Il discorso razionale

Il compito della filosofia è e sarà sempre quello di indagare i fondamenti di ogni possibile conoscenza. La filosofia deve scrutare e dare senso a qualunque pretesa di conoscenza e verità:  problema del “fondamento”, la questione del principio indeducibile generatore di ogni possibile conoscenza, il problema del linguaggio ad esso necessariamente connesso.

L’autenticità  della conoscenza scientifica viene resa plausibile esclusivamente dalla fondazione di un principio primo, che proprio in quanto primo, rimane inscrutabile. Esso non può che mostrarsi. Il principio ultimo rimane inderivabile. Esso si mostra, si svela evangelicamente. Il discorso razionale non può che partire da questa primitiva chiarezza. Ma ciò che immediatamente si mostra, si “espone”, ciò che si presenta nel discorso razionale, non può che essere esso stesso fantastico. Il discorso razionale “traveste” di significato ciò che la nominazione fantastica “pone dinanzi agli occhi” (phaìnestai). Ma nelle sue fondamenta il discorso razionale è esso stesso fantastico. Il “trasferimento” di significato, è un’operazione essa stessa metaforica (da metapherèin: trasportare). Il discorso razionale “tras-porta” un significato sulle spalle di ciò che “semplicemente” si è mostrato, è apparso.

Il discorso fantastico è primitivo, originario, esso è arcaico. Viene prima di ogni discorso razionale; esso nella sua essenza ci presenta un carattere assolutamente “profetico” (prophainastai =”Profeta”: pro- “prima” + phànai “dire”, da anche “al posto di”: ciò che appunto si mostra invece di esser-detto)