Il problema economico del masochismo e altri scritti freudiani del 1924

Il problema economico del masochismo (1924). 5-16. Il masochismo si presenta alla nostra osservazione in tre forme: come condizione dell’eccitamento sessuale; come modo di esprimersi della natura femminile; come norma di comportamento. Possiamo quindi distinguere fra un masochismo erogeno, un masochismo “femminile” e un masochismo morale. Il masochismo erogeno – il piacere del dolore – è anche alla base delle altre due forme di masochismo; il suo fondamento va ricercato in fattori di ordine biologico e costituzionale. La terza forma solo recentemente è stata determinata come senso di colpa, perlopiù inconscio; eppure tale manifestazione può già essere completamente spiegata e inscritta nel contesto delle nostre conoscenze. L’analisi di qualche caso in cui le fantasie masochistiche abbiano subìto un’elaborazione particolarmente ricca porta a scoprire che esse trasportano il soggetto in una situazione tipicamente femminile; significano cioè essere evirati, subire un coito, partorire. Il masochismo “femminile” si fonda sul masochismo primario, erogeno, sul piacere del dolore, che accompagna tutte le fasi evolutive della libido, dalle quali deriva i suoi differenti rivestimenti psichici. La paura di essere divorato dall’animale totemico (padre) deriva dalla primitiva organizzazione orale; il desiderio di essere percosso dal padre dalla fase sadico-anale immediatamente successiva; la fase fallica di organizzazione lascia come suo sedimento l’evirazione, che entra a far parte del contenuto delle fantasie masochistiche; dalla definitiva organizzazione genitale derivano invece le situazioni in cui il soggetto subisce il coito e partorisce. La terza forma di masochismo, il masochismo morale, è degna di nota soprattutto perché il suo rapporto con ciò a cui attribuiamo il carattere della sessualità è meno saldo. Gli individui che presentano questa forma di masochismo danno l’impressione di essere moralmente inibiti in misura eccessiva, pur non essendo consapevoli di questa ipermoralità. Il masochismo morale è inconscio. L’espressione “senso di colpa inconscio” indica il bisogno di essere puniti da un potere parentale. Il desiderio di essere picchiati dal padre è assai affine al desiderio di avere con lui una relazione sessuale passiva (“femminile”) ed è solo una deformazione regressiva di tale desiderio. Il sadismo del Super-io e il masochismo dell’Io si integrano reciprocamente e si alleano in modo tale da provocare i medesimi effetti.

Lettera alla rivista «Le Disque vert» (1924)

21
In una breve lettera scritta come premessa a un numero speciale che il periodico francese dedicò alla psicoanalisi, Freud afferma che, dei numerosi insegnamenti di Charcot, due gli hanno lasciato un’impronta profondissima: non bisogna mai stancarsi di considerare più e più volte gli stessi fenomeni (o di subirne gli effetti), e neppure la più recisa delle opposizioni deve impensierire chi svolge con onestà il suo lavoro.

Il tramonto del complesso edipico (1924)

27-33
Diventa sempre più palese l’importanza del complesso edipico come fenomeno centrale dello sviluppo sessuale della prima infanzia. Poi questo complesso tramonta, soggiace alla rimozione e cede il passo al periodo di latenza. Il complesso edipico crolla per effetto del suo insuccesso. Secondo un’altra tesi, il complesso edipico deve cadere quando e perché ha fatto il suo tempo. Queste concezioni non si escludono a vicenda. Freud si dice convinto che l’organizzazione genitale fallica crolli dinanzi alla minaccia di evirazione. All’inizio il bambino non presta fede alla minaccia e non si sottomette. Ciò che costringe il bambino a capitolare è l’osservazione del genitale femminile. L’Io si distoglie dal complesso edipico, e gli investimenti oggettuali vengono abbandonati e sostituiti dall’identificazione. L’autorità paterna o parentale introiettata nell’Io vi costituisce il nucleo del Super-io, il quale assume dal padre la severità, perpetuando il suo divieto contro l’incesto e garantendo così l’Io contro il ritorno di investimenti oggettuali libidici. Le tendenze libidiche inerenti al complesso edipico vengono in parte desessualizzate e sublimate e in parte inibite nella meta e trasformate in moti di tenerezza. L’intero processo ha da un lato salvato il genitale, stornando il pericolo di una sua perdita, d’altro lato lo ha però paralizzato, sospendendone la funzione. Con ciò s’instaura il periodo di latenza. Questo distogliersi dell’Io dal complesso edipico può essere chiamato “rimozione”, ed equivale a una completa eliminazione del complesso. Qui sta la linea di demarcazione fra normale e patologico. Se l’Io non ha ottenuto niente di più che una rimozione del complesso, questo continuerà a persistere inconscio nell’Es ed esplicherà in seguito la sua azione patogena. Le connessioni fra organizzazione fallica, complesso edipico, minaccia di evirazione, formazione del Super-io e periodo di latenza avvalorano la tesi che il complesso edipico tramonta a causa della minaccia di evirazione. Nelle bambine il complesso edipico viene lentamente abbandonato perché il desiderio di ricevere dal padre un figlio in regalo (nella fase libidica precedente, il desiderio di possedere il pene paterno) non si realizza mai.

La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi (1924)
39-43
Nella nevrosi l’Io, nella sua dipendenza dalla realtà, reprime una componente dell’Es (e cioè della vita pulsionale), mentre nella psicosi, ponendosi al servizio dell’Es, si ritrae da una parte della realtà. Per la nevrosi sarebbe perciò determinante lo strapotere degli influssi della realtà, per la psicosi lo strapotere dell’Es. La perdita di realtà sussiste fin dall’inizio nella psicosi; nella nevrosi, invece, essa sembra essere evitabile. Ogni nevrosi turba in qualche modo il rapporto dell’individuo con la realtà, ed è un mezzo per ritrarsene. La nevrosi consiste nei processi che recano un risarcimento all’elemento colpito dell’Es, e può essere definita l’effetto di una rimozione mal riuscita. Nella produzione della psicosi si verifica qualcosa di analogo al processo della nevrosi, naturalmente tra istanze psichiche differenti. Nella nevrosi una parte della realtà viene evitata con la fuga, nella psicosi essa viene ricostruita ex novo. Nella psicosi alla fuga iniziale fa seguito una fase attiva di ricostruzione, nella nevrosi all’iniziale sottomissione fa seguito un tentativo posticipato di fuga. La nevrosi non rinnega la realtà, ma non vuole saperne nulla; la psicosi invece rinnega la realtà e cerca di sostituirla. Il rimodellamento della realtà riguarda nella psicosi le tracce mnestiche, le rappresentazioni e le valutazioni che dalla realtà sono state tratte, ed è continuamente arricchito da nuove percezioni. Nella psicosi si presenta il compito di procurarsi percezioni tali che possano corrispondere alla nuova realtà che il soggetto si è creato. L’allucinazione è la via più radicale per raggiungere questo intento. Presumibilmente nella psicosi la parte di realtà che è stata respinta torna continuamente a imporsi nella vita psichica, così come fa nella nevrosi la pulsione rimossa. Le differenze tra nevrosi e psicosi derivano dalla disparità che caratterizza, a livello topico, la situazione di partenza del conflitto patogeno, cioè se l’Io rinuncia, nel corso del conflitto, al proprio attaccamento al mondo reale, o rinuncia invece alla propria dipendenza dall’Es.

Le resistenze alla psicoanalisi (1924)

49-58
Dalla sua posizione tra medicina e filosofia la psicoanalisi deriva solo svantaggi. Il medico la giudica un sistema speculativo e si rifiuta di credere che, al pari di ogni scienza naturale, sia fondata sull’elaborazione paziente e faticosa di dati osservativi; il filosofo, che la valuta sul metro delle proprie artificiose formazioni sistematiche, reputa impossibili le sue ipotesi di partenza, come l’esistenza di un’attività psichica inconscia, e le rimprovera la scarsa chiarezza e precisione dei concetti generali cui è pervenuta. La psicoanalisi si prefigge l’obiettivo di diminuire la severità con cui viene effettuata la rimozione delle pulsioni e di dare più spazio alla sincerità. Con la teoria delle pulsioni, la psicoanalisi ha offeso i sentimenti dell’individuo in quanto membro della comunità sociale. Ha messo la parola fine alla bella favola di un’infanzia asessuata, dimostrando che fin dall’inizio della vita esistono nel bambino interessi e attività sessuali. In genere questa idea risulta inaccettabile per gli adulti, che hanno potentemente rimosso i propri ricordi di quel periodo della vita. Le forti resistenze alla psicoanalisi non erano dunque di natura intellettuale, ma traevano piuttosto origine da fonti affettive.

Nota sul «notes magico» (1924)

63-68
Il notes magico è una tavoletta di resina o di cera di colore marrone scuro, sulla quale poggia un foglio sottile e trasparente fissato saldamente al bordo superiore della tavoletta. Il foglio trasparente consiste di due strati separabili uno dall’altro tranne che nei due spigoli in alto. Lo strato superiore è una pellicola di celluloide trasparente, quello inferiore un foglio sottile e traslucido di carta incerata. Si scrive con un punteruolo acuminato sulla parte di celluloide del foglio che poggia sulla tavoletta incerata. Quando si vogliono eliminare le scritte, basta sollevare il doppio foglio dalla tavoletta incerata con un leggero movimento della mano. Se proviamo ad allontanare con cautela solo lo strato di celluloide dal foglio di carta incerata, vediamo che le scritte risultano altrettanto vivide su quest’ultima superficie. Il “notes magico” non offre soltanto una superficie come quella della lavagna, che può essere usata ex novo innumerevoli volte, ma consente di conservare la traccia permanente di ciò che è stato scritto. È dunque una rappresentazione concreta del funzionamento del nostro apparato percettivo. L’inconsueta capacità dell’apparato psichico di contenere illimitatamente nuove percezioni e di trarne al tempo stesso tracce mnestiche permanenti è ripartita fra due differenti sistemi. Avremo un sistema percezione-coscienza (P-C) che accoglie le percezioni pur non conservandone tracce permanenti, mentre le tracce permanenti degli eccitamenti recepiti si produrrebbero nel retrostante “sistema mnestico”. L’apparato percettivo è costituito da due strati, uno esterno che protegge dagli stimoli e ha il compito di diminuire la quantità degli eccitamenti in arrivo, e una superficie retrostante (il sistema P-C) che riceve gli stimoli. Il “notes magico” risolve il problema di unificare queste due funzioni ripetendole fra due elementi (o sistemi) separati ma fra loro interconnessi. Lo strato deputato alla ricezione degli stimoli, ossia il sistema P-C, non dà luogo a tracce mnestiche permanenti; i fondamenti dei nostri ricordi si formano in un altro sistema, adiacente.

Autobiografia (1924)

1
75-86
Freud nacque il 6 maggio 1856 a Freiberg (Moravia), da genitori ebrei; ed ebreo è rimasto anche lui. La famiglia Freud si trasferì, quando Sigmund aveva quattro anni, a Vienna, dov’egli fece tutte le sue scuole fino alla laurea in medicina (1881). La sua vita ebbe una svolta nel 1882, quando il suo maestro Ernst Wilhelm von Brücke, fisiologo, lo consigliò di abbandonare l’attività puramente teorica. Lasciato il laboratorio di fisiologia, Freud entrò come assistente all’Ospedale generale. Qui lavorò attivamente nell’Istituto di anatomia cerebrale, mettendo a punto “alcune piccole ricerche”. Nel corso di quegli anni diede alle stampe parecchie osservazioni di casi di malattie del sistema nervoso, ottenendo infine, nel 1885, per i suoi lavori istologici e clinici, la docenza in neuropatologia. Nell’autunno dello stesso anno si recò a Parigi dove seguì i corsi di Charcot alla Salpêtrière. Rimase colpito dalle ricerche che il maestro conduceva sulI’isteria, dimostrando, ad esempio, che i fenomeni isterici erano qualcosa di autentico che rispondeva a leggi specifiche, che l’isteria era frequente anche negli uomini, e che era possibile provocare paralisi e contratture mediante la suggestione ipnotica. Nel 1886 iniziò l’attività privata a Vienna come specialista in malattie nervose. A questo proposito, Freud afferma che nel suo arsenale terapeutico aveva solo due armi, l’elettroterapia e l’ipnosi. Dal 1886 al 1891, dovendo dedicare tutto il suo tempo per affermarsi nella professione e assicurare la sussistenza della famiglia, non pubblicò quasi nulla.

2
87-96
Freud si avvaleva dell’ipnosi per interrogare il malato sulla genesi dei suoi sintomi, genesi sulla quale, nello stato di veglia, egli non era spesso in grado di dire alcunché, oppure troppo poco. Quando ancora lavorava nel laboratorio di Brücke aveva conosciuto Josef Breuer, il quale gli aveva parlato di un caso di isteria da lui sottoposto dal 1880 al 1882 a un trattamento particolare, per mezzo del quale era riuscito a penetrare profondamente nella motivazione e nel significato dei sintomi isterici. Freud cominciò a replicare le procedure di Breuer sui suoi malati, proponendo al collega di scrivere e pubblicare insieme un lavoro sull’argomento (Studi sull’isteria). Breuer definì “catartico” questo procedimento, e ne affermò l’intento terapeutico: l’ammontare affettivo utilizzato per la formazione del sintomo – che avendo preso un falso binario era rimasto in esso per così dire incapsulato – doveva essere ricondotto alla sua via normale, perché potesse avere una scarica adeguata (abreazione). La fase successiva fu il passaggio dal metodo catartico alla psicoanalisi vera e propria. L’esperienza con i suoi pazienti indusse Freud a considerare le nevrosi in generale come perturbazioni della funzione sessuale, e in particolare le cosiddette nevrosi attuali come espressione tossica diretta, e le psiconevrosi come espressione psichica di questi disturbi. Ne derivò una modificazione della tecnica catartica. Freud abbandonò l’ipnosi e cercò di sostituirla con un altro metodo quando una delle sue pazienti con la quale aveva ottenuto risultati splendidi, svegliandosi dal sonno ipnotico gli gettò le braccia al collo. Freud ritenne di aver capito quale fosse la natura dell’elemento che agiva al di là dell’ipnosi; per eliminarlo, o quanto meno per isolarlo, bisognava rinunciare all’ipnosi. Di essa mantenne solo la posizione del paziente, che veniva invitato a stendersi su un lettino, mentre il medico stava seduto dietro di lui in modo da vederlo senza essere visto.

3
97-106
Con l’abbandono dell’ipnosi il processo catartico assume un nuovo aspetto. Tutto ciò che era stato dimenticato corrispondeva, per un motivo o per l’altro, a qualcosa di penoso. Per renderlo nuovamente cosciente era necessario superare qualcosa che, nel paziente, vi si opponeva, così da stimolarlo e costringerlo a ricordare. Il dispendio di energia da parte del medico dava la misura della resistenza del malato. L’Io si era tirato indietro al primo incontro con il moto pulsionale sconveniente, gli aveva sbarrato l’accesso alla coscienza, nonché alla scarica motoria diretta; nel contempo, però, il moto pulsionale aveva mantenuto intatto il proprio investimento energetico. La dottrina della rimozione divenne un elemento fondamentale per la comprensione delle nevrosi. La psicoanalisi distingue, nell’inconscio, un preconscio e un inconscio vero e proprio. La ricerca delle cause e dei fondamenti della nevrosi conduceva con frequenza sempre maggiore ai conflitti fra impulsi sessuali e resistenze contro la sessualità. Nel tentativo di rintracciare le situazioni patogene che avevano provocato le rimozioni della sessualità dando origine ai sintomi, Freud fu sempre più riportato all’indietro, a epoche via via più remote della vita del malato, fino a giungere ai primi anni dell’infanzia. Scoprì che le scene infantili che i pazienti riproducevano e che avevano come contenuto sessuale la seduzione da parte di un adulto, erano in realtà fantasie di desiderio. Giunse così alla conclusione che i sintomi nevrotici (formazioni di compromesso fra le pretese di un moto pulsionale rimosso e la resistenza di una forza censurante collocata nell’Io) non erano in rapporto con eventi reali, come in un primo tempo aveva ritenuto, ma con fantasie di desiderio. La funzione sessuale è presente fin dalle prime fasi della vita; si appoggia inizialmente alle altre funzioni vitali fondamentali, da cui si rende a poco a poco indipendente. All’energia delle pulsioni sessuali, e a quella soltanto, Freud diede il nome di libido. A causa dell’intensità eccessiva di alcune componenti pulsionali, o di esperienze precoci di soddisfacimento, accade che la libido si fissi a determinate tappe del suo cammino evolutivo alle quali in seguito, in caso di rimozioni, tende a tornare (regressione). Freud pervenne così a definire cronologicamente le fasi del rinvenimento dell’oggetto; tale processo ha una parte significativa nella vita psichica (fasi autoerotica, edipica ecc.).

4
107-14
Le teorie della resistenza e della rimozione e dell’importanza delle esperienze infantili sono le pietre miliari dell’edificio dottrinale della psicoanalisi. Il paziente è sollecitato a lasciarsi andare alle “associazioni libere”. Si scopre allora il fenomeno della traslazione, cioè l’intensa relazione emotiva del paziente nei confronti dell’analista, relazione che i dati di realtà non giustificano in alcun modo. La traslazione può essere positiva o negativa, e varia dall’innamoramento più appassionato alle espressioni estreme dell’odio. La traslazione è il sostegno del normale lavoro psicoanalitico. Non c’è analisi senza traslazione. Grazie alle associazioni libere e all’interpretazione, la psicoanalisi riesce a dimostrare che i sogni hanno un significato. I pensieri onirici latenti contengono il significato del sogno, mentre il contenuto onirico manifesto è una pura illusione, una facciata a cui può far riferimento l’associazione, ma non certo l’interpretazione. L’impulso inconscio approfitta del rilassamento notturno della rimozione per farsi avanti, attraverso il sogno, nella coscienza. La resistenza e la rimozione non sono del tutto abolite neppure durante il sonno, ma soltanto attenuate. Ciò che ne resta assume la forma di censura onirica e proibisce al moto pulsionale inconscio di manifestarsi come appagamento di un desiderio rimosso. Il sogno ha accesso al materiale dimenticato della vita infantile; accade in effetti molto spesso che l’amnesia infantile venga superata attraverso l’interpretazione di molti sogni. Oltre che l’interpretazione dei sogni, l’analisi utilizza anche lo studio dei frequentissimi piccoli atti mancati e delle cosiddette azioni sintomatiche.

5
115-28
Per più di dieci anni, a partire dal distacco da Breuer, Freud non ebbe neppure un seguace e rimase nel più completo isolamento. Aveva l’impressione che l’ostacolo principale alla comprensione della psicoanalisi stesse nel fatto che i suoi avversari vedevano in essa un prodotto della sua fantasia speculativa, non essendo disposti a credere alle ricerche obiettive lunghe e pazienti che erano state necessarie alla sua elaborazione. Ma a poco a poco l’isolamento finì, anche se restava l’anatema ufficiale contro la psicoanalisi. Questo però ebbe come conseguenza il rinsaldarsi dei legami che gli analisti avevano stabilito tra loro. L’opposizione ufficiale non riuscì a impedire che la psicoanalisi si diffondesse in Germania come in altri Paesi. Se si prescinde dalla sua preistoria catartica, la storia della psicoanalisi si divide in due periodi. Nel primo (dal 1895-96 fino al 1906-07) Freud si trovò completamente solo e fu costretto a portare avanti tutto il lavoro senza l’aiuto di nessuno. Nel secondo periodo i contributi dei suoi allievi e collaboratori andarono acquistando un’importanza sempre maggiore. Con l’arricchirsi dell’esperienza, il complesso edipico si rivelò sempre più distintamente come il nucleo centrale della nevrosi. Nel complesso edipico la libido si era mostrata legata alla rappresentazione delle figure parentali. L’intera esistenza umana si configura come un continuo alternarsi di convergenze e divergenze tra Eros e pulsione di morte. Le nevrosi furono il primo oggetto di indagine da parte della psicoanalisi. Tuttavia Freud, già nel 1896, aveva osservato in un caso di demenza paranoide la presenza degli stessi fattori etiologici e degli stessi complessi affettivi riscontrabili nelle nevrosi. La psicoanalisi aveva postulato già da tempo, prima del complesso edipico, il concetto di narcisismo, il cui contenuto è determinato dal fatto che la libido del soggetto si ancora al proprio Io anziché a un oggetto esterno. Si sapeva già che la rimozione era operata dalle pulsioni di autoconservazione che agiscono nell’Io (le “pulsioni dell’Io”) ed era rivolta contro le pulsioni. La psicoanalisi stabilì dapprima una contrapposizione tra pulsioni dell’Io (l’autoconservazione, la fame) e pulsioni libidiche (l’amore), sostituendola poi con una nuova contrapposizione fra libido narcisistica e libido oggettuale. Postulò inoltre l’esistenza di una pulsione di morte contrapposta all’Eros (pulsione di autoconservazione). Nei suoi ultimi lavori di quel periodo, propose un’articolazione dell’apparato psichico in un Io, un Es e un Super-io.

6
129-37
Con l’interpretazione dei sogni la psicoanalisi aveva superato i limiti di un fatto puramente medico. Nel periodo intercorso tra gli inizi, a Vienna, e la sua introduzione in Francia si erano sviluppate molteplici applicazioni delle teorie freudiane nei campi della letteratura e dell’arte, della storia delle religioni e della preistoria, della mitologia, della pedagogia ecc. Il complesso edipico, di cui Freud aveva riconosciuto gradualmente il carattere ubiquitario, fornì una vasta gamma di stimoli. Dalla comprensione della tragedia di Edipo (fato e oracolo non erano altro che materializzazioni di una necessità interiore) bastò pochissimo per giungere al chiarimento di quella grande tragedia psicologica che è l’Amleto. Era singolare che questo grande nevrotico fallisse miseramente di fronte al complesso edipico, al modo stesso di tanti suoi simili nella vita reale. Freud attribuiva grande valore e interesse ai contributi della psicoanalisi alla psicologia della religione, che aveva preso le mosse, nel 1907, dalla costatazione di una sorprendente analogia fra le azioni ossessive e le pratiche o i rituali religiosi. Egli definì la nevrosi come la caricatura di una religione privata, e la religione come una specie di nevrosi ossessiva universale. Esiguo invece è stato il suo contributo personale ad altre applicazioni della psicoanalisi, pure meritevoli del più vasto interesse: a partire dalle fantasie dei singoli nevrotici, si può giungere alle creazioni fantastiche delle masse e dei popoli quali appaiono nei miti, nelle leggende e nelle fiabe.

Poscritto del 1935
138-41
L’occasione per questo poscritto fu offerta a Freud dal suo editore americano, che intendeva presentare al pubblico una seconda edizione. L’Autobiografia era comparsa per la prima volta in America nel 1927. “Due temi emergono dalla lettura di queste pagine: quello del mio destino personale e quello della storia della psicoanalisi. Ma sono temi strettamente interconnessi. Questa mia Autobiografia, avendo dimostrato come la psicoanalisi sia diventata il contenuto essenziale della mia esistenza, si attiene poi alla legittima ipotesi che tutte le mie personali esperienze non abbiano alcun interesse se paragonate ai miei rapporti con questa scienza.” Pressappoco nell’ultimo decennio della sua vita, i suoi interessi erano tornati a quei problemi culturali che tanto lo avevano affascinato da giovane. A conclusione, egli traccia un rapido quadro delle prospettive che si aprono alla psicoanalisi. Nessuno mette più in dubbio che la psicoanalisi continuerà a esistere, essendo ormai ampiamente dimostrata la sua capacità di svilupparsi sia come branca del sapere sia come terapia. Il numero dei suoi seguaci è considerevolmente aumentato. Alcuni annettono importanza soprattutto al chiarimento e all’approfondimento delle conoscenze psicoanalitiche, altri si preoccupano invece di coltivarne i nessi con la medicina interna e la psichiatria. Da un punto di vista pratico, una parte degli analisti perseguono l’obiettivo del riconoscimento accademico della psicoanalisi e del suo inserimento nei piani di studio della Facoltà di medicina; altri accettano di buon grado di restare al di fuori di quelle istituzioni e non vogliono che l’importanza della psicoanalisi in pedagogia venga sottovalutata per accentuarne l’importanza nell’ambito della medicina.

Comunicazione del direttore sui mutamenti nella direzione della «Zeitschrift» (1924)

1924
Il dottor Otto Rank è stato il redattore capo della rivista fin dall’epoca della sua fondazione nel 1913. La funzione del dottor Rank viene ora assunta dal dottor Sándor Radó di Berlino, che potrà avvalersi dei consigli e della collaborazione dei dottori Eitingon e Ferenczi. In occasione della Pasqua 1924, il dottor Rank accettò un invito a New York. Al suo ritorno egli comunicò di aver deciso di trasferire in America la sua attività di analista praticante e didatta, almeno per una parte dell’anno. Questa la ragione dei cambiamenti nella direzione.

Estratti: Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 10. Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti: 1924-1929, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.