Inibizione, sintomo e angoscia (1925): parte 8

Aggiunte: Angoscia, dolore e lutto (314-17)

Quando il bambino sente la mancanza della madre, questa non è per lui una situazione di pericolo, piuttosto è un momento traumatico se egli avverte, in quell’istante, un bisogno che la madre dovrebbe soddisfare. La prima forma d’angoscia introdotta dall’Io è la perdita della percezione che viene assimilata alla perdita dell’oggetto. Successivamente l’oggetto può diventare cattivo per il bambino. In questo caso la perdita d’amore da parte dell’oggetto si trasforma in un nuovo e più duraturo pericolo e in una nuova condizione per la nascita dell’angoscia. Il dolore è la risposta alla perdita dell’oggetto. L’angoscia è la reazione al pericolo che quella perdita comporta. Il dolore si presenta quando uno stimolo riesce a squarciare lo scudo difensivo che protegge dagli stimoli, agendo come uno stimolo pulsionale insistente, contro il quale le usuali azioni che in altre occasioni si sono rivelate efficaci, adesso non hanno alcun potere. Nel dolore corporeo abbiamo un investimento narcisistico elevato delle zone sofferenti del corpo. Questo investimento cresce continuamente agendo sull’Io, dice Freud, in modo svuotante. Dal dolore fisico si passa al dolore psichico nel momento in cui si realizza la trasformazione dell’investimento narcisistico in un investimento oggettuale. Il lutto emerge sotto la spinta dell’esame di realtà che pretende perentoriamente il distacco dall’oggetto, dal momento che esso non esiste più. Il lutto di fatto realizza questa retrocessione dall’oggetto in tutte le situazioni in cui era soggetto ad un elevato investimento.

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Cfr. S. Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti 1924-1924, Opere di S. Freud, Vol. 10, Torino, Bollati Boringhieri, 2000