Modello probabilistico multicausale

Studi di settore hanno evidenziato l’esistenza di diverse concezioni implicite nei servizi circa il ruolo della famiglia e, rimanendo nell’ambito della riabilitazione, dai risultati di un lavoro di ricerca (Mancini, L., Medi, M.T., Moretti, C., & Vicarelli G., 2001) si è potuto constatare che gli operatori sono portati a considerare i familiari come prolungamenti del proprio intervento senza considerare però il rapporto fra riabilitazione del soggetto psicotico e le risorse familiari. La famiglia coinvolta nel processo di attuazione dell’intervento, comporta una riorganizzazione familiare e un cambiamento nelle abitudini; l’efficacia dell’intervento è per lo più determinata da questa condivisione con tutti i soggetti coinvolti, compreso il genitore che accompagna il figlio presso il servizio.

Come sostiene A. Fonzi (Fonzi, A., 2001), da un modello deterministico unicausale, teso cioè a spiegare il comportamento riconducendolo a un’unica causa specifica considerata determinante, si passa a un modello probabilistico multicausale, interazionista e costruttivista. Ne deriva una visione dello sviluppo come costruzione all’interno di relazioni molteplici e in contesti differenziati, derivante da una concatenazione di cause: non esiste una sola causa, ma complessi rapporti tra cause. L’autrice, per spiegare le caratteristiche di quest’ultimo modello, riporta l’esempio dell’effetto farfalla, ripreso dalle scienze fisiche: il battito di una farfalla in una foresta tropicale può avere come effetto un ciclone dall’altra parte del pianeta. Ovviamente non esiste una connessione deterministica tra il battito d’ali della farfalla ed il ciclone. Il movimento delle ali non può produrre un ciclone in modo diretto, ma può innescare una catena di eventi nell’atmosfera che condizionandosi tra di loro, possono ingenerare, in un certo lasso di tempo esiti devastanti (Ibidem). Un operatore socio-educativo consapevole di un modello di sviluppo così complesso, in cui sono molteplici i fattori che concorrono a costruirlo. L’opportunità grande in gioco secondo questa prospettiva è quella di riuscire in qualche modo ad evitare il solito riduzionismo che cerca risposte a domande mal poste e che conducono troppo spesso alle solite interpretazioni tipo “il ragazzo è un antisociale perché è figlio di genitori separati oppure “perché l’ambiente familiare è caotico”. Atteggiamento che tende deresponsabilizzarlo facendogli assumere un atteggiamento impotente e sfiduciato sin dall’inizio (il problema è nella sua situazione familiare, se non risolviamo quella non si può fare niente) o onnipotente e colpevolizzante (non posso certo aspettarmi nessun aiuto da loro, farò tutto da solo). Assumere un modello probabilistico multicausale significa invece: costruire ogni volta una modalità d’intervento, senza cercare di usarne una già precostituita tipica di situazioni simili, mettere in gioco le proprie capacità di analizzare i tanti elementi che si intrecciano, cercare il coinvolgimento delle persone che fanno parte del contesto più vicino al proprio utente.

 

Bibliografia

Mancini, L., & Medi, M.T., Moretti, C., Vicarelli, G. (a cura di). (2001). La famiglia nei processi di riabilitazione: la Lega del Filo d’oro. In Rapporto tecnico, Università degli Studi di Ancona: Istituto di Studi Storici, Sociologici e Linguistici.

Attili, G. (2001a). Le emozioni e lo sviluppo affettivo. In A. Fonzi (a cura di) Manuale di psicologia dello sviluppo. Firenze: Giunti.