Il caso Aimé (1932)

Un prototipo di paranoia

Lacan seguì, negli anni 30’, circa quaranta casi di psicosi, venti dei quali di psicosi paranoica. Scelse di approfondire lo studio di uno di essi, il caso Aimée, sul quale costruì la sua tesi di dottorato in medicina. Lo scelse per la costanza con cui si dedicò alla sua osservazione, infatti Aimée fu seguita quotidianamente per quasi due anni e lo scelse anche per il “carattere particolarmente dimostrativo del caso”[1]: essendo una “descrizione concreta, e non una sintesi descrittiva”[2], ha in sé molte caratteristiche prototipiche della paranoia in grado di far emergere la logica del funzionamento che si trova alla base.

Lo psichiatra francese concepisce il caso Aimée come un “prototipo” di paranoia di autopunizione e non come un nuova categoria nosologica, sostenendo di non voler “[…] aumentare di una nuova entità la nosologia psichiatri ca già tanto pesante”[3], di non voler “aggiungere […] alle classificazioni esistenti una nuova entità morbosa di cui ci sarebbe impos sibile sostenere l’autonomia”[4], e di non pretendere “in nessun mo do di individuare i limiti di una vera e propria entità morbosa”[5].

Egli si pone due domande fondamentali:

  1. “La psicosi del nostro caso rappresenta un ‘processo’ organo-psichico?”[6]
  2. “La psicosi del nostro caso rappresenta una reazione a un conflitto vitale e a traumi affettivi determinanti?”[7]

La psicosi para noica emerge a partire da un arresto dello sviluppo della personalità che produce una “struttura mentale anomala”[8]. Così dicendo, egli si allontana dalle teorie che concepiscono la paranoia come disturbo organico. Lacan individua alcune caratteristiche che si troverebbero alla base di questa “anomalia”:

  1. le “situazioni vitali,
  2. i “tipi di struttura concettuale prelogica”
  3. e le “pulsioni aggressive (soprattutto omicide)”

Questi aspetti sono per lui fondamentali per una “classificazione naturale, una patogenia comprensibile,una prognosi razionale”, obiettivi indispensabili per far avanzare la “terapia”  che fino a quel momento ha prodotto effetti “deludenti”[9].

Breve ricostruzione del caso

Una donna chiamata Marguerite (38 anni), si rende protagonista di un attentato ai danni della celebre attrice, Mme Z., accusata, insieme ad un famoso accade mico letterato, di essere l’autrice di un complotto volto a far scoppiare uno “scandalo” che avrebbe avuto come vittima la stessa Marguerite. Il tentato omici­dio non riesce e la donna viene incarce rata e successivamente ricoverata nella clinica Sainte-Anne. Il dottor Truelle fa una diagnosi di “delirio sistematico di persecuzione con sfondo interpretativo, tendenze megalomaniche, e sostrato erotomaniacale”[10]. Lacan viene a conoscenza del caso ed inizia ad occuparsene: la chiama Aimée, “Amata”, nome del personaggio principale di un romanzo scritto da lei stessa e mai pubblicato. Il nome rappresenta contemporaneamente “il nome del suo sintomo mostrando la sua posizione erotomaniaca”[11] .

Aimée, dieci anni prima, quando ebbe la sua prima gravidanza, manifestò le prime idee di persecuzione: credeva che i suoi familiari volessero la morte del suo bambino. Di fatto la bimba nacque morta e di fronte a tale drammatico evento reagì attribuendo la responsabilità dell’accaduto ad un’amica che l’aveva telefonata per avere notizie sul parto. Fin da allora emerge nel suo delirio la presenza del persecutore femminile, che di fatto l’accompagnerà fino all’attentato compiuto molti anni dopo. Lacan  sostiene che “la cri stallizzazione ostile sembra risalire ad allora”[12].

Dopo un anno ebbe un’altra gravidanza che la rende madre di un bambino. Su questo figlio costruisce tutto il suo delirio: Aimeé crede che ci sia un complotto della famiglia finalizzato a sottrargli il figlio. Reagisce manifestando il desiderio di partire per l’America con il suo bambino dove spera di raggiungere il successo letterario. È in questo periodo che i familiari chiedono ed ottengono che lei venga ricoverata: Aimeé non si oppone manifestando addirittura il suo consenso. Dopo un ricovero di alcuni mesi, ottiene qualche miglioramento, sebbene, come sottolinea Lacan, senza guarire[13]. Dopo il ricove ro vive da sola a Parigi dedicandosi intensamente allo studio e alla scrittura, ma senza rinunciare ai deliri persecutori. Resterà per molto tempo convinta che sia in atto un complotto organizzato per portargli via il figlio; di conseguenza la rete delle persecutrici si amplierà via via, l’ultima sarà proprio l’attrice vittima dell’attentato.

Configurazione famigliare

La madre

Lacan effettua un’attenta analisi della configurazione familiare di Aimeé, focalizzandosi su alcuni aspetti particolarmente significativi.

La madre ha un legame molto forte con Aimeé. È lei stessa a scegliere il suo nome, Marguerite,  nome che è appartenuto ad un’altra figlia persa tragicamente in un incidente in cui bruciò viva dopo essersi accostata troppo vicino al fuoco. Questo tragico fatto segnò irreparabilmente la vita della paziente. Suo figlio Didier Anzieu, definirà la madre “una morta vivente”, sottolineando che “non è un caso [che abbia] passato la sua vita a moltiplicare i mezzi per sfuggire alle fiamme dell’inferno”, subendo il proprio “destino tragico”[14].

L’interpretazione del caso si impernia attorno alla figu ra della sorella, ma Lacan non trascura l’importanza della madre. I familiari della paziente raccontarono con enfasi e ripetutamente della “violenta emozione subi ta dalla madre [di Aimée] durante la gestazione” della figlia[15]. Il rapporto madre-figlia si configura come un’amicizia e non come una relazione genitore-figlio. La madre di Aimeé è una donna “interpretativa”, anche lei affetta da gravi disturbi psichici; in particolare, da anni produce un delirio che si aggrava proprio dopo l’internamento della figlia. Lacan sottolineerà la “similarità dello sviluppo psi chico”[16]: il delirio di Aimée sembra riprendere alcuni aspetti tematici del delirio della madre. Lacan parla a tal proposito di:deliri a due, dove diventa impossibile identificare quale sia il soggetto indotto e quale quello induttoresottolineando la presenza di follie simultanee, deliri convergenti e un’anomalia psichica che coinvolge sia il genitore che il figlio. Ma nonostante tali evidenze lo psichiatra francese non ricorrerà mai al concetto di “trasmissione ereditaria”, per lui “l’anamnesi mostra sempre”[17] una trasmissione del disturbo spiegabile a partire dall’influenza dell’ambiente.

In una nota egli accenna ad una possibile interpretazione alternativa del caso, incentrata proprio sul ruolo della madre. L’esempio materno, la sua storia, avrebbe “reso intollerabile per Aimée l’accesso alla maternità”[18]. A tal proposito Lacan parla di “perversione dell’istinto materno con pulsione al delitto”, pulsione che “spiegherebbe l’organizzazione centrifuga” del delirio […]; la sua rimozio ne consentirebbe di interpretare una parte del comportamento delirante co me una fuga lontano dal bambino […]. Inoltre ci fornirebbe una nuova spiegazione della guarigione […]: l’appagamento autopunitivo, fondamento della guarigione, sarebbe stato in parte determinato dalla “realizzazione” della perdita definitiva del figlio[19]. Jean Allouch, in un suo scritto intitolato “Un cas, une thèse, deux interprétations”, insiste sulla duplice ver­sione interpretativa del caso Aimée, sostenendo che tale questione non è stata sufficientemente sviluppata da parte di Lacan[20].

La sorella

Aimée catalizza il suo desiderio e le sue deliranti preoccupazioni quasi esclusivamente intorno alla figura del figlio e ciò, ad un certo punto, si rivela insopportabile per lei: egli si pacifica proprio nella “separazione” da lui, dopo l’attentato a Mme Z. . Tale distacco, che inizia durante il periodo trascorso in prigione, la libera da quel “godimento intensivo”[21], intollerabile, intorno al quale si costruisce la maggior parte del suo delirio.

Tuttavia Lacan incentra la sua analisi del caso sul ruolo assunto da un’altra figura, la sorella maggiore. Vedova, senza figli e dalla personalità contraddistinta da una evidente nevropatia e bisognosa di “compensazione affettiva”. Ella si trasferisce presso l’abitazione di Aimée (da poco sposata), intromettendosi nella vita familiare della sorella con invadenza e trovando “la sua consolazione nel ruolo di madre ottenuto con il figlio della sorella”[22]. È proprio nel “conflitto morale”[23] con la sorella che Lacan individua il “nu cleo” della genesi storica della psicosi, la cui struttura si mostra “interamen te dominata dal destino del complesso fraterno”[24].

Aimeé subisce l’intrusione della sorella che “prende il suo posto” e che cerca di sostituirla nel ruolo di madre. Ella è convinta, seppur senza esplicitarlo, che la sorella sia intenzionata a portargli via il figlio: è su questa idea che costruirà il suo delirio in questa fase. Il rapporto tra le due sorelle si articola attraverso un continuo alternarsi di amore e odio. Tale ambivalenza non gli consente di esplicitare le sue accuse e contemporaneamente alimenta il suo “com portamento autopunitivo”[25]. La so rella esercita su di lei un forte potere e ciò non le consente di esternare l’amarezza che prova, “ne è dominata, in quanto rappresenta in un certo senso l’immagi ne stessa dell’essere che lei non può realizzare”[26]. Aimeé si difende dall’odio che prova attraverso una “reazione di negazione (Verneinung) del più puro dei tipi di cui la psicoanalisi ci abbia insegnato a riconoscerne le ca ratteristiche e il valore”[27], ella “sposterà incessantemente il suo odio su oggetti sempre più lontani dall’oggetto reale”, sempre più inarrivabili. Il suo delirio rappresenta per Lacan una “reazione di fuga davanti all’atto ag gressivo”[28], il suo delirio si ha partire da una “trasposizione sempre più centrifuga”[29] dell’odio che si allontana dall’oggetto verso il quale è diretto, la sorella. Successivamente, le persecutrici saranno donne senza un vero e proprio legame con la sua vita: avranno un “signifi cato esclusivamente simbolico”[30], saranno riproduzioni di un prototipo dal “duplice valore”[31]: “affet tivo” e “rappresentativo”, in quanto raffiguranti la donna ideale.

L’amica

Lacan evidenzia che “il persecutore principale del sog getto è sempre del suo stesso sesso, inoltre è identico a, o perlomeno rap presenta chiaramente, la persona dello stesso sesso cui il soggetto è più profondamente legato per la sua storia affettiva”[32]: per Aimée le persecutrici, di volta in volta, saranno sostituti della sorella, individuati mediante una “identificazione iterativa”[33]. Qui Lacan fa un “uso quasi ‘strutturalista’ […] del termine sostituto (o sostituzione), poiché in effetti, in queste figure sostitutive che prendono l’una il posto dell’altra, possiamo considerare che si tratti di variabili di una funzione […] f (x): in cui la funzione di persecuzione (f) sarebbe di volta in volta accompagnata da una variabile (x) che sostituisce l’oggetto dell’odio reale ed originario, ossia la sorella”[34].

Il criterio dell’identificazione iterativa funziona anche per una collega d’ufficio, sua cara amica, espansiva,designata come una intrigante raffinata[35]. “L’una l’ombra dell’altra”[36], le loro personalità si contrappongono “come all’oggetto la sua immagine capovolta nello specchio”[37]. Aimée conquistata da questa figura così intraprendente e carismatica, si sentirà posta dinnanzi all’immagine (di se stessa) che non riuscirà mai a realizzare. Lacan ci restituisce un aneddoto in cui Aimée dice all’amica: “Mi sento maschile” e l’amica risponde: “Tu sei maschile”. La relazione con l’amica conduce Aimeé in uno stato diinversione psichica avvalorata anche da una “costante impotenza sessuale […] e dai suoi successivi accessi di dongiovannismo, il cui valore sintomatico […] di in versione sessuale larvata è dimostrato dalle ricerche psicoanalitiche”[38].

Gelosia di proiezione

In quest’ultimo caso e in tutte le altre persecutrici, la paziente sembra trovare “copie di un tipo eroico” dotate di valore “più rappresentativo che personale”[39]: il modello di donna appagata, libera, famosa, influente in cui Aimée trova il suo modello di donna ideale. Attrici, letterate, donne di mondo, che incarnano la sua speranza di divenire una “donna di lettere e di scienza”[40]. L’ideale si trova nello “scarto”, sempre presente seppur con modalità variabili, rintracciabile tra le due componenti alla base della personalità: lasintesi che “crea armonia tra le nostre tendenze”[41] e l’intenzionalità, il “giudizio”, che “orienta l’essere”. L’ideale si forma a partire dalla separazione tra questi elementi fondativi della personalità: sin dall’inizio l’indi viduo si rivela lacerato contro se stesso. La madre-Aimeé, completamente assorbita dal figlio, reperisce in queste don ne il proprio ideale che risulta essere amato ma al tempo stesso odiato perché in opposizione con la rappresentazione che ella ha, di volta in volta, di se stessa. Nata e cresciuta in un ambiente sociale provinciale, Aimée aggredisce un personaggio ricco e famoso che incarna l’ideale da sempre ambito. La patologia si sviluppa a partire da una alternanza narcisistica: il tentativo di realizzare l’ideale e contemporaneamente di negarlo con tutta se stessa, di volta in volta, passando dalla passione forte per alcune donne alla convinzione di essere perseguitata da queste ultime. Lacan definisce il delirio “l’equivalente intenzionale di una pulsione aggressiva insufficientemente socializzata”[42].

Lo psichiatra francese riprende il famoso caso di Schreber[43] e scrive:

“Freud, in una celebre analisi, ha notato come i diversi temi del delirio paranoico possono dedursi, in un modo che potremmo dire grammaticale, dalle varie negazioni contrapponibili alla seguente confessione libidica: Lo amo (l’oggetto di amore omosessuale). La prima negazione possibile: si presenta in Aimée in quasi tutte le forme comprese nel quadro paranoico: Non lo amo. Lo odio, proiettata secondariamente in Mi odia, offre il tema di persecuzione. Questa proiezione secondaria è immediata nella fenomenologia tipica dell’odio e può fare a meno, ci sembra di ogni ulteriore commento. La seconda negazione possibile: Non lo amo. Amo lei (l’oggetto di sesso opposto), proiettata secondariamente in Lei mi ama, offre il tema erotomaniacale. In questo caso la proiezione secondaria, tramite la quale l’iniziativa amorosa proviene dall’oggetto, sembra implicare l’intervento di un meccanismo delirante specifico, che Freud lascia nell’oscurità. La terza negazione possibile: Non lo amo. È lei che lo ama, offre, con o senza inversione proiettiva, il tema della gelosia. Esiste infine, dice Freud, una quarta negazione possibile, che verte complessivamente su tutta la formula e dice: Non lo amo. Non amo nessuno. Amo solo me. Essa spiegherebbe la genesi dei temi di grandezza che, nel caso analizzato da Freud, sono i temi di onnipotenza ed enormità, caratteristici della parafrenia. La regressione nel caso esaminato da Freud si spinge in effetti a uno stadio molto primitivo del narcisismo”[44].

Aimée è certa d’esser perseguitata quando, per la prima volta, si vede negata la speranza di divenire madre e quindi di realizzare il suo “essere-donna”. Ma proprio in questo passaggio ella inizia, seppur “allo stato di abbozzo”[45], la sua inversione psichica: rinnega la sua omosessualità e desidera quel figlio che dovrà sancire il suo “destino di donna”.

Il fallimento della sua prima maternità ha indotto, per Lacan, ad una “rimozione che, riattivando la componen te psichica omosessuale, ha dato al delirio la sua prima sistematizzazio ne”[46], nella configurazione di un’erotomania omosessuale diretta ad una serie di donne ideali, che “simbolizzano” il suo “ideale dell’io”.

Lo stesso accade per l’erotomania nei confronti del Principe di Galles, “col suo carattere di utopiatrascendentale, e l’atteggiamento mentale di platonismo puro”[47], che conferma la sua scarsa tendenza per i rapporti eterosessuali e che le consente di “misconoscere le proprie riprovate pulsio ni nei confronti del proprio sesso”. Inoltre, le accuse di tradimento mosse nei confronti del marito, che lo volevano protagonista di relazioni con delle attrici[48], sono spiegate da Lacan con il concetto freudiano di “gelosia di proiezione”: ciò che si esprime è in realtà “un’inconscia attrazione sessuale per il complice incriminato”[49].

Un primo incontro con Freud

La natura della guarigione ci dimostrerà la natura della malattia

Lacan, a differenza degli altri colleghi medici, a proposito della pacificazione raggiunta dopo l’aggressione, userà l’espressione “guarigione spontanea”, condizione raggiunta grazie all’appagamento del desiderio di autopunizione, tratto psichico distintivo della sua personalità: “La natura della guarigione ci dimostrerà la natura della malattia”[50]. Lacan analizza con estrema attenzione gli elementi che hanno condotto alla guarigione di Aimée. L’estinzione del delirio e la guarigione non si realizzano con il semplice passaggio all’atto nell’aggressione dell’attrice, ma solo dopo aver trascorso un periodo in carcere. Ella “non prova al­cun sollievo” dopo l’aggressione portata a termine. Colpendo l’attrice Aimeé colpisce il “proprio ideale esteriorizza to”[51], la propria immagine amata e odiata, dal valore puramente simbolico, ma il semplice passaggio all’atto non risolve definitivamente il suo desiderio di autopunizione. Ma quando si rende conto che in quel gesto ha “colpito se stessa” , in lei qualcosa cambia radicalmente[52]: muta la propria imma­gine percepita attraverso l’altro. Tale rettifica è resa possibile dall’effetto sanzionatorio e punitivo della legge. Il tempo passato in carcere, “il duro prezzo che paga nell’abiezione della prigione”[53], le consente di concretizzare la propria punizione, “il proprio castigo”, e ciò porrà fine al suo deli rio. Per i psicotici ‘passionali’, il passaggio all’atto, l’aggressione, comporta la ‘guarigione’ (seppur momentanea) dal delirio. Nei casi di paranoia di autopunizione, non è l’azione aggressiva in sé a modificare il comportamento del malato, ma invece sarà il cambiamento, “da parte dell’aggressore”[54], realizzato nella fase di espiazione della colpa attraverso il proprio castigo: l’aspetto normativo della legge inserisce nel quadro dinamico della situazione dei nuovi elemen ti di mediazione, che interrompono l’impasse narcisistico-speculare, ponendo fine anche al continuo rimando tra sé e la propria immagine. Lacan, in questa fase, considera il desideriocome “un certo ciclo di comportamento”[55], che si conclude con l’appagamento dello stesso, e cioè nel caso di Aimée, quan do il desiderio di esser punita viene soddisfatto finendo in carcere.

La psicosi nella sua totalità si presenta come “un ciclo di comportamento” che si organizza fondamentalmente attorno al desiderio ed al suo soddisfacimento, legato sempre, quest’ultimo, alleesperienze sociali, uniche in grado di do tare l’intero ciclo di un senso che oltrepassa il suo semplice compimento. In Aimée, la sanzione conseguente l’atto compiuto che “per il suo valore specificamente sociale non può essere designata che col termine punizione”[56], ha rappresentato la chiave di svolta per la dissolu zione del delirio.

Autopunizione, fissazione narcisistica ed oggettuale

Seguendo questa logica, il disturbo diviene comprensibile solo se analizzato “in funzione della personalità”, ovvero se si riconosce la sua natura psicogenica: l’anomalia autopunitiva ha senso solo se inserita nel campo segnato dalla dottrina freudiana che “attribuisce una parte rilevante dei disturbi mentali al metabolismo di un’energia psichica chiamata libido”[57]. Tale spinta energetica, “che oltrepassa di molto lo specifico desiderio sessuale dell’uomo adulto” e che “tende piuttosto ad identificarsi con ildesiderio, l’antico eros”[58], ha permesso alla psicoanalisi di porre l’accento sulla funzione degli istintieroti ci nella determinazione dei disturbi psichici. Per meglio comprendere i meccanismi autopunitivi studiati in questo caso, Lacan si sofferma sulla scansione dell’evolu zione della libido in stadi. Ognuno di questi si fonda sul rapporto con un specifico oggetto. Secondo Abraham l’investimento libidico si articola attraverso il passaggio dallo stadio anoggettuale dell’autoerotismo all’am bivalenza dello stadio narcisistico, per poi concludersi con l’investimento sugli og getti del mondo esterno[59]. In ognuno degli stadi, le fissazioni libidiche influenzano l’“elaborazione del mondo degli oggetti”[60]. Ogni stadio coincide con una specifica tipologia di investimento oggettuale, ogni fissazione darà luogo a dei disturbi prevalenti e il livello di regressione inciderà sulla maggiore o minore gravità della psicosi. Lacan evidenzia che “la teoria di una compensazione tra fissazioni narcisistiche e fissazioni oggettuali fece indiscutibilmente luce sulla comprensione dell’insieme delle psi cosi”[61].

I meccanismi autopunitivi “o del super-io”[62] sono collocati da Lacan nello stadio evolutivo denominatonarcisismo secondario, “tardivo” rispetto allo stadio autoerotico-narcisistico e differente da quest’ultimo perché in esso si ha la “prima differenziazione del mondo degli oggetti”, in questo stadio egli colloca anche il complesso di Edipo e quello di castrazione. Nello stadio del narcisismo secondario Freud pone lagenesi del Super-Io e delle funzioni di autopunizione, come risultato della “reincorpo razione all’io di una parte della libido, già proiettata sugli oggetti”[63], all’insegna del principio di piacere. In questo stadio si assiste alla “comparsa delle prime interdizioni morali nel bambino” e alla formazione di meccani smi autopunitivi connessi al principio morale e al principio di realtà. La fissazione a questo stadio comporta l’arresto degli investimenti libidici ad un’organizzazione sadico-anale, annodandosi pertanto a scelte oggettuali arcaiche.

Tale quadro teorico consente, secondo Lacan, di capire meglio il caso di Aimée. L’intenzione autopunitiva riscon trata nella donna è associabile alla fissazione libidica: dove risulta predominante l’“erotizzazione correlativa dell’organo anale, della tendenza sadica e dell’oggetto fraterno secondo una scelta omosessuale”[64]. La regressione libidica verso stadi arcaici è riscontrabile nella struttura dei contenuti del suo delirio, dove possiamo notare che le tematiche si agganciano fondamentalmente ad una estenuante difesa dalle pulsioni omosessuali. I fattori intorno ai quali si struttura la patologia di Aimée sono la fissazione narcisistica e la pulsione omosessuale, elementi rintracciabili, secondo Lacan, “da punti evolutivi della libido molto vicini”, “quasi contigui” nella fase di formazione del Super-Io, ed è per questo motivo che si può ipotizzare una “relativa benignità e curabilità”[65] di questo caso.

Lacan estrapola dalla dottrina psicoanalitica due postulati a partire dai quali analizza il caso. L’esistenza di “una certa tipicità di sviluppo della personalità” e l’esistenza di “una certa equivalenza o comune misuratra i vari fenomeni della personalità”, comprensibile grazie al concetto di “energia psichica” e cioè di “libido”[66].

A partire da questi postulati, dal loro esser connessi alla fissazione in un determinato sta dio dello sviluppo libidico e alla conseguente scelta oggettuale, Lacan si sente autorizzato a meglio comprendere l’anomalia autopunitiva emersa dallo studio del caso. Già in questa fase di iniziale avvicinamento alla psicoanalisi muove le prime critiche ai lettori di Freud, in particolare all’imprecisione con cui è stato articolato il concetto di narcisismo, “terra incognita […] il cui interno resta mitico e ignoto”[67], riferendosi in particolare agli studi di Abraham. Inoltre affermerà che la dottrina psicoanalitica è carente “per una in sufficiente distinzione tra le tendenze concrete, che manifestano questo Io e che come tali sono le sole a derivare da una genesi concreta, e la defini zione astratta dell’Io come soggetto della conoscenza. Basta infatti far riferimento allo studio di Freud per accorgersi che egli fa della “coscienza-percezione […] “il nucleo stesso” dell’Io”[68].

Ma alla pars destruens Lacan fa seguire subito la pars construens: grazie “all’immenso genio del maestro della psicoanali si”[69] è stato possibile conferire un ruolo determinante alla sessualità e alla storia infantile nella formazione delle varie forme psicopatologiche, in particolare, per lo studio della psicosi. Egli mette in evidenza come Freud abbia fatto luce su “tre ordini di fatti” precedentemente ignorati:

  1. “la prevalenza nella semeiologia concreta della personalità […] anteriormente alla psicosi, delle anomalie di comportamento relative alla sfera sessuale”;
  2. “la prevalenza nel determinismo eziologico della psicosi, di un certo conflitto”;
  3. “la prevalenza, nel valore patogenico del conflitto, del suo diretto collegamento con la storia affettiva infantile”[70].

Lacan, addirittura dirà che il fatto di non aver usato la tecnica psicoanalitica nella cura di Aimée “limita […] la portata e il valore” del suo trattamento[71].


Anticipazioni sul registro Simbolico

Il dentro e il fuori

Lacan sostiene in modo netto l’idea di una genesi sociale dei sintomi, che trovano la loro espressione, a partire dal rapporto  che il soggetto ha con l’am biente sociale. Egli parla di “significato personale” dei fenomeni elementari sempre in relazione all’Altro, concetto quest’ultimo, che come è noto, troveremo articolato più in avanti ma che, in embrione, intravediamo già in questa fase del suo pensiero: “il sintomo non si rivela mai a partire da una qualsiasi percezione […], ma piuttosto proprio da rapporti di naturasociale: con la famiglia, i colleghi, i vicini”, il delirio interpretativo è in realtà un “delirio di pianerottolo, di strada, di piazza”[72], in cui confluiscono i conflitti irrisolti che il soggetto ha con l’Altro.

Nei confronti dell’ambiente e delle persone Aimée matura un “sentimento di disaccordo”[73], che palesa la natura conflittuale dei suoi rapporti con l’esterno, il deli rio “significa […] sia il conflitto affettivo inconscio originario, sia l’atteggiamento autopunitivo adottato dal soggetto”[74]. Il delirio è il modo con cui ella partecipa immaginariamente al siste ma sociale che di fatto la vede esclusa: Aimée, la “contadina sradicata”, organizza il suo delirio intorno all’immagine della femme fatal, della donna di fama, “motivo conduttore tanto dell’ideale che dell’odio”[75]. Allo stesso tempo, l’Altro, diviene persecutore che è di volta in volta sarà incarnato da fi gure speculari che annulleranno ogni differenza tra il dentro e il fuori.

La genesi socia le della personalità

Dall’analisi delle tematiche emerse nei deliri di Aimée, Lacan isola la causa efficiente della psicosi: iconflitti vitali del soggetto. È  da questi che si determinano i temi del delirio, che esprimono un sim bolismo “senza deduzione logica cosciente”[76]. La “causa effi ciente” è connessa alla storia del soggetto e alle reazioni della personalità. Essa ha una funzione strutturante a questa causa, concependola però come “non specifica” e cioè: una certa tipologia di conflitto può manifestarsi in disparati individui, senza che però su tutti abbia la medesima influenza e cioè, nel nostro caso, sia causa di psicosi. La “causa efficiente” è necessaria affinché si manifesti la psicosi, ma non è sufficiente. Lacan sostiene che la “causa specificadella reazione psicotica” è costituita da un insieme di fattori, in particolare da:

  1. un’anomalia specifica della personalità “definibile in fatti concreti della storia affettiva del sogget to, dei suoi progressi intenzionali, dei suoi comportamenti sociali”;
  1. un’anomalia dello sviluppo tipico della personalità, “anomalia comprensibile”, fondata sulle funzioni del Super-Io;
  1. un’anomalia “globale” delle funzioni della personalità, “anomalia evolutiva […] espressione di una fissazione affettiva” allo stadio in cui si forma il Super-Io[77].

Per Lacan la psicosi rappresenta una “modalità reattiva del la personalità” e va collocata sempre all’interno delle “situazioni vitali”, a partire dal si gnificato umano che esse assumono per il soggetto, al conflitto morale ad esse sotteso e alla storia personale del soggetto. I un altro scritto successivo alla Tesi, Lacan introduce il concetto di “inclinazione acquisita” che ci aiuta a comprendere la relazione intercorrente tra ano malia e storia soggettiva. Abbiamo da un lato, la storia vissuta dal soggetto, le condizioni reali che sono alla base dell’arresto evolutivo della personalità ad una determinata fase: ciò rappresenta la fissazione che produce l’inclinazione acquisita, e cioè la predisposizione maturata durante lo svolgersi della storia concre ta. Tale propensione è alla base della reazione psicotica anche se quest’ultima potrebbe non scatenarsi mai. Dall’altro lato, la condicio sine qua non per lo scatenamento psicotico è il verificarsi di una situazione vitale somigliante a quella dell’“iniziale complesso patogeno”[78]. La “situazione vitale” associata ad “un’incli nazione acquisita” può slatentizzare la predisposizione a quella determinata reazione. Lacan qui sembra dar adito all’idea di una genesi reattiva della psicosi, in op posizione alle teoriecostituzionaliste, basate sull’innatismo e l’ere ditarietà: “la costituzione può esprimere soltanto una fragilità organica riguardo a una causa patogena esterna alla personalità”[79]. Lacan accetta “a priori […] soltanto in ultima analisi, il carattere innato di una proprietà detta costituzionale, se si tratta di una funzione il cui sviluppo è legato alla storia dell’individuo, alle sue esperienze, e all’educazione che ha ricevuto”[80]. Viene messo in evidenza il punto di vista sociale : “la genesi socia le della personalità […] offre la chiave della natura autentica delle relazioni di comprensione”[81].  “Noi osserviamo la condotta di un organismo vivente: e questo organismo appartiene a un essere umano. Come organismo presenta reazioni vitali totali, che, a prescindere dai loro intimi meccanismi, hanno un carattere orientato verso l’armonia dell’insieme; come essere umano, una notevole proporzio ne di queste reazioni assume senso in funzione dell’ambiente sociale che esercita un ruolo primordiale nello sviluppo dell’animale-uomo[82].

Lacan sostiene che ci sia, in altri termini, “acquisizione anche dell’innato”, insistendo molto sull’importanza delle circostanze esterne, dell’ambiente, delle situazioni vitali che contribuiscono alla strutturazione della personalità: sembra qui già di poter leggere quel lavorio concettuale che lo porterà alla formulazione teorica del ruolo strutturante dell’Altro per il soggetto.

I fenomeni della personalità non si generano da meccanismi automatici o istintuali. In ogni reazione entra in gioco il rapporto che il soggetto ha con l’ambiente. Gli individui non subiscono in modo passivo ciò che giunge dal mondo esterno, essi si mettono invece in relazione con l’ambiente sociale. Il siste ma sociale sembra qui rappresentare l’anticipazione del registro Simbolico, del luogo dell’Altro: la personalità si struttura so lo grazie a questo registro, a partire dal quale le reazioni umane assumono senso.


 

[1] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità (1932), Einaudi, To rino, 1980, p. 139

[2] Jacques Lacan, op. cit., 248

[3] Jacques Lacan, op. cit., 246

[4] Jacques Lacan, op. cit., 248

[5] Jacques Lacan, op. cit., 249

[6] Jacques Lacan, op. cit., 191

[7] Jacques Lacan, op. cit., 202

[8] Jacques Lacan, Esposizione generale dei nostri lavori scientifici (1933), in Della psicosi para noica…, op.cit., p. 371

[9] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., p. 329

[10] Jacques Lacan, op. cit, p. 142.

[11] Daniele Silvestre, Le cas Aimée de Jacques Lacan, 1983, in Le sujet dans la psychose,  Paranoïa et Mélancholie (pp. 55-64), Z’éditions, Nice, p. 56

[12] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., 148

[13] Jacques Lacan, op. cit, 149

[14] Didier Anzieu, “Un peau pour les pensées”, p. 16, cit. in Andre Bolzinger, “Manoeuvres autourd’un cas”, in L’EvolutionPsychiatrique, 57, I, 1922, p. 112

[15] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., p. 162

[16] Jacques Lacan, op. cit, p. 204

[17] Jacques Lacan, op. cit, p. 265

[18] A. Bolzinger, op. cit., p. 114

[19] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., p. 246.

[20] J. Allouch, Marguerite ou l’Aimée de Lacan, EPEL, Paris, 1990.

[21] Francoise Schreiber, “Remarques cliniques sur le cas Aimée”, in Ornicar?, n. 44, Navarin, Paris, gennaio-marzo 1988 (pp. 39-43), p. 41

[22] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., pp 213-214.

[23] Jacques Lacan, op. cit., 242

[24] Jacques Lacan, Motivi del delitto paranoico: il delitto delle sorelle Papin (1933), in Della psicosi paranoica…, op. cit., 365.

[25] Ibid.

[26] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., p. 215

[27] Jacques Lacan, op. cit., pp 215-216

[28] Jacques Lacan, op. cit., p. 217

[29] Jacques Lacan, op. cit., p. 263

[30] Jacques Lacan, op. cit., p. 233

[31] Jacques Lacan, op. cit., p. 234

[32] Jacques Lacan, op. cit., pp. 253-254

[33] Jacques Lacan, op. cit., p. 276

[34] Daniele Silvestre, “Le cas Aimée de Jacques Lacan”, op. cit., p. 58

[35] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., pp. 208-209

[36] Jacques Lacan, op. cit., p. 210

[37] Jacques Lacan, op. cit., p. 209

[38] Jacques Lacan, op. cit., p. 210

[39] Jacques Lacan, op. cit., p. 152

[40] Jacques Lacan, op. cit., p. 155

[41] Jacques Lacan, op. cit., p. 25

[42] Jacques Lacan, op. cit., p. 314

[43] Sigmund Freud, Osservazioni cliniche su un caso di paranoia, in Casi clinici e altri scritti 1909-1912, Opere di Sigmund Freud, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, Vol. 6: pp. 342-406

[44] Jacques Lacan, Della psicosi paranoinca…, op. cit., p. 242

[45] Jacques Lacan, op. cit., p. 210

[46] Jacques Lacan, op. cit., p. 244

[47] Ibid.

[48] Jacques Lacan, op. cit., p. 245

[49] Ibid.

[50] Jacques Lacan, op. cit., p. 230 (il corsivo è di Lacan)

[51] Jacques Lacan, op. cit., p. 234

[52] Jacques Lacan, op. cit., p. 231

[53] Jacques Lacan, Discorso sulla causalità psichica (1946), in Scritti, op. cit., p. 64

[54] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…,, p. 231

[55] Jacques Lacan, op. cit., pp. 290-291

[56] Jacques Lacan, op. cit., p. 291

[57] Jacques Lacan, op. cit., p. 236

[58] Jacques Lacan, op. cit., pp. 236-237

[59] Cfr. Karl Abraham, Ricerche sul primissimo stadio evolutivo pregenitale della libi do, Opere, voi. I, Torino, 1975

[60] Jacques Lacan, op. cit., p. 238

[61] Jacques Lacan, op. cit., p. 239

[62] Jacques Lacan, op. cit., p. 240

[63] Jacques Lacan, op. cit., p. 240

[64] Jacques Lacan, op. cit., p. 301

[65] Jacques Lacan, op. cit., p. 245

[66] Jacques Lacan, op. cit., p. 301

[67] Jacques Lacan, op. cit., p. 303

[68] Jacques Lacan, op. cit., p. 304

[69] Jacques Lacan, op. cit., p. 305

[70] Jacques Lacan, op. cit., p. 299

[71] Jacques Lacan, op. cit., p. 284

[72] Jacques Lacan, op. cit., pp. 195-196

[73] Jacques Lacan, op. cit., p. 210

[74] Jacques Lacan, op. cit., p. 253

[75] Jacques Lacan, op. cit., p. 298

[76] Jacques Lacan, op. cit., p. 325

[77] Jacques Lacan, op. cit., p. 326

[78] Jacques Laca, Esposizione generale dei nostri lavori scientifici (1933), in Della psicosi para noica…, op.cit., p. 372

[79] Jacques Lacan, Della psicosi paranoica…, op. cit., p. 45

[80] Jacques Lacan, op. cit., p. 43

[81] Jacques Lacan, op. cit., p. 34

[82] Jacques Lacan, op. cit., p. 228