Psicologia delle folle: prestigio

I convincimenti sorti per mezzo dell’affermazione, della ripetizione e del contagio contengono un enorme forza perché finiscono con l’acquisire la proprietà misteriosa del prestigio. Il prestigio è il fascino che una persona, un’opera o una idea esercita su di noi. È un fascino paralizzante: le nostre capacità critiche si riducono e ci si riempie di stupore e rispetto. Si è magnetizzati. Il prestigio è la spinta più influente di ogni potere. “Le due diverse varietà di prestigio si possono ridurre a due forme principali: il prestigio acquisito e il prestigio personale. Il prestigio acquisito è conferito dal nome, dalla fortuna, dalla reputazione. Può essere indipendente dal prestigio personale. Il prestigio personale, invece, è qualcosa di individuabile, in grado eventualmente di combinarsi con la reputazione, la gloria e la fortuna, o di essere da queste rafforzato, ma perfettamente in grado di esistere in forma autonoma”[1]. Il prestigio è in grado di paralizzare i nostri giudizi. Spesso il successo di un’idea è indipendente dalla verità che essa veicola, essa si fonda esclusivamente sul prestigio di chi la propone. Tra i vari fattori che contribuiscono a formare il prestigio il più importante di tutti è sicuramente il successo. L’uomo di successo e l’idea che esso propone, cessano per questo solo fatto di essere contraddetti o contestati. L’insuccesso dall’altro canto invece finisce sempre con i distruggere il prestigio. “La reazione sarà tanto più vivace quanto più i prestigio sarà stato grande. La moltitudine è portata a considerare infatti l’eroe decaduto come uno dei suoi, e si vendica per essersi inchinata davanti a una superiorità che più non riconosce.[…] I credenti spezzano sempre con furore le statue dei loro ex-dei. Il prestigio rovinato dall’insuccesso scompare di colpo. Può essere logorato anche dalla discussione, ma in modo più lento. Il prestigio messo in discussione non è più prestigio. Gli dei e gli uomini che hanno saputo conservare più a lungo il prestigio non hanno mai tollerato la discussione. Per farsi ammirare dalle folle bisogna sempre tenerle a distanza.”[2]


[1] G. Le bon, Psicologia delle folle, Longanesi, Milano, 1996, pp. 165-166

[2] G. Le bon, Psicologia delle folle, op. cit., pp.175.176