Psicologia delle folle: follia e sacrificio

Le masse sono autoritarie. Le masse rispettano la forza e vanno contro la debolezza. Apprezzano i tiranni. Le Bon disprezza di più le masse a differenza di Freud che si mostra più pacato, più distaccato come se avesse accettato la castrazione di quello che la folla è. Le folle sono immorali per quanto riguarda la responsabilità e l’assenza di controllo degli impulsi. Esse presentano un altro tipo di moralità: sono capaci di atti di grande abnegazione e di sacrificio, guerra, morte, si espongono al massacro: si pensi alle prime linee che fanno da tappeto alle seconde linee e che mostrano un grande atto di disinteresse verso se stessi. La folla mostra un grande bisogno di equità. Basta pensare al sequestro di beni alla nobiltà, i beni sequestrati vengono consegnati al comitato rivoluzionario che non fa gli interessi dei singoli ma di tutti. “Non avendo dubbi su ciò che per essa è verità o orrore, e possedendo, d’altra parte, chiara nozione della propria forza, la folla è autoritaria e intollerante. L’individuo può accettare di essere contraddetto e di discutere, la folla non lo tollera mai. […] Le folle rispettano la forza e si lasciano scarsamente impressionare dalla bontà spesso considerata una forma di debolezza. Le loro simpatie non sono mai andate ai padroni troppo buoni, ma ai tiranni che le hanno con vigore dominati. […] Se le folle calpestano volentieri il despota caduto, è soltanto perché, avendo perduto la forza, egli rientra nella categoria dei deboli, disprezzati senza timore. […] Se il comportamento dell’autorità è discontinuo, la folla, che obbedisce sempre a sentimenti estremi, passa alternativamente dall’anarchia alla sottomissione e dalla sottomissione all’anarchia. […] Se la folla è capace di uccidere, di incendiare e di commettere ogni sorta di crimini, è pure capace di atti di sacrificio e di disinteresse molto più elevati di quelli che sono di solito compiuti dall’individuo isolato. È soprattutto sull’individuo immerso nella folla che si può agire invocando sentimenti di gloria, di onore, di religione o di patria”[1].


[1]G. Le bon, Psicologia delle folle, Longanesi, Milano, 1996, pp. 78-83