Padre non vedi che brucio?

Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 55-56.

Vedete, dunque, verso che cosa vi dirigo – verso la simmetria di una struttura che fa si che, dopo il colpo del risveglio, io non possa sostenermi, in apparenza, che in un rapporto con la mia rap­presentazione, la quale, in apparenza, non fa di me che coscienza. Riflesso, in qualche sorta, involutivo – nella mia coscienza riaf­ferro solo la mia rappresentazione.

Ma questo è tutto? Freud ci ha detto abbastanza che avrebbe dovuto – ma non l’ha mai fatto – ritornare sulla funzione della co­scienza. Forse vedremo meglio di che cosa si tratta, cogliendo ciò che è li a motivare il sorgere della realtà rappresentata – cioè il fe­nomeno, la distanza, la faglia stessa che costituisce il risveglio.

Per accentuarlo ancora, torniamo a quel sogno – costruito per intero sul rumore – che ho lasciato il tempo a tutti di ritrovare nell’ Interpretazione dei sogni. Ricordatevi di quell’infelice padre an­dato a cercare un po’ di riposo nella camera vicino a quella in cui riposa il figlio morto – lasciando il figlio in custodia, cosi dice il testo, di un uomo anziano, di un altro vecchio – e che si trova col­pito, svegliato da qualcosa. Da che cosa? Non è solo la realtà, lo choc, il knocking di un rumore fatto per richiamarlo al reale, ma è tradotto, nel suo sogno precisamente, la quasi identità con quello che avviene, la realtà stessa di un cero rovesciato che sta dando fuoco alletto in cui riposa il figlio.

Ecco qualcosa che sembra poco indicata per confermare la te­si di Freud nella Traumdeutung – che il sogno è la realizzazione di un desiderio.

Vediamo qui spuntare, quasi per la prima volta nella Traum­deutung, una funzione del sogno che, in apparenza, è seconda – il sogno non soddisfa, in questo caso, che il bisogno di prolungare il sonno. Che vuol dire, dunque, Freud quando mette qui, in questo posto, questo sogno e sottolinea che esso è giustappunto la piena conferma della sua tesi sul sogno?

Se la funzione del sogno è di prolungare il sonno, se, dopo tut­to, il sogno può avvicinarsi tanto alla realtà che lo provoca, non si può forse dire che a questa realtà si potrebbe rispondere senza usci­re dal sonno? Dopo tutto, ci sono attività sonnambuliche. La que­stione che si pone e che, del resto, tutte le precedenti indicazioni di Freud ci permettono qui di produrre è – che cos’ è che sveglia? Non è forse, nel sogno, un’ altra realtà? Realtà che Freud descrive cosi Daβ das Kind an seinem Bette steht, il bambino è vicino al suo letto, ihn am Arme faβt, lo prende per un braccio e gli sussurra con un tono di rimprovero, und ihm vorwur/svoll zuraunt: Vater, siehst du denn nicht, Padre, non vedi, daβ ich verbrenne?, che brucio?