Giove o della “divina bestialità” (parte 2)

Nell’ultimo post abbiamo accennato al tema dell’allargamento della concezione triadica della storia anche alla nascita del linguaggio.  Oggi aggiungiamo che, Vico, precisa alcune sfumature molto importanti, e cioè, che “la lingua degli dèi fu quasi tutta muta, pochissima articolata; la lingua degli eroi, mescolata egualmente e di articolata e di muta […] la lingua degli eroi, quasi tutta articolata e pochissima muta”[1].

Quindi nonostante la “diacronizzazione” triadica, e senza tener conto della concezione ciclica del tempo di Vico,  almeno per quanto riguarda il linguaggio poetico, i tre stadi, quello degli dèi, degli eroi e infine degli uomini, cooperano “pancronisticamente”[2] tra loro. Gli  stadi appaiono cioè, tutti e tre, contemporaneamente, in ognuno degli stadi presi singolarmente.

Giove è il primo carattere poetico, il padre delle nove muse. Le arti nacquero dalla religione ed ogni nazione ebbe il proprio Giove. I primitivi, come i fanciulli, per difetto di raziocinio, proprio per l’incapacità di formulare generi intelligibili,  insomma per propria natura si finsero Giove, che divenne “nome poetico”, “nome fantastico”, essenza delle favole. Tutti gli attributi, l’intero “cesto” delle proprietà che dovrebbero caratterizzare, individuare un referente, venivano in un solo colpo raccolte e relazionate i base al principio della “somiglianza”. Questa capacità di “unificare”, garantendo simultaneamente l’esistenza autonoma delle parti unificate, trova la sua  realizzazione proprio nella stretta “relazione”  (e non sterile fusione) , nel rapporto, nell’interconnessione, nella tensione di queste parti tra loro, cosa questa riscontrabile solo nel “mostrarsi spontaneo” della creazione poetica che nomina le cose senza far vedere troppo, senza affermare troppo, senza illuminare troppo. Tutto ciò non può essere il frutto di  un << ostinato studio dell’arte >>: << in ogni facultà uomini, i quali non vi hanno la natura, vi riescono con ostinato studio dell’arte; ma in poesia è affatto niegato di riuscire con l’arte chiunque non vi ha la natura >>[3] .


[1]Ibidem.

[2]Per il concetto di pancronia o meglio, per una sua confutazione, si veda F. d. Saussure, Corso di linguistica generale, cit., pp. 115-116.

[3] Ivi, 213.