Psicologia delle folle: Sete di obbedienza

Le masse si mettono d’istinto sotto un capo: non c’è più il bisogno della libertà ma della servitù, hanno una sete di obbedienza. La volontà di questo capo è il punto su cui si identificano le masse (Freud non è d’accordo su questo punto). Il capo è a sua volta un sottoposto ipnotizzato da una certa idea, della quale è diventato un apostolo. È un uomo d’azione e non di pensiero (il ragionamento non è gradito alle masse). I capi si reclutano tra quei nevrotici eccitati un po’ maniacali, semialieanti che costeggiano il bordo della follia. “Non appena un certo numero di esseri viventi sono riuniti […] ricercano d’istinto l’autorità di un capo, di un trascinatore. […] La folla è un gregge che non può fare a meno di un padrone.”[1] Il capo a sua volta sembra ipnotizzato da un’idea della quale ad un certo punto diventa apostolo. Questa idea lo permea a tal punto che nulla più ha importanza per lui. I capi sono generalmente uomini di azione. Non hanno dubbi. Qualunque idea che va contro i loro convincimenti diventa errore e superstizione. “Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli di più. Interesse personale, famigli, tutto è sacrificato. Perfino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa alla quale quegli individui ambiscano”[2]. Il compito dei capi è quello di creare la fede. Il potere di un capo si misura dalla sua capacità di creare fede nel suo popolo. Il capo è fondamentalmente dispotico e la sua autorità ha un effetto coagulante, infatti, quando un capo esce di scena, se non è repentinamente sostituito, la sua scomparsa sfilaccia la folla che diventa una collettività indebolita e senza coesione.


[1] G. Le bon, Psicologia delle folle, Longanesi, Milano, 1996, pp. 151-152

[2] Ibidem