Rewire the brain 1/14

L’emozioni producono sensazioni corporee, esperienze sensoriali riconducibili ai valori edonici di piacere o dispiacere, incidono sui nostri pensieri, sulle valutazioni e modificano alcuni processi fisiologici nel nostro corpo[i], determinando il nostro comportamento. La maggior parte degli studiosi sembrano avallare l’ipotesi di un numero di emozioni fondamentali e di una serie di altre che risultano dalle combinazioni di queste.

Il numero minimo è tre e il maggiore undici, quasi tutte le proposte contemplano da cinque a nove emozioni. La paura e la rabbia le troviamo in ogni elenco. La tristezza, chiamata a volte dolore altre volte angoscia o solitudine, la troviamo in ogni classificazione, tranne in un paio. La gioia, o i simili amore, piacere, entusiasmo, felicità o soddisfazione, compaiono in tutte le classificazioni. Meno usate sono le emozioni fondamentali quali sorpresa, disgusto, curiosità, aspettativa, vergogna e senso di colpa.[ii]

La maggior parte degli studiosi sostiene che il modo in cui parliamo delle emozioni chiama in causa la dimensione dell’intensità, che, ovviamente, può essere maggiore o minore. «Per esempio, forme più intense di rabbia sarebbero collera e furore, mentre forme meno intense sarebbero fastidio e irritazione. Analogamente, possiamo identificare le differenze d’intensità fra pensierosità, tristezza e sofferenza.»[iii] Inoltre, le emozioni, si differenziano proprio a partire da quella che Plutchik chiama «somiglianza reciproca»[iv]. Paura e spavento, per esempio sono vicini lungo la dimensione dell’intensità, la rabbia, è più simile al disgusto, all’antipatia, al disprezzo, rispetto alla gioia, alla allegria o entusiasmo. Le emozioni presentano un andamento bipolare, cioè ce le rappresentiamo in coppie di opposti: paura-rabbia, tristezza-gioia, amore-odio…. Quindi, in definitiva, variano per intensità, grado di somiglianza reciproca e per il fatto che esprimono sensazioni o azioni opposte.

L’attivazione (emozionale) è l’effetto di una reazione automatica, strutturata e iscritta nel funzionamento del nostro corpo (sistema nervoso autonomo) a partire da uno stimolo, oppure è l’effetto di una valutazione del significato, una interpretazione della situazione. La percezione dell’attivazione ha come effetto l’esperienza emotiva, tuttavia anche le valutazioni cognitive sono necessariamente contemporanee all’attivazione fisiologica. L’emozione comprende l’arousal e l’interpretazione della situazione che etichetta attribuendo una certa causa ad una certa esperienza corporea.

L’emozione è dunque la mescolanza di un’attivazione fisiologica indefinita, non specifica, e di una percezione di questo stato di attivazione, con una spiegazione in funzione ad un evento che in modo plausibile può essere la causa dell’emozione stessa.

L’attribuzione casuale stabilisce una connessione (causativa) tra l’attivazione corporea e un dato evento (emotigeno pertinente) grazie al quale è possibile etichettare l’esperienza corporea stessa in modo (presumibilmente) adeguato.

L’emozione è il risultato dell’arousal, della percezione e del riconoscimento della situazione emozionale e di una valutazione che stabilisce la connessione fra percezione, riconoscimento e l’arousal stesso.

L’arousal è la percezione delle reazioni del sistema nervoso simpatico. Quando siamo attraversati da un arousal fisiologico indefinito e senza spiegazione plausibile, tale condizione somatica sarà etichettata in base ad un qualsiasi elemento significante disponibile e plausibile. Se invece lo stato di arousal fisiologico ha una spiegazione ovvia difficilmente si useranno spiegazioni alternative per etichettarlo.

Il confronto tra le informazioni che incameriamo su di un dato evento e i nostri schemi mentali, può essere congruente e dunque le nuove informazioni saranno integrate negli schemi, in alternativa emerge l’attivazione del sistema nervoso autonomo. Maggiore è l’incongruenza, maggiore è l’intensità dell’attivazione emozionale. Ciò che non risulta assimilabile, produce «emozioni negative» e necessita di rimodulazioni attraverso processi di accomodamento.

Jaak Panksepp rappresenta oggi il più importante studioso di biologia delle emozioni, forte soprattutto di un vastissimo, quanto discusso, armamentario di esperimenti effettuati. Il suo modello si caratterizza in particolare per l’importanza data alle aree sottocorticali nelle manifestazioni emozionali, in particolare: tronco encefalico, ipotalamo, amigdala, cioè la parte più primitiva del nostro cervello. Egli parte dall’individuazione di una serie di emozioni che sarebbero comuni a tutti i mammiferi e che sono l’espressione di una serie di reti neurali e di reazioni biochimiche associate a certi comportamenti. Egli descrive anche gli stati somatici non emozionali derivanti dai bisogni come la fame o la sete. Sottolinea inoltre la fondamentale importanza dell’emozione nell’attività psichica evidenziando come siano soprattutto le aree sottocorticali ad essere la sede delle strutture alla base della sua genesi.

Panksepp si oppone fermamente alla corticalizzazione” dell’esperienza emozionale, confutando il tentativo di Damasio di «mentalizzare» l’emozione attraverso il concetto di sentimento che troviamo in Emozione e coscienza, concetto che secondo Panksepp riproporrebbe nuovamente una concezione dualistica (mente-corpo) a scapito del monismo di cui lo stesso Damasio si sarebbe fatto promotore.

Le emozioni per Panksepp sono presenti anche nei mammiferi non evoluti, cioè in quelli privi delle funzioni elevate tipiche degli esseri umani, anzi, questo renderebbe gli animali particolarmente adatti per gli studi sulle emozioni proprio perché queste ultime non sarebbero influenzate dall’attività corticale (mentale) come accadrebbe negli esseri umani. Ciò che Panksepp contesta a Damasio è l’ipotesi che la coscienza effettui una rilettura (readout) delle emozioni a partire dalle aree più evolute del cervello. È d’accordo con Damasio che ha ipotizzato che l’attività mentale sia a più livelli intrecciata con le reazioni emozionali corporee (affectively embodied) tuttavia critica l’idea che i sentimenti emozionali siano prodotti nelle aree alte della corteccia somatosensoriale, cioè da quelle aree che garantiscono una rappresentazione del corpo.

Per Panksepp le emozioni fondamentali sono paura, rabbia, gioia e varie emozioni di disagio, le spinte motivazionali sono esperienze tipo la fame, la sete, la sessualità, gli affetti sensoriali sono reazioni del tipo dolore, temperatura, gusto e così via. Tutte queste esperienze corporee coinvolgono le aree sottocorticali che impongono degli stati globali agganciati a delle rappresentazioni somatiche primitive sottocorticali. Le esperienze emotive quindi per Panksepp sono l’effetto di attività cerebrali riconducibili a funzioni molto antiche, funzioni che sono in grado di imporsi nella nostra attività psichica. Il loro “potere” diminuisce con lo svilupparsi delle aree corticali superiori che regolerebbero l’attività cognitiva. L’attivazione emozionale in questo modo può essere integrata nella nostra vita psichica anche grazie alle risorse cognitive che possediamo.

Damasio non ha mai sottovalutato la funzione preminente che le aree sottocorticali e i nuclei del tronco celebrale svolgono nelle esperienze emotive, tutt’altro. Egli ha sottolineato, tuttavia, che non è possibile considerare le emozioni e i sentimenti delle creature umane, con tutta la loro complessità, alla stessa stregua di quelle degli animali, per i quali Damasio non sembra escludere, soprattutto per quelli con un sistema nervoso più complesso, la possibilità che abbiano coscienza e sentimenti. Tuttavia egli rimarca la sostanziale differenza tra essere umani e animali. La ragione, la memoria danno uno spessore molto diverso alla nostra attività conoscitiva dei nostri sentimenti. Non si può ridurre la questione soltanto alla differenza che c’è tra l’essere consapevoli o no delle nostre emozioni. Per Damasio noi umani abbiamo anche la capacità di riflettere su questi sentimenti, di collocarli in un dato contesto e ciò incide sul processo alla loro base.

La questione che resta sullo sfondo di questa querelle è la seguente: quanto l’attività cerebrale può raffreddare le emozioni, soprattutto quelle negative?

L’uso di una connessione o di un circuito neurale rafforza la sua stessa funzionalità e il suo esserci si consolida (legge di Hebb, neurons that fire together wire together), in tal senso LeDoux concepiva la psicoterapia come un metodo per riconfigurare (rewire the brain) le connessioni a favore di un rafforzamento delle sinapsi nelle connessioni che raffreddano, monitorano o meglio ancora controllano l’amigdala inibendone le risposte più esplosive e deleterie. La psicoterapia avrebbe il pregio di favorire nella corteccia neurale la possibilità di governare l’esplosività emozionale dell’amigdala; la proiezione di questa ultima sulla neocorteccia è molto più incisiva rispetto a quella che la neocorteccia può avere sull’amigdala stessa. Questa infatti ha un controllo sulla neocorteccia superiore rispetto a quello che la neocorteccia può avere su di essa. Ciò vuol dire che quando i processi emozionali si sono accesi è molto difficile interromperli, spegnerli. Le reazioni emozionali comportano il rilascio di ormoni e di altre molecole che poi ritornano nel cervello per influenzarlo. La neocorteccia ha dei canali di comunicazioni non sufficientemente sviluppati ed in grado di agire sull’amigdala, tuttavia essa dovrebbe garantire una certa «libertà psicobiologica» grazie alla quale poter controllare la dimensione emozionale del cervello, tale libertà risulta possibile se si riesce a contestualizzare l’esperienza emozionale, attraverso una riorganizzazione globale della categorizzazione emozionale, una riorganizzazione delle memorie emozionali (pre-simboliche).


[i] Le emozioni possono essere concepite come risposte complesse che l’organismo dà a determinati stimoli. Esse si manifestano fenomenicamente attraverso repertori specifici di azioni (per esempio, fuga o evitamento) e con cambiamenti interni (ad esempio, aumento della frequenza cardiaca). Generalmente per emozioni primarie si considerano: paura, rabbia, sorpresa, tristezza, disgusto, felicità. In riferimento ai correlati neurofunzionali delle emozioni possiamo dire che, la percezione di uno stimolo emotigeno produce determinate risposte complesse dell’organismo attraverso l’attivazione di differenti strutture cerebrali: risposte ormonali dovute all’attivazione dell’ipotalamo, risposte vegetative mediate dal sistema autonomo simpatico e parasimpatico messo in moto dall’ipotalamo, risposte motorie prodotte dal grigio periacqueduttale, risposte esperienziali verisimilmente dovute alla corteccia del cingolo anteriore, risposte sociali generate dal lobo frontale. In riferimento invece ai correlati neuroanatomici delle emozioni, possiamo asserire che, molte strutture corticali e sottocorticali sono implicate nel controllo delle emozioni, nella motivazione e nella connessione delle emozioni con ricordi e sensazioni. Tra queste strutture ricordiamo: la corteccia cingolata, l’amigdala, l’ipotalamo, l’ippocampo, il giro paraippocampale, la corteccia orbito-frontale, la corteccia somestesica, l’insula, il tronco encefalico (nuclei monaminergici), il grigio periacqueduttale. In passato le basi neuroanatomiche delle emozioni erano ricondotte al funzionamento del cosiddetto sistema limbico, che prevede l’ippocampo e le sue connessioni con l’ipotalamo. Successivamente a questo circuito è stato aggiunto anche l’amigdala e la corteccia prefrontale. La teoria del sistema limbico comportava che le strutture cerebrali fossero implicate in tutte le emozioni e che ci fosse una separazione tra sistema cognitivo e sistema emozionale. A partire dalle conoscenze attuali entrambe queste ipotesi risultano errate. I circuiti cerebrali delle emozioni coinvolgono l’ippocampo, l’amigdala e la corteccia prefrontale che a loro volta sono in connessione con l’ipotalamo. I nuclei mammillari dell’ipotalamo comunicano con la porzione anteriore del talamo che a sua volta si connette alla corteccia cingolata. Il circuito si completa attraverso le connessioni che, dal cingolo arrivano e connettono ippocampo, amigdala e corteccia prefrontale. Tutto il circuito è importante per il funzionamento emotivo, tuttavia l’amigdala e la corteccia prefrontale risultano decisive nella comprensione e nell’interpretazione delle emozioni.

[ii] Plutchik R., Psicologia e biologia delle emozioni, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 71.

[iii] Ivi, p.78.

[iv] Ibidem.