L’amore tra Semele e Zeus originò Dioniso. Era, ingelosita, prese le sembianze di una vecchia donna e convinse Semele a chiedere a Zeus di manifestarsi in tutto il suo splendore, in tutta la sua potenza. Zeus le apparve tra fulmini e sfavilli in tutta la sua gloria, nel fuoco del cielo; Semele non riuscì a sopravvivere a quella folgore e diventò cenere, ma il bambino che doveva nascere si salvò grazie a Ermes che lo prese e lo cucì nella coscia di Zeus, il quale portò avanti la gravidanza da solo:
Cosi cadde, narran poeti, quando Semele volle
Vedere il dio in figura, la folgore sulla sua casa
E dal nume colpita partorì
Il frutto della tempesta, Bacco Santo[1].
Solo chi è di cuore puro riuscirà a non rimanere arso dal “fuoco degli dèi”, e come un fanciullo con le mani innocenti, si salverà dalla distruzione e quindi condividerà << il patir d’un dio >>.
Prima ci sarà la poesia divina e poi quella eroica. Giove fu padre di Ercole. I poeti-teologi all’inizio s’accollarono l’onere di questa rischiosa impresa che solo avrà successo << se il gesto con cui la loro mano afferra e porge è animato dal “cuore puro”>>[2], solo se essi “diranno” “senza affermare troppo ”, solo se “indicheranno” quello che in realtà già da solo sta venendo e si sta mostrando nella “luce opaca” della vera ed unica “verità” che ai mortali è concessa: In effetti la luminosità del vero metafisico è in tutto e per tutto quella della luce, della quale noi non abbiamo conoscenza se non in relazione alle cose opache.[3]
[1] F. Hölderlin, Poesie, << Come il giorno di festa…>>, cit., p. 118.
[2] M Heidegger, La poesia di Hölderlin, cit., p. 87.
[3] G.B. Vico, Dell’antichissima sapienza italica, cit., p.268… << Provati, dopo aver fissato intensamente e a lungo le invetriate di una finestra, attraverso le quali nella tua casa filtra la luce, a volgere lo sguardo a un corpo totalmente opaco: ti parrà vedere non più la luce, bensì invetriate luminose. Similmente luminoso è il vero metafisico, non circoscritto da confini e non discernibile attraverso veruna forma, dal momento che proprio esso è il principio infinito di tutte le forme. Al contrario, opache, ossia formate e circoscritte, sono le cose fisiche, nella quali scorgiamo il lume del vero metafisico>>.