La quiete dello stato inorganico (2/8)

Le pulsioni di morte (Todestriebe), nell’ultima elaborazione teorica delle pulsioni di Freud, si oppongono alle pulsioni di vita e tendono al prosciugamento completo delle tensioni, spingerebbero cioè l’essere vivente allo stato inorganico. Inizialmente, esse sono dirette verso l’interno e tendono all’autodistruzione, successivamente si rivolgono all’esterno sotto forma di pulsione di aggressione o di distruzione.

La pulsione di morte rappresenta quella tendenza a ritornare allo stato inorganico. “Se ammettiamo che la materia vivente sia venuta dopo la materia inanimata, e da essa abbia tratto origine, ecco che la pulsione di morte rientra nella formula […] secondo cui una delle due pulsioni (l’Eros e la pulsione di distruzione) tende al ripristino di una situazione precedente”[1].

Infondo, dice Freud “[…] tutti gli esseri viventi (devono) morire per cause interne!”[2]. Infatti, negli esseri pluricellulari “[…] la libido si imbatte nella pulsione di morte o di distruzione, che domina quest’organismo cellulare e cerca di disintegrarlo portando tutti i singoli organismi unicellulari (che lo compongono) allo stato della stabilità inorganica. […] La libido ha il compito di mettere questa pulsione distruttiva nell’impossibilità di nuocere, e assolve questo compito dirottando gran parte della pulsione distruttiva verso l’esterno, contro gli oggetti del mondo esterno (ben presto le viene in aiuto un particolare sistema dell’organismo, l’apparato muscolare). La pulsione prende allora il nome di pulsione di distruzione, di pulsione di appropriazione, di volontà di potenza. Una parte di questa pulsione è messa direttamente al servizio della funzione sessuale nel cui ambito ha un ruolo importante da svolgere. È questo il vero e proprio sadismo. Un’altra parte, invece, non viene estroflessa, permane nell’organismo, e con l’aiuto dell’ eccitamento sessuale concomitante […] viene libidicamente legata. In questa parte dobbiamo riconoscere il masochismo originario, erogeno”[3].

Il fenomeno della ripetizione, della coazione a ripetere che difficilmente si lascia ricondurre alla mera ricerca di soddisfacimento libidico, conferma l’ipotesi teorica dell’esistenza di questa pulsione. C’è qualcosa di demoniaco, una forza incontrollabile che va al di là del principio di piacere, che si oppone ad esso. Secondo Freud nella tendenza alla distruzione, verso se stessi o verso gli altri, è in atto un soddisfacimento libidico rivolto verso l’oggetto e allo stesso tempo una forma di godimento narcisistico[4].

Non abbiamo mai “[…] a che fare con moti pulsionali allo stato puro, bensì ognora con leghe di entrambe le pulsioni in differenti proporzioni quantitative”[5]. Quando la pulsione di morte “non è tinta d’erotismo, generalmente elude la nostra percezione”[6].

Considerando il masochismo di tanta gente, la tendenza di molti pazienti ad una reazione terapeutica negativa e il senso di colpa che colpisce molti Freud sostiene che “non si potrà più continuare a dar credito alla tesi che gli eventi psichici siano dominati esclusivamente dalla spinta al piacere. Questi fenomeni costituiscono prove inequivocabili della presenza, nella vita psichica, di una forza che per le sue mete denominiamo pulsione di aggressione o di distruzione, e che consideriamo derivata dall’ originaria pulsione di morte insita nella materia vivente”[7].

La pulsione di morte è ciò che vi è di più essenziale nella pulsione: il ritorno ad uno stato precedente ovvero il ritorno alla quiete assoluta dell’inorganico. In Al di là del principio di piacere, la pulsione di morte è in contrasto con tale principio di piacere, anzi: “Sembrerebbe proprio che il principio di piacere si ponga al servizio delle pulsioni di morte”[8].


[1] S. Freud, Compendio di psicoanalisi, in OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, vol. 11, p. 576.

[2] S. Freud, Al di là del principio del piacere, in OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, (rist. 2006), vol. 9, 229.

[3] S. Freud, Il problema economico del masochismo, in OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, vol. 10, 9-10.

[4] S. Freud, Il disagio della civiltà, in, OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, vol. 10, p.608.

[5] S. Freud, Inibizione sintomo ed angoscia, op. cit., vol. 10, 274.

[6] S. Freud, Il disagio della civiltà, op. cit., vol. 10, 606-7.

[7] S. Freud, Analisi terminabile e interminabile, in OSF, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, vol. 11, p. 525.

[8] S. Freud, Al di là del principio del piacere, op. cit., p. 248.