Le formazioni dell’inconscio (5)

Brani antologici: J. Lacan, Il Seminario. Libro V. Le formazioni dell’inconscio. Cap. XII e XV

[281] […] è richiesto un simbolo generale del margine che mi separa sempre dal mio desiderio e che fa sì che il mio desiderio sia sempre segnato dall’alterazione che subisce per il fatto di entrare nel significante. C’è un simbolo generale di questo margine, di questa mancanza fondamentale necessaria a introdurre il mio desiderio nel significante, a farne il desiderio con il quale ho a che fare nella dialettica analitica. Questo simbolo è ciò con cui il significato è designato in quanto è sempre significato, alterato o anche significato a lato.

[283] È proprio così che sembra presentarci le cose quando ci dice [Freud] che la bambina al pari del bambino desidera inizialmente la madre. C’è un solo modo di desiderare. La bambina si crede all’inizio provvista di un fallo, cos’ come crede che anche la madre sia provvista di un fallo. Questo vuol dire che l’evoluzione naturale della pulsioni fa sì che, di transfert in transfert attraverso le fasi istintuali, a partire dalla forma del seno e attraverso la mediazione di un certo numero di altre forme, si arriva a questo fantasma fallico attraverso il quale in fin dei conti la bambina si presenta alla madre in posizione maschile. Di conseguenza bisognerà che intervenga qualcosa di più complesso per lei rispetto al bambini affinché possa riconoscere la sua posizione femminile. Nell’articolazione  di Freud, non solamente il riconoscimento della posizione femminile non è supportato da niente, ma è supposto mancata fin dall’inizio.

[284] Jones ci propone quindi una teoria che si oppone punto per punto a ciò che Freud articola come un dato di osservazione – la fase fallica della bambina poggia secondo lui su di una pulsione di cui individua il sostegno naturale in due elementi. Il primo, ammesso, è la bisessualità biologica primordiale – ma è un punto puramente teorico, bisogna pur riconoscerlo, molto poco accessibile, con cui concordiamo perfettamente con lui. Ma c’è un’altra cosa – la presenza di un abbozzo di organo fallico. In effetti l’rogano clitorideo dei primi piaceri legati alla masturbazione può dare l’abbozzo del fantasma fallico che svolge il ruolo decisivo indicato da Freud. Ed è proprio ciò che egli sottolinea – la fase fallica è una fase fallica clitoridea, il pene fantasmatico è un’esagerazione del piccolo pene effettivamente presente nell’anatomia femminile. È nella delusione che Freud vede la molla dell’ingresso della bambina nella sua posizione femminile. L’uscita dalla fase fallica è causata da questa delusione, con una svolta fondata nel caso della bambina su di un meccanismo naturale, ed è in questo momento, ci dice Freud, che il complesso di Edipo svolge i ruolo normativo che gli compete, ma nella bambina lo gioca all’incontrario rispetto al bambino. Il complesso d’Edipo le dà l’accesso a quel pene che le manca attraverso l’apprensione del pene del maschio, sia che lo scopra in qualche compagno, sia che lo situi, o ugualmente lo scopra, nel padre.

[…] Il Penisneid si trova a essere l’articolazione essenziale dell’entrata della donna nella dialettica edipica, così come la castrazione è al cuore della dialettica dell’uomo.

[285] […] C’è il Penisneid nel senso del fantasma. È quell’aspirazione quell’auspicio conservato a lungo, talvolta presente per tutta la vita, che il clitoride sia un pene. Freud insite sul carattere irriducibile di questo fantasma quando si mantiene in primo piano. C’è poi un altro senso del Penisneid, quando interviene nel momento in cui ciò che è desiderato è il pene del padre. È il momento in cui il soggetto si attacca alla realtà del pene là dov’è e vede dunque dove andare a cercarne il possesso. Ne è frustrato, sia per l’interdizione edipica che in ragione dell’impossibilità fisiologica. Infine, nel seguito dell’evoluzione, sorge il fantasma di avere un bambino dal padre, vale a dire di avere il pene sotto forma simbolica. […] Una frustrazione è immaginaria ma attiene a un oggetto reale – per questo il fatto che la bambina non riceva il pene dal padre è una frustrazione. Una privazione è del tutto reale, pur riguardando un oggetto simbolico. In effetti, se la bambina no ha figli dal padre in realtà non è che dovesse averne. Ella non è idonea ad averne. Il figlio è del resto solo un simbolo, simbolo di ciò di cui la bambina è realmente frustrata. È quindi proprio a titolo di privazione che il desiderio di avere un figlio dal padre interviene a un dato momento dell’evoluzione. Resta dunque ciò che corrisponde alla castrazione, che amputa simbolicamente il soggetto di qualcosa di immaginario. Che si tratti di un fantasma vi corrisponde bene