Il modello comunitario (2)

Tra i fattori terapeutici specifici della metodologia comunitaria per il trattamento delle psicosi in questo modo, anzitutto va sottolineato la componente della flessibilità e l’attenzione al senso di coesione in un’atmosfera emotiva intensamente condivisa capace di rendere l’assetto comunitario stimolante e orientato alla trasformazione. La comunità si propone quindi come luogo in cui facilitare quel processo terapeutico che, partendo da una prima fase “ambiente-maternage”, diviene un gradualmente spazio di formazione alla vita e di riprogettazione del futuro.

Il modello comunitario, a differenza dei modelli in precedenza delineati, valorizza i fattori e le potenzialità terapeutiche specifiche di gruppo: in riferimento alle complesse interazioni tra gruppo dei curanti, gruppo dei residenti e loro familiari. L’attivarsi simultaneo di una pluralità di relazioni consente a ciascun membro del gruppo, un’efficace esperienza di “autosservazione” attraverso la risonanza dei propri contenuti interni nella mente degli altri; questa possibilità di far risuonare le proprie esperienze affettive in altre persone offre, al paziente psicotico, un’opportunità rilevante: quella di poter raccogliere aspetti di sé prima sentiti inaccettabili  Il senso di totalità del gruppo, la forza che tiene insieme, è sperimentata come una superficie delimitante, chiusa, come una pelle che, interiorizzata nel tempo, fa acquisire al paziente il senso di un proprio confine. Il gruppo comunitario rappresenta anche lo spazio in cui ognuno può esternalizzare i propri racconti, sogni, ricordi attualizzando antichi modelli relazionali, vissuti ma non pensati: il gruppo terapeutico può aiutare a trasformarli in vissuti rappresentati e successivamente simbolizzati.[1]

L’esperienza in una comunità mira a favorire l’irrobustimento del Sé, inteso sia come insieme di funzioni che come struttura. Il Sé come struttura si sviluppa attraverso l’esperienza ripetuta di stati psicofisici che danno al soggetto la sensazione della compattezza della sua esistenza; a questa si accompagna la sensazione di un flusso vitale che dà il senso della continuità. Le funzioni del Sé s’incentrano sull’organizzazione, l’integrazione delle percezioni e delle esperienze insieme all’animazione della vita e hanno a che fare con lo spazio, il tempo e gli affetti. Le prime esperienze strutturanti avvengono in una fase presimbolica ed è proprio a questo livello che si innestano i fattori terapeutici dell’esperienza comunitaria. La comunità può essere il luogo dove emerge, attraverso la ripetizione d’esperienze condivise, un Sé più coeso che struttura gradualmente una tridimensionalità interna.[2]


[1] Marta Vigorelli, Il lavoro della cura nelle istituzioni. Progetti, gruppi e contesti nell’intervento psicologico, 2005, Franco Angeli, p. 108

[2] Correale, A. (1995). Fattori terapeutici nei gruppi e nelle istituzioni. Roma: Borla.