Ombelico dei sogni

Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 24.

Questa dimensione è sicuramente da evocare in un registro che non è nulla di irreale né di de-reale ma, piuttosto, di non-realizzato. Non è mai privo di pericolo agitare qualcosa in questa zona di larve e, forse, è proprio della posizione dell’analista – se egli vi è veramente – il fatto di dover essere assediato – voglio dire realmente – da coloro presso i quali egli ha evocato questo mondo di larve senza aver sempre potuto portar1e fino alla luce. Non c’è discorso che sia qui inoffensivo – lo stesso discorso che ho tenuto in questi ultimi dieci anni trova qui certuni di questi effetti. Non è invano, persino in un discorso pubblico, mirare ai soggetti e toccarli in ciò che Freud chiama ombelico – ombelico dei sogni, egli scrive, per designare cosi, come termine ultimo, quel centro sconosciuto che non è altro, come lo stesso ombelico anatomico che lo rappresenta, che la faglia di cui parliamo.

[…]

A dire il vero, questa dimensione dell’inconscio che sto evocando era dimenticata, come Freud aveva perfettamente previsto. L’inconscio si era richiuso sul suo messaggio grazie ai buoni uffici di quegli attivi ortopedici che sono diventati gli analisti della seconda e della terza generazione, che si sono adoperati, psico10giz¬zando la teoria analitica, a suturare questa faglia.