Oggetto che causa (16/17)

La definizione algebrica del fantasma è $◊a, dove ◊ (losanga o punzone), va intesa sia come “desiderio di” che come “identità che si fonda su una non-reciprocità assoluta”. Il simbolo ◊ viene scritto anche così < >, cioè congiunge e disgiungere per evitare che si possa credere che il fantasma sia un meccanismo chiuso. Da un lato, in evidenza abbiamo il soggetto del desiderio, mentre l’oggetto resta inafferrabile, dall’altro in evidenza abbiamo l’oggetto di godimento, in riferimento al quale il soggetto del desiderio sparisce nella sua divisione.

  1. d –>a
  2. a –>d

Nel primo caso c’è l’oggetto che il desiderio ha di mira e che si sottrae, l’oggetto è a destra. Il desiderio insegue l’oggetto. L’oggetto metonimico è a destra, sfugge, e il desiderio, a sinistra, lo insegue cercando di afferrarlo.

Nel Seminario X Lacan non parla più di oggetto metonimico ma di oggetto causa del desiderio, che è una nozione diversa. In questo caso l’oggetto viene prima, sta sulla sinistra, ed è la condizione del desiderio. Ci vuole un oggetto perché il desiderio possa sorgere.

Nel Seminario XI Lacan scrive: “Prendete l’esperienza della bella macellaia. Ama il caviale, solo che non lo vuole. E per questo che lo desidera. Capite che l’oggetto del desiderio è la causa del desiderio e quest’oggetto causa del desiderio è l’oggetto della pulsione – vale a dire l’oggetto attorno a cui ruota la pulsione. […] Non è che il desiderio si agganci all’oggetto della pulsione –  il desiderio ne fa il giro in quanto è agito nella pulsione. […]”[1]. Cioè, l’oggetto è il vuoto scavato dalla pulsione, è ciò intorno a cui questa fa il giro, ovvero l’oggetto piccola a. Nel fantasma $◊a, il soggetto è il prodotto di un taglio nell’Altro che ha come resto l’oggetto piccola a. La ripetizione del significante della domanda scava nell’Altro quel buco che gira intorno all’oggetto piccola a, che rappresenta l’oggetto perduto che causa il desiderio. Il posto vuoto del padre è anche quello occupato da un sembiante. La perdita di un caro fa sorgere nel posto vuoto lasciato dall’oggetto, un eccesso di presenza godente, di godimento, quando invece, generalmente quel luogo è solo occasionalmente occupato dal godimento. L’elaborazione del lutto, per Lacan, è possibile grazie ad una nuova significantizzazione che consenta una ricostruzione, se così possiamo dire, del punzone del fantasma $a. La perdita di una persona amata ha sicuramente un effetto traumatico. Per elaborare il lutto è necessario un legame nuovo tra significante ed oggetto a, è necessario un nuovo processo di separazione/alienazione[2].


[1] J. Lacan, Il seminario XI I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 238.

[2] L’alienazione significante si articola attraverso uno svuotamento d’essere che delocalizza l’identità dislocandola nella catena significante. L’alienazione mostra la strutturale dipendenza del soggetto dal significante e definisce l’effetto indotto dal linguaggio sull’uomo. La separazione, invece, mette in evidenza le manovre di disgiunzione del soggetto dal significante, ovvero, fa emergere la singolarità, il particolare proprio del soggetto. L’alienazione significante fa emergere un soggetto diviso ($), la separazione invece induce all’estrazione di un oggetto (a) . L’alienazione significante crea una mancanza nel soggetto, sottraendogli dell’essere, e ciò attiva il desiderio come spinta diretta a reimpossessarsi di quella parte perduta. Il desiderio si struttura come una metonimia della mancanza a essere e l’oggetto sta a dimostrare che non tutto è significante, ossia, che c’è qualcosa che cattura, che attira a sé il desiderio del soggetto e che in qualche modo, ferma la sua fuga metonimica.