Il senso comune (parte 1)

Forte ascendenza sembra aver esercitato, sul pensiero di Vico, il “De voluptate” di Lorenzo Valla, nel quale, ci ricorda il Lollini : << emerge una rivendicazione del senso comune come realtà primordiale, originaria, che si pone come importante precedente nella ricerca delle “ origini” e del “dizionario mentale” comune dell’umanità, che costituisce uno dei temi centrali della Scienza nuova >>.[1] Nel dialogo di Valla, Leonardo Bruni rifiuta la sensibilità umana e le sue inclinazioni istintuali, abbracciando la tesi secondo la quale è la ratio umana ad essere l’unica e assoluta legislatrice del reale, la sola capace di demolire il male intrinseco, connaturato alla sensibilità dell’ uomo; di contro, invece, l’altro personaggio del dialogo, Antonio Panormita, considera il senso comune come l’unico principio normativo dell’esperienza umana, il quale si fonda su un sentire comune, che diventa il vero ed originario strumento di conoscenza.[2]

A tal proposito, bisogna ricordare, qui solo di passaggio, come la scoperta del “sensus communis” anticipi alcune importanti argomentazioni svolte da alcuni pensatori contemporanei sul linguaggio, mi riferisco in particolare a L. Wittgenstein e a S. Kripke, solo per fare qualche nome.

Il De voluptate – dicevosarà un’opera importante per Vico anche perché in esso ritroviamo quello che poi diventerà uno dei cardini del pensiero vichiano: il primato della poesia e della retorica sul pensiero inteso sempre, qui, come procedimento logico-deduttivo. E la cosa più interessante, a mio modo di vedere, è che la filosofia vichiana non conduce  alla semplice fondazione della o di una dottrina estetica, ma piuttosto dà luogo alla ricostruzione del dizionario mentale della comunità a fini meramente conoscitivi, dove la poesia e la retorica sono le tracce più profonde e limpide grazie alle quali individuare quei caratteri poetici comuni a tutti i popoli << L’arte non [è ] semplicemente un modo sensibile di percepire la realtà, ma conoscenza in senso pieno, per nulla secondaria o subordinata rispetto alla conoscenza concettuale. Da questo punto di vista la riflessione sul valore conoscitivo della poesia sembra essere il lascito più duraturo della Scienza nuova >>.[3]


[1] M. Lollini, Le Muse, le maschere e il sublime, G.B. Vico e la poesia nell’età della <<ragione spiegata>>, in “Bollettino del Centro di Studi Vichiani”, n. 22, p. 45.

[2] Cfr. L. Valla, De Voluptate, in Opera Omnia, Torino, UTET,1962, pp. 896-999.

[3] M. Lollini, Op. cit., p. 89.