Negazione, Rinnegamento, Rimozione: Freud e Lacan

Freud

Negazione (Verneinung)

Processo attraverso il quale il soggetto si difende negando i suoi pensieri, sentimenti e desideri rimossi.

In lingua tedesca la Verneinung significa negazione ma soltanto dal punto di vista linguistico e cioè nel senso di ciò che riguarda l’uso linguistico della negazione. Il rifiuto di qualcosa che ho detto o che mi si attribuisce nel senso di smentita (non ho detto ciò, non è ciò…) invece si indica con il termine Verleugnen (o leugnen) e rimanda ai significati di rifiutare, smentire, rinnegare, sconfessare.

Anche in italiano possiamo distinguere allo stesso modo, negazione (in senso grammaticale) da smentita (in senso psicologico).

Tuttavia dobbiamo ricordare che nel testo freudiano il termine Verleugnen è riferito al rifiuto della percezione di un fatto di realtà e che l’uso del termine Verneinung risulta ambiguo in quanto slitta tra i significati di negazione e smentita.

Freud a partire dalla clinica con i soggetti isterici ha individuato che: “[…] più si va nel profondo, più difficilmente i ricordi che emergono vengono riconosciuti, sinché in prossimità del nucleo s’incontrano quei ricordi che il paziente, anche riproducendoli, rinnega”[1]. Un esempio illuminante è quello dell’uomo dei topi che da bambino pensò che l’unica condizione per essere amato da una bambina fosse quella di essere punito con una disgrazia, finendo inevitabilmente per pensare: “ […] come disgrazia, alla morte del padre. [Egli] respinse subito questa idea energicamente, e anche ora si rifiuta di ammettere la possibilità che in tal modo si fosse espres so un ‘desiderio’. Era stato solo ‘un collegamento di pensieri’. Obietto: ‘se non era un desiderio, perché ribellarvisi?’ – Solo per il contenuto dell’idea: la possibilità che mio padre morisse”[2]. Il lavoro analitico fece emergere invece un de siderio avverso contro il padre: “ […] il no con cui il fatto viene ini zialmente rifiutato è immediatamente seguito dalla conferma, se pure indiretta»[3]

È nell’esperienza analitica che il rimosso emerge alla coscienza proprio a partire dalla negazione. Tale considerazione è approfondita nel famoso articolo del 1925 dove Freud scrive: “Non c’è testimonian za più lampante che siamo riusciti nel nostro intento di scoprire l’inconscio del momento in cui l’analizzato reagisce alla nostra scoperta con la frase: ‘Questo non l’ho pensato’ oppure, ‘ questo non ho (mai) pensato’”[4].

Anche quando il paziente si oppone all’interpretazione dell’analista la negazione continua ad indicare un’affermazione. A tal proposito in Costruzioni nell’analisi (1937), Freud si chiede se questa ipotesi non finisca per consegnare l’ultima parola sempre all’analista: “ […] se il paziente è d’accordo con noi, va tutto bene; […] se invece ci contraddice, essendo questo solo un segno della sua re sistenza, ci dà ragione lo stesso” [5]. La soluzione che egli propone a questo possibile problema è quella di verificare nel di volta in volta a partire dal contesto del percorso analitico[6].

La negazione (Die Verneimmg, 1925), articola la questione attraverso un approccio metapsicologico che si annoda a su tre punti fondamentali connessi tra loro:

1) «La negazione è un modo di prendere conoscenza del rimosso [ … l»:

2) «Con l’aiuto clelia negazione viene annullata soltanto una conseguenza del processo di rimozione, quella per cui il conte nuto della rappresentazione interessata non giunge alla coscien za. Ne risulta una sorta di accettazione intellettuale del rimosso, pur persistendo l’essenziale nella rimozione»;

3) «Mediante il simbolo della negazione il pensiero si affranca dai limiti della rimozione»[7].

Si noti come a partire da questo ultimo punto, per Freud, la negazione in psicoanalisi coincide con quella logico-linguistica. Sembra essere questa l’ipotesi fondamentale dello scritto Die Verneinung. Quest’ultima proposizione mostra che per Freud la negazione di cui si parla nella psicoanalisi e la negazione nel senso logico e linguistico (il «simbolo della negazione») hanno la stessa origine. Questa è la tesi principale del suo articolo.

Rinnegamento (della realtà) (Verleugnung)

Freud usa il termine Verleugnung, specificatamente nel senso di rinnegamento della realtà dal 1923. Un approfondimento circa questo termini si trova in Compendio» psicoanalisi (Abriss der Psychoanalyse,1938).

Freud inizia ad usare il termine Verleunung quando affronta la questione dell’evirazione. Confrontandosi con la mancanza del pene nella bambina i maschietti “ […] disconoscono (leugnen) questa assenza e credono di vedere ugualmente un pene”[8]. Progressivamente matureranno la credenza che quella mancanza è il risultato dell’evirazione.

In Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi, il termine Verleugnung è usato per descrivere il comportamento sia della bambina che del bambino e viene associato da Freud alla psicosi: “ […] compare quel processo, a cui darei il nome di ‘rinnegamento’, che nella vita psichica infantile non pare essere né raro né particolarmente pericoloso, e che in vece nell’adulto darebbe il via a una psicosi” [9]. La Verleugnung riguarda la realtà esterna in opposizione alla rimozione ed è considerata da Freud come la prima fase della psicosi.  Se il nevrotico tende a rimuovere le spinte pulsionali dell’Es, lo psicotico rifiuta la realtà [10].

Dal 1927 Freud considera il concetto di rinnegamento come specificamente connesso al feticismo. Quest’ultimo sembra riattualizzare una dinamica comportamentale verificatasi durante l’infanzia, nel feticismo si condensano due spinte contrastanti: il rifiuto (Verleugnung) e il concomitante riconoscimento dell’evirazione femminile.

Successivamente nel 1938 in La scissione dell’Io nel processo di difesa e in Compendio di psicoanalisi, chiarirà meglio il concetto di rinnegamento a partire dalla nozione di scis sione dell’Io. Respingere la percezione del la mancanza di pene nella donna e il riconoscimento di questa mancanza (funzionamento questo tipico del feticista): “ […] coesistono per tutta la vita l’una accanto all’altra senza mai influenzarsi a vicenda. E ciò che si può chiamare una scissione dell’Io”[11]. Mentre nella rimozione nevrotica c’è un conflitto tra l’Io e l’Es, nel meccanismo di scissione dell’io c’è la compresenza di due differenti tipologie di difesa del l’Io, ed una delle difese dell’Io concerne la realtà esterna e cioè il rinnega mento di una percezione.

Nel Caso clinico dell’uomo dei lupi Freud scrive: “[…] alla fine, coesistevano in lui, l’una accanto all’altra, due correnti contrarie, per cui da un lato aveva in orrore l’evirazione, e dall’ altro era disposto ad accettarla e a con solarsi con la femminilità a titolo di risarcimento. Continuava, poi, a restare virtualmente operante, la terza corrente, la più an tica e profonda, quella che si era limitata a respingere l’evirazione, senza porsi neppure il problema di esprimere un giudizio circa la sua realtà”[12]. Possiamo notare che il concetto di scissione è inteso sia come difesa primaria, caratterizzata da un rifiuto radicale, che come meccanismo di difesa dalla evirazione.

Rimozione (Verdrängung)

Meccanismo attraverso il quale il soggetto allontana o trattiene nell’inconscio (reprime), ricordi, pensieri, immagini (rappresentazioni) connesse alla spinta pulsionale. La rimozione entra in gioco laddove l’appagamento di quella spinta pulsionale al piacere potrebbe causare un dispiacere di altro genere.

La rimozione può essere considerata un meccanismo psichico fondamentale per la costituzione dell’inconscio in quanto dimensione separata dal resto dello psichismo

In alcuni passaggi il termine rimozione è usato da Freud che lo accosta al significato di difesa: “Adesso sono del parere che ritornare al vecchio concetto di difesa presenti un sicuro vantaggio a patto che si stabilisca che esso dev’essere la designazione generale per tutte le tecniche di cui l’Io si avvale nei suoi conflitti che possono eventualmente sfociare nella nevrosi; mentre ‘rimozione’ rimane il nome di uno speciale fra questi metodi di difesa, che abbiamo conosciuto in un primo tempo meglio degli altri in conseguenza della direzione presa dalle nostre ricerche”[13]

Quindi sia il termine Unterdrückung, che significa letteralmente “repressione” (difesa) che Verdrängung (rimozione, nel senso di messa in disparte), sono usati per designare il termine rimozione che pertanto può essere letto sia nel senso di “espulsione” che in quello di “tenere lontano dalla coscienza”.

Nell’ultimo decennio del 800’, cioè prima dell’Interpretazione dei sogni, i due termini sono presenti con la stessa frequenza, ma raramente Freud li usa come sinonimi.

La parola rimozione è usata per indicare il destino di quelle rappresentazioni escluse dalla coscienza, che vanno a costruire quel nocciolo fondamentale alla base di un campo psichico a parte. Ciò accade sia nell’isteria che nella nevrosi ossessiva[14].

Freud affermerà che la difesa una propensione generica “[…] connessa coi più fondamentali attributi del meccanismo psichico (la legge della costanza)”[15], essa può essere un normale e fisiologico processo psichico attraverso il quale potersi meglio orientare nel mondo ma può anche acquisire connotazioni patologiche, in quest’ultimo caso diventa un meccanismo in cui la rappresentazione si scolla dall’affetto.

Successivamente (dopo il 1900) il termine difesa pur non scomparendo del tutto sarà usato meno frequentemente e sarà sostituito dal termine rimozione, Freud lo espliciterà scrivendo che la parola ‘rimozione’, da un certo momento in poi è usato con il significato di ‘difesa’”[16].

Nel 1915 la nozione di rimozione sarà così definita: “ […] la sua essenza consiste semplicemente nell’espellere e nel tener lontano qual cosa dalla coscienza”[17]. In alcuni passaggi Freud considera la rimozione come «un meccanismo di difesa» particolare che ha un ruolo predominante nell’isteria, mentre nella nevrosi ossessiva fa parte di un quadro di fensivo più articolato[18].

In conclusione la rimozione rappresenta per Freud una sorta di modello generale dei processi difensivi: “La teoria della rimozione è dunque il pilastro su cui poggia l’edificio della psicoanalisi”[19], il termine “rimosso” infatti è connesso al concetto di difese inconsce dell’Io, praticamente ciò che corrisponde al concetto stesso di inconscio. Il rimosso sfugge alla coscienza del soggetto ed è regolato da leggi proprie in quanto “gruppo psichico separato”, un primo “nucleo e centro di cristallizzazione» capace di attrarre altre rappresentazioni intollerabili senza che debba intervenire un’intenzione conscia”.

In Die Verdriingung, 1915, la rimozione si articola in tre momenti. Il primo è quello definibile come la fase della “rimozione originaria”, essa si riferisca alle rappresentazioni connesse alla pulsione escluse dalla coscienza ma alle quali la pulsione stessa si fissa restando legata. Si forma così un primo nocciolo d’inconscio che diviene matrice a partire dalla quale altri elementi saranno oggetti al processo di rimozione. La rimozione in quanto tale pertanto è un processo costituito da un duplice movimento: da un versante attrae a se alcuni elementi affiancando però a questa attrazione una repulsione imposta da una istanza superiore. In fine abbiamo il “ritorno del rimosso” che si realizza attraverso i sintomi, gli atti mancati i sogni ecc. . [20] .

Un aspetto molto importante da considerare è l’oggetto della rimozione cioè ciò su cui essa produce i sui effetti. Freud è ben attento a chiarire che il rimosso non riguarda la pulsione che essendo che essendo connessa agli aspetti biologici del nostro essere vivente va aldilà della dinamica conscio-inconscio.[21] La stessa cosa dicasi per l’affetto, che certamente può essere soggetto a delle modificazioni prodotte dalla ri­mozione, ma certamente non diventa inconscio[22]. Ad essere rimosse sono le «rappresentanze ideative» della pulsione, Freud si riferisce a idee, immagini, rappresentazioni connesse al rimosso primario, o perché provenienti direttamente dalla rimozione primaria o perché in qualche modo entrano in connessione con essa.

Lacan

Nei casi di psicosi, l’altro attraverso il quale la parola del soggetto viene riconosciuta sembra non funzionare. Mancando l’Altro della parola, manca la mediazione dell’Altro. La parola accolta mediante l’Altro simbolico diventa parola di riconoscimento, in mancanza di tale mediazione la parola diventa del proprio simile e cioè parola che non consente di riconoscersi nel simbolico. Il proprio io attraverso il proprio simile produce un messaggio delirante, qualcosa che si origina nel reale, qualcosa che è stato “messo fuori dalla simbolizzazione che struttura il soggetto”[23]. Nel Seminario III Lacan sostiene l’ipotesi che la psicosi sia causata dalla Verwerfung, da una rifiuto molto più estremo della rimozione a seguito della quale viene a mancare l’iscrizione nel simbolico. Tale non iscrizione simbolica comporta che “ciò che è rifiutato nell’ordine simbolico, nel senso della Verwerfung, riappare nel reale”[24]. L’allucinazione di ascoltare la parola “troia” [riferimento bibliografico da ritrovare], indirizzata a se stessa, nel noto caso riportato da Lacan, rappresenta irruzione nel reale di una parola, che appare aldilà di ogni simbolizzazione si presenta, senza la mediazione dell’Altro.

Già Freud si interrogava su quale potesse essere il meccanismo causale alla base della psicosi. Freud con il termine Vewerfung nello scritto sull’Uomo dei lupi, si riferisce ad una modalità di espulsione differente dalla rimozione: “A proposito della Verwerfung, Freud dice che il soggetto non voleva saper nulla della castrazione nel senso della rimozione. Infatti, nel senso della rimozione, si sa ancora qualcosa di ciò di cui non si vuole, in un certo modo, sapere […]. Se ci sono delle cose di cui il paziente non vuole saperne, nemmeno nel senso della rimozione, ciò suppone un altro meccanismo[25]. Tuttavi Lacan osserva che “Freud dopo tutto non ne parla molto spesso”[26].

La nevrosi, la perversione e la psicosi si fondano su di tre diverse modalità della negazione (Verneinung). La rimozione (Verdrängung) è la modalità scelta [termine usato da Freud, riferimento bibliografico da ritrovare] dal soggetto nevrotico. Nella rimozione ciò che è negata è l’identità tra il significante e il soggetto. Quest’ultimo è rappresentato dal significante per un altro significante come ritorno del rimosso o come sintomo. Il rinnegamento (Verleungnung) è alla base della scelta del soggetto perverso. In questo caso ad essere negata è la distinzione tra l’immagine dell’oggetto (il pene) in quanto facente parte della realtà e la struttura simbolica nella significazione del soggetto (il fallo). Per finire nella psicosi abbiamo la preclusione. Lacan traduce il termine Verwerfung mediante il termine forclusion per indicare la modalità in cui viene realizzata la negazione sul significante stesso: si nega il significante in quanto strumento della rappresentabilità per il soggetto. Nella preclusione si nega la sottomissione alla simbolizzazione fondativa per ogni soggettività, la Bejahung, dove si realizza la scelta dire di sì al significante e di conseguenza all’ordine simbolico, che precede ogni forma di negazione. Nella Verwerfung si dice un no al significante: “Nel rapporto del soggetto con il simbolo, c’è la possibilità di una Verwerfung primitiva, in altri termini che qualcosa non sia simbolizzato e che si manifesterà invece nel reale”[27]. A differenza del ritorno del rimosso che si fa strada attraverso le costruzioni immaginarie, come osserviamo nella nevrosi, l’allucinazione indica il ritorno nel reale di ciò che non è stato mai simbolizzato (la voce che dice “troia”). “Di cosa si tratta quando parlo di Verwerfung? Si tratta del rigetto di un significante primordiale nelle tenebre esteriori, significante che quindi mancherà a questo livello. Ecco il meccanismo fondamentale che suppongo alla base della paranoia. Si tratta di un processo primordiale di esclusione da un didentro primitivo, che non è il didentro del corpo, ma quello di un primo corpo di significante”[28]. Una prima forma di Verwerfung è considerata da Lacan come l’esclusione dell’Altro della parola, dove si rifiuta la radice del valore simbolico della parola alla base di ogni relazione intersoggettiva. Successivamente Lacan ipotizzerà che la Verwerfung sia il meccanismo alla base della psicosi, ma non ancora sa dire che tipo di significante. Nel Seminario III Lacan parlerà di un significante particolare: “essere padre”. “Il presidente Schreber manca con ogni probabilità di quel significante fondamentale che si chiama essere padre”[29]. Tale significante ha funzione di annodare il significante in un punto che Lacan chiamerà “punto di capitone”[30]. Tale funzione di annodamento manca nella psicosi, proprio perché manca il significante primordiale. La mancanza del significante “padre” a livello simbolico, si trasforma in un rapporto immaginario con la funzione paterna, mancante di ogni “dialettica triangolare”[31].


[1] S. Freud, Per la psicoterapia dell’isteria, in OSF vol. 1 p.  425

[2] S. Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, OSF, vol. 6, p. 24

[3] S. Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, in OSF vol. 6 p. 28

[4] S. Freud, La negazione,in OSF vol. 10 p. 201

[5] S. Freud, Costruzioni nell’analisi, in OSF vol. 11 p. 541

[6] Op. cit, in OSF vol. 11 pp. 544-549

[7] S. Freud, La negazione,in OSF vol. 10 p. 198

[8] S. Freud, L’organizzazione genitale infantile, OSF, voI. 9, 565.

[9] S. Freud, Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi, OSF, vol. 10, p. 212

[10] S. Freud, La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi, OSF, vol. 10, p. 40-l.

[11] S. Freud, Compendio di Psicoanalisi OSF, vol. 11, p. 630

[12]S. Freud, Dalla storia di una nevrosi infantile,  OSF, vol. 7, 558

[13] S. Freud, Inibizione sintomo e angoscia,  OSF vol. 10, p. 309

[14] S. Freud, Neuropsicosi da difesa, OSF, vol. 2, p. 127

[15] S. Freud, Minute teoriche per Wilhelm Fliess, OSF, val. 2, 49

[16] S. Freud, Le mie opinioni sul ruolo della sessualità nell‘etiologia delle nevrosi, OSF vol. 5, p. 222.

[17] S. Freud, La rimozione, OSF, vol. 8, p. 37

[18] S. Freud, op. cit., pp. 46-7

[19] S. Freud, OSF, Per la storia del movimento psicoanalitico, vol. 7, p. 389

[20] S. Freud, La rimozione OSF, vol. 8, pp. 38 e 44.

[21] S. Freud, L’inconscio, OSF vol. 8, p. 61

[22] S. Freud, op. cit., pp. 61-2

[23] J. Lacan, Libro III, Le psicosi, 1955-56 Traduzione di Ambrogio Ballabio, Piergiorgio Moreiro, Carlo Viganò sotto la direzione di Giacomo B. Contri, Torino, Einaudi, 1985, p. 56.

[24] J. Lacan, op. cit., p. 16.

[25] J. Lacan, op. cit., p. 177.

[26] J. Lacan, op. cit., p. 176.

[27] J. Lacan, op. cit., p. 96.

[28] J. Lacan, op. cit., p. 178.

[29] J. Lacan, op. cit., p. 347.

[30] J. Lacan, op. cit., p. 308.

[31] J. Lacan, op. cit., p. 241.