Identificazione con l’aggressore

Con questo termine Anna Freud indicava quel meccanismo di difesa attraverso il quale il soggetto, dinnanzi a un pericolo esterno, generalmente rappresentato da una valutazione, una disapprovazione, una critica da parte di un’autorità, finisce per identificarsi con il suo aggressore. Tale identificazione si esplica sia prendendo su di sé la stessa funzione aggressiva dell’aggressore, sia imitandone il comportamento fisico o morale, sia attraverso l’assunzione di alcuni simboli di potere. Tale difesa prevarrebbe nello stadio preliminare della costrizione del Super-Io, dove l’aggressione è ancora indirizzata verso il mondo esterno e non contro il soggetto in forma di autorimprovero.

Il concetto di identificazione con l’aggressore  (Identifizierung mit dem Angreifer) non è di Freud. Tuttavia egli ne parla in Al di là del principio di piacere (1920). Ferenczi usa questa espressione per indicare l’aggressione sessuale dell’adulto sul bambino innocente. Il risultato è una sottomissione alla volontà dell’aggressore. Ciò che cambia nella personalità del bambino è l’introiezione del senso di colpa dell’aggressore adulto.

L’identificazione con l’aggressore, secondo Anna Freud, può avvenire in diversi contesti (attacco fisico, rimprovero…) e può avvenire sia prima che si realizzi l’aggressione temuta che dopo. C’è una vera e propria inversione dei ruoli. L’aggredito diventa aggressore. La vittima è proiettata all’esterno è il carnefice è introiettato. Questa è la prima fase. La seconda comporta che l’aggressione e l’insieme delle relazioni, sarà rivolta verso l’interno, sarà interiorizzata.

Lagache considera l’identificazione con l’aggressione alla base della costruzione dell’Ideale dell’Io. Il soggetto si identifica con l’adulto onnipotente, ciò comporta un misconoscimento dell’altro, la sua eliminazione, la sua subordinazione. Questo soprattutto nell’ambito del conflitto che viene a crearsi tra le richieste del bambino e quelle dell’adulto.