Meta-rimuginio

Il rimuginio è rafforzato da stati di eccessiva vigilanza e di attenzione selettiva verso stimoli esterni (percettivi) e interni (emozionali) ritenuti minacciosi, è inoltre caratterizzato da una maggiore quantità di informazione negative e minacciose a lungo termine nella memoria (Mathews, 1990). Alcuni autori (MacLeod e Mathews, 1988) hanno evidenziato che l’eccessiva vigilanza è un tratto caratteristico dei soggetti ansiosi e rimuginatori, anche quando la loro condizione mentale non è dominata dall’ansia.

Come ho avuto modo di accennare nei post precedenti, il soggetto rimuginatore tende ad assumere una posizione nei confronti del rimuginare, cioè li attribuisce delle funzioni positive, addirittura un possibile vantaggio: è così che il rimuginio si rafforza ed è così che il soggetto dà senso alla sua tendenza a rimuginare (Borkovec et al., 1998).

Ma qual è il presunto vantaggio che il soggetto attribuisce a questo processo mentale? Il raffreddamento di uno stato d’animo spiacevole, ovvero di una condizione di ansia somatica, caratterizzato da emozioni negative. È stata dimostrata (Borkovec et al., 1993) una correlazione tra la quantità di pensiero verbale astratto e il livello di diminuzione delle reazioni fisiologiche. Le immagini evocate sono meno nitide e concrete rispetto a quelle  presenti in una condizione mentale non rimuginativa (Borkovec e Inz, 1990; Stöber, 1997). Altri autori hanno evidenziato una correlazione tra l’azione rimuginativa, il controllo e la diminuzione degli effetti cardiovascolari e somatici dovuti allo stato d’ansia (Mathews, 1990; Parkinson e Rachman, 1981; Smith, 1984; Gray, 1982).

Il rimuginio può essere concepito come strategia efficace per la risoluzione dei problemi, infatti esso, seppur ripetitivo e scarsamente concreto, è comunque un’attività mentale. Spesso il soggetto ansioso, quando rimugina, ritiene di affrontare il problema. Ad una fase di “alarm”, in cui si avverte una minaccia, ed ad una fase di  “prompt”, in cui essa risulta identificata e determinata, seguirebbe una fase di pianificazione per la gestione della minaccia (“internal task models”) (Eysenck, 1992), ma per far sì che questa ultima fase sia efficace è necessario che il soggetto interrompa, almeno in parte, l’attività di rimuginare, in quanto, per la costruzione di piani efficaci di azione è necessario un buon grado di elaborazione mentale (Schöpflung, 1989). È proprio ciò che non accade nel rimuginio patologico: la sensazione di pericolo non sparisce, seppur il pensiero assurge alla funzione di soppressore dell’ansia. Nel soggetto inoltre, è sempre presente la credenza che il rimuginare possa in qualche modo risolvere o consentire di affrontare il problema.

 

 

Bibliografia

Borkovec, T.D., e Inz, J. (1990). The nature of worry in generalized anxiety disorder: A predominance of thought activity. Behaviour Research and Therapy, 28, 153-158.

Borkovec, T.D., Lyonfields, J.D., Wiser, S.L., e Diehl, L. (1993). The role of worrisome thinking in the suppression of cardiovascular response to phobic imagery. Behaviour Research and Therapy, 31, 321-324.

Borkovec, T.D., Ray, W.J., e Stöber, J. (1998). Worry: A cognitive phenomenon intimately linked to affective, physiological, and interpersonal behavioral processes. Cognitive Therapy and Research, 22, 561-576.

Eysenck, M.W. (1992). Anxiety. The Cognitive Perspective. Hove, UK: Lawrence Erlbaum Associates LTD.

Gray, J.A. (1982). Precis of “The neurophysiology of anxiety: An enquiry into the functions of the septo-hippocampal system.Behavioral and Brain Sciences, 5, 469-534.

MacLeod, C. e Mathews, A. (1988). Anxiety and the allocation of attention in to threat. Quarterly Journal of Experiential Psychology: Humanistic and Experiential Psychology, 38, 610-659.

Mathews, A. (1990). Why worry? The cognitive function of anxiety. Behaviour Research and Therapy, 28, 455-468.

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Parkinson, L. e Rachman, S. (1981). The nature of intrusive thoughts. Advances in Behaviour Research and Therapy, 3, 101-110.

Schönpflug, W. (1989). Anxiety, worry, prospective orientation, and prevention. In C.D. Spielberger e I.G. Sarason (Eds.), Stress and Anxiety (pp. 245-258). Washington, DC: Hemisphere.

Smith, L.C. (1984). Semantic satiation affects category membership decision time but not lexical priming. Memory and Cognition, 12, 483-488.

Stöber, J. (1997, November). Worry and problem elaboration: Reduced concreteness and imagery for worrisome topics. Paper presented at the annual meeting of the Association for the Advancement of Behavior Therapy, Miami.