tal proposito Lacan considera il gesto di Caino come paradigmatico[1]; Caino colpisce la sua immagine ideale, il proprio io ideale rappresentato dal fratello onesto e più gentile. L’aggressività tendente alla distruzione dell’altro esprime “la struttura più fondamentale dell’essere umano sul piano immaginario: distruggere chi è la sede dell’alienazione[2].

Il desiderio del soggetto è costantemente riattualizzato dalla rivalità instaurata con quell’altro che rappresenta l’oggetto verso cui tende. Ogni volta che durante il lavoro psicoanalitico ci si avvicina a quell’alienazione fondamentale, si genera l’aggressività più radicale, il desiderio di eliminare quell’altro che alimenta il desiderio del soggetto.[3]

Lo stadio dello specchio è caratterizzato da uno strappo che divide l’essere del soggetto dalla sua proiezione ideale, che si rafforzerà ancor di più perché l’unità ideale dell’immagine speculare si configura come una “unità alienata”[4]: “l’essere umano non vede la sua forma realizzata, totale, il miraggio di se stesso, se non fuori di se stesso”[5].

L’esistenza stessa dell’alterità appare come ostile e l’aggressività è la sola risposta possibile sul piano immaginario perché ha l’obiettivo di “distruggere la sede dell’alienazione”[6].

L’immaginario è rappresentato da Lacan come un “chiuso mondo a due”[7] dove il desiderio porta il soggetto a fare da spola tra la fascinazione erotizzata per la sua immagine ideale e la spinta verso la sua distruzione, perché il soggetto trova nell’altro le “alienazioni del suo desiderio”[8]. Oltre al dramma della paranoia speculare il soggetto vive nel mondo del simbolo, un mondo dove gli altri parlano. Grazie al simbolico il desiderio è mediato dal riconoscimento. Se così non fosse, ogni funzione umana si consumerebbe nella spinta costituzionale alla distruzione dell’altro in quanto tale[9].


[1] J. Lacan, Libro I, Gli scritti tecnici di Freud, 1953-54, Torino, Einaudi, 1978, p. 214.

[2] Ibidem.

[3] J. Lacan, Libro I, Gli scritti tecnici di Freud, 1953-54, op. cit., p. 39.

[4] J. Lacan, Libro II, L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, 1954-55, Torino, Einaudi, 1991, p. 63.

[5] J. Lacan, Libro I, Gli scritti tecnici di Freud, op. cit., p. 175.

[6] J. Lacan, Libro I…, op. cit., p. 214.

[7] J. Lacan, Libro I…, op. cit., p. 172.

[8] J. Lacan, Libro I…, op. cit., p. 185.

[9] J. Lacan, Libro I…, op. cit., p. 213.