Prospettive stabili sulla instabilità (30/40)

Per agire necessitiamo di punti di riferimento immobili, fissi, cioè delle “forme immobili”: questa sedia, questa penna, questa porta, questo tavolo. Per Bergson la realtà è in movimento, in continuo movimento. La percezione di una forma (sedia, penna, porta, tavolo) è un’istantanea fissata su una transizione. Ciò consente di avere delle “prospettive stabili sulla instabilità”, cioè, questo fermo immagine “solidifica in immagini discontinue la continuità fluida del reale”. Facciamo l’esempio di un movimento semplice, come il tragitto di una mano quando si sposta da A in B. Questo tragitto è dato dalla mia coscienza come un tutto indiviso, tuttavia, “bisognoso” di simmetria. «Se la linea AB rappresenta la durata trascorsa del movimento compiuto da A in B, essa non può in nessun modo, essendo immobile, rappresentare il movimento che si compie, la durata che scorre; per il fatto che questa linea è divisibile in parti, per il fatto che termina con dei punti, non si deve concludere né che la durata corrispondente si compone di parti separate, né che sia limitata dagli istanti».[i] Ora, Bergson, sottolinea che fin dal pensiero greco, la filosofia ha tentato di comprendere il senso del divenire all’interno di quel che il filosofo francese chiama “metodo cinematografico”, che è una modalità di rappresentarsi il fluire del divenire all’insegna dell’utile, cioè la filosofia, cercando di spiegare quel “divenire”, inserisce “negli intervalli fra due istantanee”, altre istantanee, altri fermi immagine, finendo per interrogarsi non più sul divenire ma sull’immutabilità di ogni punto (virtuale) di arresto di questo continuo fluire. È così che le infinite posizione successive di un corridore si contraggono in un solo atteggiamento simbolico, che il nostro occhio percepisce, che l’arte riproduce e che diventa per tutti l’immagine di un uomo che corre.


[i] Bergson H., Materia e memoria, Editori la Terza, 2004, Milano-Bari, p. 160.