Funzione e campo: la soddisfazione simbolica

“Il complesso edipico lo riconosciamo come quello che sempre copre con la sua significazione l’intero campo della nostra esperienza […]. La legge primordiale è dunque quella che regolando l’alleanza sovrappone il regno della cultura al regno della natura, in balia della legge dell’accoppiamento. La proibizione dell’incesto non è quindi che il cardine soggettivo”[1]. Il desiderio del soggetto domanda di un oggetto ma chiede del desiderio dell’Altro ovvero del desiderio desiderato dell’Altro. “Il desiderio dell’uomo trova il suo senso nel desiderio dell’altro, non tanto perché l’altro detenga le chiavi dell’oggetto desiderato, quanto perché il suo primo oggetto è di essere riconosciuto dall’altro”[2]. L’oggetto del desiderio non è l’oggetto del desiderio dell’altro, ma è il desiderio dell’Altro ad essere il vero oggetto del desiderio. A tal proposito Lacan parla di “soddisfazione simbolica”  che è in grado di porre fine all’oscillamento immaginario del desiderio. Tale soddisfazione simbolica è possibile proprio perché la domanda di riconoscimento che il soggetto pone all’altro può avere un suo riconoscimento simbolico nell’Altro. Il desiderio in questo modo può liberarsi dalla deriva immaginaria, sempre oscillatoria e cangiante. Il desiderio ha la possibilità così, di entrare in una struttura simbolica. Il desiderio diventa domanda di riconoscimento, ovvero desiderio dell’Altro, desiderio di essere desiderato dal desiderio dell’Altro. “L’uomo “risulta” umano quando rischia la vita per soddisfare il suo Desiderio umano, cioè quel Desiderio che si dirige su un altro Desiderio. Ora, desiderare un Desiderio è voler sostituire se stesso al valore desiderato da questo Desiderio. Infatti, senza questa sostituzione si desidererebbe il valore, l’oggetto desiderato, non il Desiderio stesso. Desiderare il Desiderio di un altro è dunque, in ultima analisi, desiderare che il valore che io sono o che io rappresentato sia il valore desiderato da quest’altro: voglio che egli ‘riconosca’ il mio valore come suo valore, voglio che egli mi ‘riconosca’ come un valore autonomo. Detto altrimenti, ogni Desiderio umano, antropogeno, è in fin dei conti, funzione del desiderio di ‘riconoscimento’”[3].


[1] J. Lacan, op. cit., p. 270

[2] J. Lacan, op. cit., p. 261

[3] AA.VV., La Psicoanalisi, Astrolabio, Rom,  n. 20, pp. 190-223