La mente come tutto il resto della realtà

Tratto da B. Spinoza, Etica e Trattato teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 187-188

La maggior parte di coloro che hanno scritto sugli Affetti e sul modo di vivere degli uomini, sembra che trattino non di cose naturali, che seguono le comuni leggi della Natura, ma di cose che sono al di fuori della Natura. Sembra anzi che concepiscano l’uomo nella Natura come un impero nell’impero. Infatti credono che l’uomo sconvolga l’ordine della Natura, piú che seguirlo, e che abbia sulle proprie azioni un potere assoluto, e che non sia determinato da altro che da se stesso. Attribuiscono poi la causa dell’impotenza e dell’incostanza umana non al comune potere della Natura ma a un presunto vizio della natura umana, e perciò la compiangono, la deridono, la disprezzano, o, piú comunemente, la detestano; e chi con maggior eloquenza o arguzia sa cogliere l’impotenza della Mente umana passa per uomo divino. Tuttavia non sono mancati uomini assai illustri (alla cui fatica e operosità riconosciamo di dover molto) che hanno scritto cose eccellenti sul giusto modo di vivere e hanno dato ai mortali consigli pieni di saggezza; ma nessuno, che io sappia, ha determinato la natura e le forze degli Affetti, e che cosa possa fare la Mente per dominarli. So bene che il celeberrimo Cartesio, benché anch’egli abbia creduto che la Mente è dotata di un potere assoluto sulle sue azioni, ha cercato tuttavia di spiegare gli Affetti umani mediante le loro cause prime e, nello stesso tempo, ha cercato di indicare la via per cui la Mente potesse ottenere il potere assoluto sugli Affetti; ma secondo me non ha dimostrato altro che l’acume del suo grande ingegno, come a suo tempo dimostrerò. Infatti io voglio tornare a coloro che preferiscono detestare e irridere gli Affetti e le azioni degli uomini piuttosto che comprendere. A costoro sembrerà certamente strano che io mi accinga a trattare dei vizi e delle stoltezze umane secondo il metodo Geometrico, e che voglia dimostrare con un ragionamento rigoroso cose che essi proclamano incompatibili con la ragione, vane, assurde, orrende. Ma ecco quale è il mio argomento. Nella Natura nulla accade che possa essere attribuito a un suo vizio; infatti la Natura è sempre la stessa e la sua virtœ e potenza di agire è ovunque una sola e medesima, ossia le leggi e le norme della Natura, secondo le quali ogni cosa accade e da una forma si muta in un’altra, sono ovunque e sempre le medesime, e perciò anche il modo d’intendere la natura di tutte le cose, quali che siano, deve essere uno e medesimo, ossia in base alle leggi e alle norme universali della Natura. Quindi gli Affetti dell’odio, dell’ira, dell’invidia, ecc., in sé considerati, derivano dalla stessa necessità e virtú della Natura, come le altre singole cose; e perciò ammettono determinate cause per mezzo delle quali vengono conosciuti e hanno determinate proprietà degne della nostra conoscenza come le proprietà di qualunque altra cosa di cui la sola contemplazione basta a dilettarci. Tratterò dunque della Natura e delle forze degli Affetti e del potere della Mente su di essi, con lo stesso Metodo con cui nelle parti precedenti ho trattato di Dio e della Mente, e considererò le azioni e i desideri umani come se si trattasse di linee, di superfici e di corpi.