Vico e Wittgenstein: l’oggetto semplice (parte 1)

Molto convincente, a mio avviso, contro un’eventuale impugnazione della tesi descrittivista del nome, è il ragionamento che Wittgenstein fa, a proposito del nome come “descrittore” di un oggetto, non in quanto “oggetto semplice” ma in quanto oggetto composto, e a proposito, riporto la chiara esposizione che ne dà Casalegno: “se ai nomi potessero corrispondere entità complesse, non ci sarebbe a priori nessuna garanzia che una data proposizione abbia senso. Supponiamo che nella proposizione P figuri il nome N: se a N potesse corrispondere un’entità complessa C, saremmo sicuri che a N corrisponde davvero qualcosa, e quindi che P ha senso, solo se fossimo sicuri che C esiste: in altri termini solo se sapessimo già che è vera la proposizione Pla quale asserisce che gli elementi costitutivi di C sono correlati in un certo modo. Come dice Wittgenstein,  “l’avere una proposizione senso dipende dal’essere un’altra vera”.[1]

Ma se fosse così, l’avere una proposizione senso dipenderebbe da un’altra proposizione, e il senso di quest’ultima, da un’altra ancora: il processo a ritroso non avrebbe mai fine. Se così fosse, un senso non potremmo mai averlo, perché mai potremmo progettarci  un’immagine vera o falsa del mondo. Ed è per questo che Wittgenstein  afferma che: << l’oggetto è semplice >> (2.02) e che << Gli oggetti formano la sostanza del mondo e perciò essi non possono essere composti >> (2.021) e che, soprattutto, << La sostanza è ciò che sussiste indipendentemente da ciò che accade >> (2.024). Per Wittgenstein << il mondo è tutto ciò che accade >> (1) ed essendo ciò che accade (il fatto) il sussistere di stati di cose (1.1.2) rimane inspiegabile e irrisolvibile dispiegare la reale natura delle cose, ossia degli oggetti (semplici), perché è come se essi fossero altro dal mondo, in quanto, essendo essi la sostanza del mondo, ed essendo quindi indipendenti da ciò che accade: è come se essi esistessero, ma fuori dal mondo.


[1] P. Casalegno, Filosofia del linguaggio. Un’introduzione, Roma, Nis 1997,  p. 81.