Piacere e dispiacere (6/15)

Le strutture profonde alla base delle emozioni[i] sono le stesse che garantiscono la nostra coscienza di fondo (parliamo di quello che Damasio chiama “coscienza nucleare”).

Sono strutture molto primitive, antiche e che si collocano nelle zone mediali e superiori del tronco encefalico.[ii]

Il sistema piacere-dispiacere sembra localizzabile nella sostanza grigia periacqueduttale, collocata nel tronco encefalico. Il settore ventrale di questa struttura modula le sensazioni piacevoli, quella dorsale quelle spiacevoli.[iii] La sostanza grigia periacquduttale genera gli stati viscerali corporei insieme ad altre strutture[iv] e inoltre elabora le sensazioni somatosensitive del dolore fisico oltre che quelle emozionali.[v]

In questa zona del tronco arrivano i dati sensoriali sia dall’esterno che dall’interno del corpo, dati che possono essere valutati come piacevoli o spiacevoli; e da qui partono molti collegamenti con la corteccia motoria che consente delle risposte automatiche (evitamento o avanzamento o anche espressione del corpo e mimica delle emozioni).

D’innanzi ad un segnale emotivamente rilevante il nucleo centrale dell’amigdala attiva una serie di processi che causano un aumento della pressione arteriosa, tachicardia e una reazione motoria.[vi]

L’amigdala è strettamente coinvolta nei processi di modulazione delle ghiandole surrenali, essa infatti regola l’apprendimento delle memorie esplicite in situazioni cariche a livello emozionale. Il cortisolo mette in moto l’ippocampo che registra la situazione nella memoria esplicita in modo che possa essere utile per il futuro e per la sopravvivenza. Tuttavia quando l’attivazione del cortisolo è troppo intensa e duratura allora l’ippocampo può risentirne negativamente, le sue cellule possono atrofizzarsi fino ad arrivare alla morte cellulare.

Quando il cortisolo attiva l’ippocampo per la registrazione delle memorie implicite e tale attivazione è troppo intensa, questo può portare ad una vera e propria atrofizzazione delle cellule ippocampali. Questo potrebbe spiegare i difetti di memoria che si possono incontrare nei soggetti affetti da depressione o da disturbo post traumatico da stress. Non solo, ma il cortisolo è dannoso anche perché è deleterio per i processi decisionali giocati nella corteccia prefrontale. Ora, nel momento in cui gli stimoli emotivi sono adeguati, i processi di memorizzazione ne traggono beneficio, sono potenziati; nel momento in cui invece c’è qualcosa di troppo, di traumatico emozionalmente, allora l’ippocampo fa fatica a fornire un contesto, un quadro all’aurosal emozionale. Un ippocampo affaticato dalle reazioni emotive ha una capacità limitata di fornire un contesto alle reazioni corporee di paura e ciò crea delle reazioni assolutamente disfunzionali e di malessere.[vii] Il cervello, per garantire delle risposte veloci, a fronte di una analisi delle situazioni altrettanto veloci, tende ad anticipare gli eventi futuri. Cioè estende alle percezioni presenti degli schemi formati a partire dalle esperienze passate attraverso un’analisi superficiale con la quale si cerca di prevedere i risultati già sperimentati.


[i] L’emozioni producono sensazioni corporee, esperienze sensoriali riconducibili ai valori edonici di piacere o dispiacere, incidono sui nostri pensieri, sulle valutazioni e modificano alcuni processi fisiologici nel nostro corpo, determinando il nostro comportamento. La maggior parte degli studiosi sembrano avallare l’ipotesi di un numero di emozioni fondamentali e di una serie di altre che risultano dalle combinazioni di queste. Il numero minimo è tre e il maggiore undici, quasi tutte le proposte contemplano da cinque a nove emozioni. La paura e la rabbia le troviamo in ogni elenco. La tristezza, chiamata a volte dolore altre volte angoscia o solitudine, la troviamo in ogni classificazione, tranne in un paio. La gioia, o i simili amore, piacere, entusiasmo, felicità o soddisfazione, compaiono in tutte le classificazioni. Meno usate sono le emozioni fondamentali quali sorpresa, disgusto, curiosità, aspettativa, vergogna e senso di colpa. [Plutchik R., Psicologia e biologia delle emozioni, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 71.] La maggior parte degli studiosi sostiene che il modo in cui parliamo delle emozioni chiama in causa la dimensione dell’intensità, che, ovviamente, può essere maggiore o minore. «Per esempio, forme più intense di rabbia sarebbero collera e furore, mentre forme meno intense sarebbero fastidio e irritazione. Analogamente, possiamo identificare le differenze d’intensità fra pensierosità, tristezza e sofferenza.»  Inoltre, le emozioni, si differenziano proprio a partire da quella che Plutchik chiama «somiglianza reciproca». Paura e spavento, per esempio sono vicini lungo la dimensione dell’intensità, la rabbia, è più simile al disgusto, all’antipatia, al disprezzo, rispetto alla gioia, alla allegria o entusiasmo. Le emozioni presentano un andamento bipolare, cioè ce le rappresentiamo in coppie di opposti: paura-rabbia, tristezza-gioia, amore-odio…. Quindi, in definitiva, variano per intensità, grado di somiglianza reciproca e per il fatto che esprimono sensazioni o azioni opposte. L’attivazione (emozionale) è l’effetto di una reazione automatica, strutturata e iscritta nel funzionamento del nostro corpo (sistema nervoso autonomo) a partire da uno stimolo, oppure è l’effetto di una valutazione del significato, una interpretazione della situazione. La percezione dell’attivazione ha come effetto l’esperienza emotiva, tuttavia anche le valutazioni cognitive sono necessariamente contemporanee all’attivazione fisiologica. L’emozione comprende l’arousal e l’interpretazione della situazione che etichetta attribuendo una certa causa ad una certa esperienza corporea. L’emozione è dunque la mescolanza di un’attivazione fisiologica indefinita, non specifica, e di una percezione di questo stato di attivazione, con una spiegazione in funzione ad un evento che in modo plausibile può essere la causa dell’emozione stessa. L’attribuzione casuale stabilisce una connessione (causativa) tra l’attivazione corporea e un dato evento (emotigeno pertinente) grazie al quale è possibile etichettare l’esperienza corporea stessa in modo (presumibilmente) adeguato. L’emozione è il risultato dell’arousal, della percezione e del riconoscimento della situazione emozionale e di una valutazione che stabilisce la connessione fra percezione, riconoscimento e l’arousal stesso. L’arousal è la percezione delle reazioni del sistema nervoso simpatico. Quando siamo attraversati da un arousal fisiologico indefinito e senza spiegazione plausibile, tale condizione somatica sarà etichettata in base ad un qualsiasi elemento significante disponibile e plausibile. Se invece lo stato di arousal fisiologico ha una spiegazione ovvia difficilmente si useranno spiegazioni alternative per etichettarlo. Il confronto tra le informazioni che incameriamo su di un dato evento e i nostri schemi mentali, può essere congruente e dunque le nuove informazioni saranno integrate negli schemi, in alternativa emerge l’attivazione del sistema nervoso autonomo. Maggiore è l’incongruenza, maggiore è l’intensità dell’attivazione emozionale. Ciò che non risulta assimilabile, produce «emozioni negative» e necessita di rimodulazioni attraverso processi di accomodamento. Jaak Panksepp rappresenta oggi il più importante studioso di biologia delle emozioni, forte soprattutto di un vastissimo, quanto discusso, armamentario di esperimenti effettuati. Il suo modello si caratterizza in particolare per l’importanza data alle aree sottocorticali nelle manifestazioni emozionali, in particolare: tronco encefalico, ipotalamo, amigdala, cioè la parte più primitiva del nostro cervello. Egli parte dall’individuazione di una serie di emozioni che sarebbero comuni a tutti i mammiferi e che sono l’espressione di una serie di reti neurali e di reazioni biochimiche associate a certi comportamenti. Egli descrive anche gli stati somatici non emozionali derivanti dai bisogni come la fame o la sete. Sottolinea inoltre la fondamentale importanza dell’emozione nell’attività psichica evidenziando come siano soprattutto le aree sottocorticali ad essere la sede delle strutture alla base della sua genesi. Panksepp si oppone fermamente alla corticalizzazione” dell’esperienza emozionale, confutando il tentativo di Damasio di «mentalizzare» l’emozione attraverso il concetto di sentimento che troviamo in Emozione e coscienza, concetto che secondo Panksepp riproporrebbe nuovamente una concezione dualistica (mente-corpo) a scapito del monismo di cui lo stesso Damasio si sarebbe fatto promotore. Le emozioni per Panksepp sono presenti anche nei mammiferi non evoluti, cioè in quelli privi delle funzioni elevate tipiche degli esseri umani, anzi, questo renderebbe gli animali particolarmente adatti per gli studi sulle emozioni proprio perché queste ultime non sarebbero influenzate dall’attività corticale (mentale) come accadrebbe negli esseri umani. Ciò che Panksepp contesta a Damasio è l’ipotesi che la coscienza effettui una rilettura (readout) delle emozioni a partire dalle aree più evolute del cervello. È d’accordo con Damasio che ha ipotizzato che l’attività mentale sia a più livelli intrecciata con le reazioni emozionali corporee (affectively embodied) tuttavia critica l’idea che i sentimenti emozionali siano prodotti nelle aree alte della corteccia somatosensoriale, cioè da quelle aree che garantiscono una rappresentazione del corpo. Per Panksepp le emozioni fondamentali sono paura, rabbia, gioia e varie emozioni di disagio, le spinte motivazionali sono esperienze tipo la fame, la sete, la sessualità, gli affetti sensoriali sono reazioni del tipo dolore, temperatura, gusto e così via. Tutte queste esperienze corporee coinvolgono le aree sottocorticali che impongono degli stati globali agganciati a delle rappresentazioni somatiche primitive sottocorticali. Le esperienze emotive quindi per Panksepp sono l’effetto di attività cerebrali riconducibili a funzioni molto antiche, funzioni che sono in grado di imporsi nella nostra attività psichica. Il loro “potere” diminuisce con lo svilupparsi delle aree corticali superiori che regolerebbero l’attività cognitiva. L’attivazione emozionale in questo modo può essere integrata nella nostra vita psichica anche grazie alle risorse cognitive che possediamo. Damasio non ha mai sottovalutato la funzione preminente che le aree sottocorticali e i nuclei del tronco celebrale svolgono nelle esperienze emotive, tutt’altro. Egli ha sottolineato, tuttavia, che non è possibile considerare le emozioni e i sentimenti delle creature umane, con tutta la loro complessità, alla stessa stregua di quelle degli animali, per i quali Damasio non sembra escludere, soprattutto per quelli con un sistema nervoso più complesso, la possibilità che abbiano coscienza e sentimenti. Tuttavia egli rimarca la sostanziale differenza tra essere umani e animali. La ragione, la memoria danno uno spessore molto diverso alla nostra attività conoscitiva dei nostri sentimenti. Non si può ridurre la questione soltanto alla differenza che c’è tra l’essere consapevoli o no delle nostre emozioni. Per Damasio noi umani abbiamo anche la capacità di riflettere su questi sentimenti, di collocarli in un dato contesto e ciò incide sul processo alla loro base. La questione che resta sullo sfondo di questa querelle è la seguente: quanto l’attività cerebrale può raffreddare le emozioni, soprattutto quelle negative? L’uso di una connessione o di un circuito neurale rafforza la sua stessa funzionalità e il suo esserci si consolida (legge di Hebb, neurons that fire together wire together), in tal senso LeDoux concepiva la psicoterapia come un metodo per riconfigurare (rewire the brain) le connessioni a favore di un rafforzamento delle sinapsi nelle connessioni che raffreddano, monitorano o meglio ancora controllano l’amigdala inibendone le risposte più esplosive e deleterie. La psicoterapia avrebbe il pregio di favorire nella corteccia neurale la possibilità di governare l’esplosività emozionale dell’amigdala; la proiezione di questa ultima sulla neocorteccia è molto più incisiva rispetto a quella che la neocorteccia può avere sull’amigdala stessa. Questa infatti ha un controllo sulla neocorteccia superiore rispetto a quello che la neocorteccia può avere su di essa. Ciò vuol dire che quando i processi emozionali si sono accesi è molto difficile interromperli, spegnerli. Le reazioni emozionali comportano il rilascio di ormoni e di altre molecole che poi ritornano nel cervello per influenzarlo. La neocorteccia ha dei canali di comunicazioni non sufficientemente sviluppati ed in grado di agire sull’amigdala, tuttavia essa dovrebbe garantire una certa «libertà psicobiologica» grazie alla quale poter controllare la dimensione emozionale del cervello, tale libertà risulta possibile se si riesce a contestualizzare l’esperienza emozionale, attraverso una riorganizzazione globale della categorizzazione emozionale, una riorganizzazione delle memorie emozionali (pre-simboliche).

[ii] Tra queste ricordiamo il grigio periacqueduttale (un’area di sostanza grigia) che si trova in profondità nel tronco encefalico avvolta dall’acquedotto cerebrale ed è organizzato in colonne verticali che si suddividono in due tipologie, quelle che producono sensazioni piacevoli (collocate nella parte ventrale) e quelle che generano sensazioni spiacevoli (collocate nella parte dorsale). A partire da queste due macrocategorie si declinano qualitativamente i vissuti emozionali. Tali strutture coinvolgono l’ipotalamo, l’area tegmentale ventrale, i nuclei parabrachiali, il grigio periacqueduttale.

[iii] Solms M., Turnbull O. (2002) Il cervello e il mondo interno. Cortina, Milano, 2004.

[iv] Ipotalamo, nuclei parabranchiali, nuclei del rafe, tegmento, nucleo del locus coeruleus e formazione reticolare.

[v] Panksepp identifica la sostanza grigia periaqueduttale come l’area alla quale corrisponde una prima forma arcaica dell’Io (Simple Ego-like Life Form).

[vi] Allo stesso tempo l’ipotalamo paraventricolare attiva il rilascio di corticotropina che impone alla ghiandola pituitaria di rilasciare l’ormone adrenocorticotropo che arriva fino alle ghiandole surrenali. Il cortisolo ritorna al cervello attraverso il sangue incidendo sull’ipofisi. Attraverso questo circuito il sistema simpatico si attiva preparandosi per la fuga o per l’attacco.

[vii] LeDoux J., Il sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Cortina, Milano 2002.