L’oggetto d’amore

Nelle “Lezioni americane” Calvino, precisamente nella seconda lezione, parla di Carlo Magno, oramai anziano e perdutamente invaghito di una giovinetta del posto. Ciò creo un certo imbarazzo nei sudditi, ma il sovrano non riusciva a celare i suoi sentimenti. La fanciulla morì, e suoi stretti collaboratori si sentirono sollevati: l’imperatore così non si sarebbe più reso ridicolo. Ma il corpo della giovane fu mummificato e venerato da Carlo Magno. L’arcivescovo Turpino, ipotizzando un maleficio, esaminò il corpo e scoprì un anello con una pietra preziosa nascosto sotto la lingua della ragazza. Turpino lo fece sparire e d’incanto la raccapricciante venerazione finì. Ma purtroppo, da quel momento la situazione peggiorò, il sovrano finì per amare follemente Turpino. L’oggetto sequestrava letteralmente i sensi del re. L’unica soluzione che restava era quella di sbarazzarsi definitivamente di quell’anello. L’arcivescovo allora decise di gettarlo nel lago di Costanza. Così Carlo Magno si legò al lago trascorrendo, pieno di nostalgia e di pensieri, la sua vecchiaia, passeggiando sulle sue rive.

C’è una certa fissità all’oggetto. C’è una fissità che non è ripetizione. La ripetizione  è l’anello anche se l’oggetto d’amore cambia (ragazzina, arcivescovo, lago). Questo anello è un oggetto che si sposta. Come nella lettera rubata: la lettera prima ce l’ha la regina, poi… . La lettera femminilizza. Il soggetto che ne cade in possesso diventa oggetto di interesse in quanto possiede la lettera, che  è il vero oggetto desiderato. È un oggetto fondamentale che si sposta da un soggetto ad un altro, è l’oggetto d’amore. È questo l’automatismo dell’amore che sviluppa Miller X –>a=  S–>a, x–>S = S–>a.