Sviluppo senso-motorio nei bambini non vedenti – Presentazione ed analisi critica di alcuni aspetti (5)

Tatto

È attraverso il tatto che il bambino non vedente scopre che il mondo esterno è popolato da oggetti afferrabili, manipolabili, che hanno un nome, un uso e una forma propria. La mano diventa così l’organo primario di percezione, senza perdere in fondo mai la sua funzione esecutrice, malgrado il coordinamento visuo-motorio sia sostituito dal coordinamento bimanuale e dal coordinamento udito-mano.

Il legame che mette insieme visione ed azione, è molto più incisivo di quanto possiamo incontrare in altre modalità percettive. I movimenti esplorativi assumono una posizione decisiva nell’apprendimento delle proprietà degli oggetti. Tali azioni sono essenziali per l’ampliamento del campo percettivo aptico, che si presenta però molto più limitato rispetto a quello della visione.

Il bambino non vedente ha la possibilità di suddividere l’oggetto apticamente in tutte le sue più piccole parti percependone selettivamente solo una di queste. Naturalmente in questo modo, il bambino cieco, non ha quella “dimensione fissa” garantita dalla visione, che resta sullo sfondo, per dir così, e che rappresenta quella parte dell’oggetto sulla quale il soggetto non interviene. Lo strofinamento della superficie è necessario per percepire la struttura di un oggetto rigido, il sollevamento è indispensabile per capirne il peso, la pressione è fondamentale per poter stimare la consistenza, l’avvolgimento e lo scorrimento dei contorni sono essenziali per percepire la forma e le dimensioni, ecc. .

Si tratta chiaramente di movimenti intenzionali che devono essere programmati e gestiti dal soggetto, e se tali movimenti non sono eseguiti, allora queste proprietà non saranno percepite, o, in ogni caso, non nella maniera corretta. In una ricerca (Hatwell, 1995), a tal proposito, si è messo in evidenza che la percezione aptica è caratterizzata da una rilevante incidenza della componente cognitiva, in quanto la percezione tattile si fonda sulla selezione e sulla programmazione dei movimenti esplorativi attraverso la percezione visiva.

Altri autori avvalorano la tesi secondo la quale il tatto sia meno proficuo della visione in riferimento alla percezione delle proprietà spaziali dell’ambiente (Hatwell, 1986; Lederman & Klatzky, 1993;).

Possiamo ipotizzare dunque che l’esperienza visiva durante lo sviluppo influenzi irreversibilmente la modalità di percepire gli stimoli tattili. Uno studio realizzato circa 4 anni fa ha dimostrato come determinate esperienze attivino e contribuiscano a formare l’emergere delle funzioni cerebrali  (Brigitte Röder, Frank Rösler, and Charles Spence 2004). In questo studio è stata avanzata l’ipotesi che l’input visivo, durante il processo di sviluppo, può portare ad una riduzione, in ordine temporale, della capacità di giudicare gli stimoli aptici quando si assume una postura delle mani inusuale, per esempio incrociandole.

A conferma dell’ipotesi lo studio ha evidenziato come gli effetti delle iniziali esperienze visive hanno influenzato la capacità, delle persone divenute cieche successivamente (indipendentemente dall’età in cui lo siano diventati), di giudicare l’ordine temporale di due tocchi esequiti, in successione dall’una all’altra mano e di localizzare su quale mano sia avvenuto il tocco, tenendo presente che il compito è eseguito avendo una postura inusuale (mani incrociate, appunto). Diversamente invece accade per le persone non vedenti fin dalla nascita che, ovviamente, non hanno mai avuto un’esperienza visiva: essi non hanno avuto, durante questo studio, una riduzione nella prestazione nello stesso compito e con le stesse condizioni, questo ci suggerisce che il fatto di fallire nella localizzazione del tocco nello spazio esterno dipende dall’esperienza visiva. Infatti, le persone che hanno acquisito il deficit visivo in età adulta producono gli stessi risultati incrociando le mani, e si è giunti pertanto ad avvalorare l’ipotesi che, una volta stabilita l’esistenza di una struttura visiva di riferimento (visual frame), questa ultima ci accompagna per il resto della vita.  Il visual frame di riferimento è in grado di compromettere (impair) le nostre abilità di localizzare il tocco mentre abbiamo ben definite in mente le coordinate esterne modulate/strutturate principalmente dagli input visivi e dalla influenza del frame focalizzato sul nostro corpo (bodycentered reference frame), che dipende principalmente dai fattori di produzione somatosensoriali-propriocettiva, che appunto entrano in conflitto quando adottiamo una postura inusuale delle mani. (Brigitte Röder, Frank Rösler, and Charles Spence 2004).

 

Bibliografia

Hatwell, Y. (1995). Children’s memory for location and object properties in vision and haptics: automatic or attentional processing ? CPC – Current Psychology on Cognition, 14, 47-71.

Helders PJM.(1986) Early motor signs of blindness or very low vision in very young children. Early Intervention; 359–65.

Lederman, S. J., & Klatzky, R. L. (1993). Extracting object properties through haptic exploration. Acta Psychologica, 84, 29-40.

Brigitte Röder, Frank Rösler, and Charles Spence (2004). Early Vision Impairs Tactile Perception in the Blind. In: Current Biology, Vol. 14, 121–124. (2)