Helen Deutsch: la donna frigida

Paul Roazen scrive la biografia di Helen Deutsch, sottolineando i legami tra le diverse sfaccettature: è stata contestatrice, è stata una psichiatra. Il suo interesse per la psicoanalisi è iniziato insieme al suo interesse per la mitomania isterica, ossia la tendenza ad inventare delle storie non vere (istrionismo isterico). È la sua porta d’ingresso nella psicoanalisi. La Deutsch ha una posizione molto moderna sulla frigidità femminile, come ho accennato nel post di ieri. Nella donna la frigidità può essere anche tollerata rispetto all’uomo. Non bisogna spingere la donna necessariamente ad interrogarsi sulle vere ragioni alla base della frigidità.  Non è  il caso di andare a smuovere troppo quel sintomo. Si tratta di donne molto spesso frigide perché vi è un’identificazione all’uomo e per questo che non hanno bisogno di andare a cercare il fallo fuori di sé. Senza diventare per questo omosessuale. Sono asessuali. Sono donne che si collocano sul versante uomo del quadrante della sessuazione e dunque non vogliono saperne niente del godimento sessuale. Questa identificazione all’uomo non è il caso di andarla a smuovere, non è un sintomo analitico. Se non disturba il soggetto, bisogna lasciare questa identificazione che, mi ripeto, è centrale: intorno ad essa si organizza tutto il suo equilibrio.  Se una donna si identifica all’uomo, fa come se fosse un uomo. È una posizione che si fonda e si serve del semblant, non a scopo di compensazione come nelle psicosi.

L’analisi portata fino in fondo scandaglia tutte le identificazioni, non se ne lascia alle spalle nessuna “importante”, come quella delle frigide: il fine dell’analisi è un’identificazione al sintomo, a ciò che permane nel sintomo come resto del godimento. Assunzione, incarnazione del sintomo. C’è qualcosa del sintomo che va rispettato.