Al di là del principio di piacere (1920)

1-2, 193-203. La teoria psicoanalitica afferma che il flusso degli eventi psichici è regolato automaticamente dal principio di piacere; il flusso di questi eventi è sempre stimolato da una tensione spiacevole e il suo risultato finale coincide con un abbassamento di questa tensione. L’apparato psichico si sforza di mantenere il più possibile bassa la quantità di eccitamento. Sotto l’influenza delle pulsioni di autoconservazione dell’Io, il principio di piacere è sostituito dal principio di realtà. Un’altra fonte di dispiacere è data dai conflitti e dalle scissioni che si verificano nell’apparato psichico mentre l’Io realizza il suo sviluppo verso forme di organizzazione più complesse. La maggior parte del dispiacere che proviamo è un dispiacere “di percezione”. Lo studio dei sogni può essere considerato il metodo più affidabile per l’esplorazione dei processi psichici profondi. La vita onirica delle persone affette da nevrosi traumatica ha la caratteristica di riportare continuamente il malato nella situazione del suo incidente, da cui egli si risveglia con rinnovato spavento. Un gioco che un bambino di un anno e mezzo si era inventato da sé si rivelò essere in rapporto con il grande risultato di civiltà raggiunto dal bambino, e cioè con la rinuncia pulsionale, che consisteva nel permettere senza proteste che la madre se ne andasse. All’inizio il bambino era stato passivo; aveva subìto l’esperienza; poi invece, ripetendo l’esperienza, che pure era stata spiacevole, sotto forma di gioco (il “gioco del rocchetto”), assumeva una parte attiva. Per spiegare il gioco non è necessario supporre l’esistenza di una particolare pulsione imitativa. Anche sotto il dominio del principio di piacere, esistono mezzi e vie per trasformare ciò che in sé è spiacevole in qualcosa che può essere ricordato ed elaborato.

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204-09
Ai suoi inizi la psicoanalisi era soprattutto un’arte dell’interpretazione. Poiché con ciò non veniva risolto il problema terapeutico, ben presto la psicoanalisi si propose uno scopo ulteriore: obbligare il malato a confermare la costruzione dell’analista mediante i suoi ricordi. In questo tentativo l’accento principale cadde sulle resistenze, e l’abilità del medico consisteva nel metterle allo scoperto, il più presto possibile, nell’indicarle al malato e nell’indurlo ad abbandonarle. Tuttavia il malato non può ricordare tutto ciò che in lui è rimosso, forse non ricorda proprio l’essenziale. È costretto a ripetere il contenuto rimosso anziché a ricordarlo come parte del suo passato. Queste riproduzioni hanno sempre come oggetto una parte della vita sessuale infantile. Se il trattamento ha raggiunto questa fase, si può dire che la vecchia nevrosi è stata sostituita da una “nevrosi di traslazione”. Il medico deve consentire al paziente di rivivere una certa parte della sua vita passata, e provvedere, d’altro lato, affinché egli conservi un certo grado di razionale distacco. Non c’è dubbio che la resistenza dell’Io conscio e preconscio si pone al servizio del principio di piacere: essa vuole infatti evitare il dispiacere che sarebbe prodotto dalla liberazione del rimosso. La prima fioritura della vita sessuale infantile è destinata a estinguersi perché i desideri che essa alimenta sono incompatibili sia con la realtà sia con l’inadeguato sviluppo del bambino. I nevrotici ripetono dunque nella traslazione tutte queste situazioni indesiderate e questi dolorosi stati affettivi facendoli rivivere con grande abilità. Ciò che la psicoanalisi svela a proposito dei fenomeni di traslazione dei nevrotici si può ritrovare anche nella vita di persone non nevrotiche che suscitano l’impressione di essere perseguitate dal destino o vittime di qualche potere “demoniaco”.

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210-19
La speculazione psicoanalitica prende le mosse dall’impressione, suscitata dall’indagine dei processi inconsci, che la coscienza non possa essere la caratteristica più universale dei processi psichici, ma solo una loro specifica funzione. La coscienza fornisce essenzialmente percezioni di eccitamenti che provengono dal mondo esterno, nonché sensazioni di piacere e dispiacere che derivano dall’interno dell’apparato psichico. Il sistema C (coscienza) avrebbe dunque la peculiare caratteristica che in esso i processi di eccitamento non lasciano dietro di sé una durevole trasformazione degli elementi del sistema, esaurendosi, per così dire, nel fenomeno del diventare cosciente. È possibile rappresentare l’organismo vivente nella sua forma più semplificata come una vescichetta indifferenziata, provvista di un rivestimento che la protegge dagli stimoli del mondo esterno; lo strato corticale contiguo a questo rivestimento deve differenziarsi in virtù della sua stessa posizione e funzionare come organo che riceve gli stimoli provenienti dall’esterno. Ma questo sensibile strato corticale, che più tardi diventerà il sistema C, riceve anche eccitamenti dall’interno. Il dispiacere specifico che deriva dal dolore fisico dipende dal fatto che la barriera protettiva è stata spezzata in una sua area ben delimitata. Da questa parte della periferia si dirige allora verso l’apparato psichico centrale una corrente ininterrotta di eccitamenti, quale di solito può promanare solo dall’interno dell’apparato. Da tutte le parti viene raccolta energia di investimento, affinché la zona che circonda il punto di irruzione sia provvista di investimenti energetici sufficientemente elevati. Viene allestito un imponente “controinvestimento”, a beneficio del quale si impoveriscono tutti gli altri sistemi psichici, talché si verifica un’estesa paralisi o riduzione delle altre funzioni psichiche. La comune nevrosi traumatica è considerata la conseguenza di una vasta breccia apertasi nella barriera protettiva. L’aspettativa connessa all’angoscia e il sovrainvestimento dei sistemi ricettivi che l’accompagna rappresentano l’ultima linea di difesa contro gli stimoli. I sogni cercano di padroneggiare gli stimoli retrospettivamente, sviluppando quell’angoscia la cui mancanza era stata causa della nevrosi traumatica. Si tratterebbe dunque di ammettere un’eccezione alla regola che il sogno è l’appagamento di un desiderio. I sogni che si producono nelle nevrosi traumatiche ubbidiscono alla coazione a ripetere. Parrebbe dunque che anche quella funzione del sogno consistente nell’eliminare i motivi che potrebbero interrompere il sonno appagando i desideri degli impulsi disturbatori non sia la funzione prima e originaria del sogno stesso. Se esiste un “al di là del principio di piacere”, è logico ammettere che ci sia stata anche un’epoca che ha preceduto la tendenza del sogno ad appagare i desideri del dormiente.

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Dal fatto che lo strato corticale che riceve gli stimoli non dispone di un rivestimento protettivo contro gli eccitamenti che provengono dall’interno, discende necessariamente che queste trasmissioni di stimoli acquistano un’importanza predominante dal punto di vista economico, dando spesso origine a disturbi che possono essere paragonati alle lesioni traumatiche. Gli impulsi originati dalle pulsioni non appartengono al tipo dei processi nervosi “legati”, ma sono piuttosto processi liberamente mobili che tendono alla scarica. Le manifestazioni della coazione a ripetere (qui descritte considerando sia le prime attività della vita psichica infantile sia le esperienze che si verificano durante il trattamento psicoanalitico) rivelano un alto grado di pulsionalità, e quando sono in contrasto con il principio di piacere possono far pensare alla presenza di una forza “demoniaca”. Una pulsione sarebbe dunque una spinta, insita nell’organismo vivente, a ripristinare uno stato precedente al quale l’organismo ha dovuto rinunciare sotto l’influsso di forze perturbatrici provenienti dall’esterno. Le pulsioni che si prendono a cuore la sorte degli organismi elementari che sopravvivono all’essere individuale, che provvedono affinché essi trovino un sicuro ricovero fintantoché sono senza difesa contro gli stimoli del mondo esterno, che determinano il loro incontro con le altre cellule germinali ecc., costituiscono il gruppo delle pulsioni sessuali. Tali pulsioni sono conservatrici perché risultano particolarmente refrattarie agli influssi esterni e assicurano la durata della vita. Prescindendo dalle pulsioni sessuali, non esistono pulsioni al di fuori di quelle che vogliono ripristinare uno stato precedente. Sia lo sviluppo più elevato sia l’involuzione potrebbero essere conseguenze dell’adattamento cui gli organismi sono stati costretti da forze esterne, e il ruolo delle pulsioni potrebbe limitarsi in entrambi i casi a conservare il mutamento imposto dall’esterno. Quell’infaticabile impulso verso un ulteriore perfezionamento che si può osservare in una minoranza di individui può essere facilmente spiegato come conseguenza della rimozione pulsionale su cui è fondata la civiltà umana in tutto ciò che ha di più valido e prezioso. La pulsione rimossa non rinuncia mai a cercare il suo pieno soddisfacimento. È appunto la differenza fra il piacere del soddisfacimento agognato e quello effettivamente ottenuto a determinare nell’uomo l’impulso che sempre lo spinge in avanti.

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229-49
Esiste un netto contrasto tra le pulsioni dell’Io, che spingono verso la morte, e le pulsioni sessuali, che spingono verso la continuazione della vita. Secondo l’ipotesi prospettata, le pulsioni dell’Io traggono origine dal farsi vivente della materia inanimata, e cercano di ripristinare lo stato privo di vita, mentre le pulsioni sessuali mirano a fondere insieme due cellule germinali. Se questa unificazione non è realizzata, la cellula germinale muore. Viene discussa l’ipotesi che la morte sia dovuta a cause interne. Dall’insieme delle ricerche condotte su certi organismi, come il paramecio, un infusorio ciliato, si sono selezionati due fatti: in primo luogo, se in un momento in cui non rivelano ancora segni di invecchiamento due piccoli animali possono fondersi tra loro o “coniugarsi”, essi non invecchiano più, sono “ringiovaniti”. In secondo luogo, è probabile che gli infusori siano portati dal proprio processo vitale a una morte naturale. In conclusione, i dati della biologia non contrastano con il riconoscimento delle pulsioni di morte. La psicoanalisi si rese conto della regolarità con cui la libido viene ritirata dall’oggetto e diretta sull’Io; e studiando l’evoluzione libidica del bambino arrivò alla conclusione che l’Io è il vero e originario serbatoio della libido, che solo a partire dall’Io la libido viene poi riversata sull’oggetto. Fu riconosciuto il carattere libidico di una parte delle pulsioni dell’Io; nell’Io erano all’opera (probabilmente accanto ad altre) pulsioni sessuali. In tal modo la distinzione fra le due specie di pulsioni, alla quale in origine era stato attribuito un carattere qualitativo, doveva essere determinata in modo diverso, e cioè in senso topico. Ma le argomentazioni precedenti sembrano sensibilmente disturbate dal fatto che proprio alla pulsione sessuale non è possibile ascrivere la caratteristica di una coazione a ripetere. L’aver riconosciuto come tendenza dominante della vita psichica, e forse della vita nervosa in genere, lo sforzo che si esprime nel principio di piacere, sforzo inteso a ridurre, a mantenere costante, a eliminare la tensione interna provocata dagli stimoli, è in effetti uno dei più forti motivi che inducono a credere nell’esistenza delle pulsioni di morte. Una delle prime e più importanti funzioni dell’apparato psichico è quella di “legare” i moti pulsionali, di sostituire il processo primario che li governa con il processo secondario, di trasformare la loro energia di investimento liberamente fluttuante in un investimento prevalentemente quiescente. Il principio di piacere è una tendenza posta al servizio di una funzione cui spetta il compito di liberare interamente dall’eccitamento l’apparato psichico o di mantenere costante o quanto più basso possibile la quantità di eccitamenti in esso presente. All’inizio della vita psichica l’anelito al piacere si esprime in una forma che, pur essendo di gran lunga più intensa che in seguito, non è tuttavia esente da restrizioni.

Complementi alla teoria del sogno (1920)

255-56
È un riassunto della comunicazione presentata da Freud al 6° Congresso di psicoanalisi dell’Aia (9 settembre 1920). A fianco dei ben noti sogni di desiderio e di angoscia, ci sono buoni motivi per riconoscere l’esistenza di una terza categoria di sogni, i “sogni di punizione”. Qualora si tenga conto della fondata ipotesi che esista nell’Io una speciale istanza critica e autosservatrice (l’ideale dell’Io, la coscienza morale), allora anche questi sogni di punizione possono essere sussunti nella teoria dell’appagamento di desiderio; essi, infatti, rappresentano l’appagamento di un desiderio proprio di questa istanza critica. Un’altra categoria di sogni sono i cosiddetti sogni “traumatici” delle vittime di infortuni, che si presentano anche durante la psicoanalisi dei nevrotici, riproponendo traumi infantili dimenticati. Essi sembrano costituire un’eccezione più seria alla regola che i sogni sono appagamenti di desideri; ma per questo problema Freud rimanda a Al di là del principio di piacere. Il terzo punto della comunicazione riguarda un’indagine di J. Varendonck sulle fantasticherie inconsce nello stato di dormiveglia.

Estratto: Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 9. L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, (rist. 2006).