Due note sulle neuroscienze

Il testo di Ansermet e Magistretti, A ciascuno il suo cervello – Plasticità neurale e inconscio, cerca di conciliare le neuroscienze con la psicoanalisi. Si chiede cioè, cosa accadrebbe se la psicoanalisi trovasse conferma nelle neuroscienze e quali vantaggi potrebbe avere la neuroscienza dalla teoria psicoanalitica, aldilà di ogni rivendicazione di primato, aldilà di ogni antagonismo. Lo stile di fondo suggerisce che solo un approccio dialogante neuroscienze vs psicoanalisi, potrebbe rilevare “l’essenza del cervello”. Cito dalla quarta copertina del libro: “il punto d’incontro è rappresentato proprio da quei meccanismi di plasticità sinaptica grazie ai quali il cervello rimane aperto al cambiamento e alle trasformazioni portate dall’esperienza”.

Lacan presenta nel 1946, durante le giornate psichiatriche di Bonneval: “Discorso sulla causalità psichica”. È un testo di straordinaria attualità. Lacan si oppone con estrema decisione all’idea che i fatti psichici siano riconducibili ad una causalità organica: si sostiene l’esclusività della causalità psichica nella psicogenesi, essa corrisponde alla libertà del soggetto. Al principio di causalità fisica e alla teoria dell’interazione molecolare, egli contrappone la semantica e la logica del senso: se dei danni organici possono causare una serie di turbamenti, la pazzia emerge solo se il soggetto dà senso a questi fenomeni e allorché decide di parlarne ad altri in quanto fenomeni che lo riguardano direttamente. Al cuore della follia c’è un soggetto responsabile: responsabile del senso attribuito al puro dato reale.  Rimando altrove un approfondimento su questo tema: http://physislog.net/2010/10/18/discorso-sulla-causalita-psichica-1946/.

Un’eventuale spiegazione neuroscientifica di tutti quegli aspetti che la psicoanalisi “non è in grado di spiegare” perché indicibili, impossibili a dirsi, comporterebbe l’ennesima fondazione di un nuovo tirannico metalinguaggio. Tutto ciò che non riesce a dirsi attraverso la scienza psicoanalitica risulterebbe descrivibile dal funzionamento del cervello, ovvero dall’osservazione del suo funzionamento: ma come può tale atto osservativo riuscire a posizionarsi fuori dal linguaggio?

Ciò premesso, cercheremo di delineare, nei post successivi alcuni aspetti neuropsicologici connessi alla dimensione emotiva.