Panopticon

Il potere nella società moderna si è organizzato attraverso “dispositivi” di controllo in grado di impadronirsi della vita stessa. È il tema centrale nel pensiero di Foucault. Le parole chiavi sono sorvegliare e punire. Il potere che si stacca dalle azioni degli uomini, diventando un’entità astratta, autonoma, fuori dal controllo degli uomini  e che si impadronisce della vita. Il potere si esprime attraverso le istituzioni: il carcere, il manicomio e altri dispositivi istituzionali.

Jeremy Bentham, insieme al fratello architetto, progetta una sorta di prigione, un edificio nel quale tutti i detenuti sono visti da qualcuno senza poter vedere chi è l’osservatore. È l’immagine più vicina alla società del controllo. C’è l’osservatore che non è visto dall’osservatore osservato. Bentham ipotizzava la sorveglianza di detenuti, estendendo questa visione a tutte le attività umane. La vita come oggetto del potere. Un potere difficilmente controllabile, che attraverso i molteplici dispositivi si adopera per piegare la persona al potere medesimo.

Il carcere modello di Jeremy Bentham, denominato Panopticon, era un edificio semi-circolare, al centro del quale vi erano i sorveglianti, e lungo la circonferenza si trovavano invece le celle interamente esposte allo sguardo dei guardiani. I prigionieri erano isolati l’uno dall’altro da muri che rendevano impossibile vedersi e la comunicazione. La torre che ospitava le guardie consentiva di vedere senza essere visti. Questo configurazione faceva sì che ogni prigioniero non potesse mai avere la certezza di non essere sorvegliato e pertanto si sarebbe sempre comportato in modo disciplinato. L’invisibilità, lo sguardo della conoscenza, di colui che sa cosa sia giusto o sbagliato, delineano una asimmetria strutturale che garantisce al potere la possibilità di penetrare nella volontà dei soggetti, che dal loro canto non possono mai veramente essere sicuri di essere soli. Tutto questo grazie al dispositivo di sorveglianza.

Quello di Bentham è un progetto educativo, correttivo si potrebbe dire, in poche parole egli ci catapulta nella posizione che il potere istituzionale incarna. È il punto di vista del potere, il punto di vista di un invisibile, di un’invisibilità asimmetrica.  È l’occhio del carceriere invisibile, l’occhio di Dio, soprattutto se la sorveglianza è concepita come l’unica vera garanzia della giustizia.

Un individuo invisibile è immorale, ingiusto e può redimersi da questa condizione solo se visibile. Il controllo della visibilità si incarna nel potere che è un punto cieco, che paradossalmente è fuori controllo.

Se ammettiamo che lo spazio “privato” resta invisibile allo sguardo, possiamo dire che esso si sottrae alla giustizia intesa benthamianamente come funzione “di sorveglianza”.

Il potere non è riconducibile ad un’unica entità come lo stato, la politica o all’economia, il potere è onnipresente, moltiplicandosi in infinite forme, infatti, tutti i rapporti sociali rappresentano una modalità di rapporto di potere: fra uomo e donna, tra un datore di lavoro e il suo dipendente, il maestro e il suo allievo, tra chi sa e chi no. Relazioni di potere che sono alla base della stessa socialità di ogni individuo, che è, in un certo qual modo, plasmato dal potere stesso.