Poiesis

La poiesis (dal greco produzione, drv. di poièin <<fare>>) in Aristotele si separava dalla praxis (drv. di pràssein <<fare>>)[1]. La  poiesis per Aristotele rimanda ad un’arte  che implica una tèchne, cosa ben diversa dalla saggezza (phrònesis) che implica sempre una scelta razionale e volontaria che si realizza nell’agire. In Aristotele insomma, la poiesis, nonostante abbia un compito fondativo all’interno della comunità, sembra essere relegata all’ambito proprio della ‘produzione individuale’ che crea il ‘possibile’, il ‘probabile’: l’atto del poetare in Aristotele è strettamente connesso alla volontà, nel senso che la fantasia produce qualcosa per il “proprio” piacere intellettuale, laddove per Vico il poetare si origina per una naturale necessità che si realizza proprio nella celebrazione della meraviglia,  quella ‘meraviglia’ provocata dai fenomeni ‘terrificanti’, e che  solo nella la ‘porola poetante’ trova pace. E’ “l’impossibile credibile[2] che in Vico costituisce l’essenza della poesia la quale “dà nome” alle cose, non il “possibile voluto” che produce qualcosa per il diletto dell’intelletto strettamente legato a sua volta all’attività cosciente.[3]

In Vico è la poiesis a svolgere un ruolo fondativo per l’etica stessa, e ciò si realizza proprio mediante la creazione degli universali fantastici  << […] la prima cosa che va formata negli adolescenti è il senso comune, per evitare che, giunti ad affrontare le attività della vita adulta, incorrano in comportamenti strani ed abnormi >>[4].

Il senso comune è strettamente connesso con l’origine degli universali fantastici: essi non sono il prodotto  dell’arte oratoria ma la loro nascita invece si realizza proprio nel luogo dell’incontro tra ‘vero’ e ‘falso’: il verosimile: << il verosimile […] occupa una posizione intermedia tra il vero e il falso, in quanto il più delle volte corrisponde al vero, molto raramente al falso >>[5].


[1]Eth. Nic. VI, 1140a 13.

[2] S.N., 383.

[3]Cfr. Arist.,  Poet., 9, 145b

[4] G.B. Vico, De nostri temporis studiorum ratione, cit., p. 55.

[5]Ibidem