Dalla “definizione” alla “finzione”: parte 3

Il binomio filosofia-filologia (e verum-factum), che nel De Antiquissima costituisce la piattaforma a partire da cui l’uomo dava il nome alle cose definendo il loro significato, nella Scienza nuova, lascerà spazio ad un vero che trova la sua realizzazione, non più nell’inevitabile certificazione filologica realizzata su qualcosa di già dato, ma invece nell’atto originario del fingere. La parola si stacca dalla cosa e acquista una sua propria autonomia, una sua propria autosufficienza.

Con ciò non intendo affermare che nel suo capolavoro, il filosofo napoletano, abbandonasse del tutto il principio di convertibilità di verum e factum. Diciamo che esso non avrà più quella stessa portata filosofica che si può riscontrare in precedenza e nel De Antiquissima in particolare. Ed inoltre bisogna ricordare anche che già nel De Antiquissima, Vico, anche se con sfumature differenti, affrontava la questione della finzione, allargando la sua sfera di influenza anche a ciò che riguardava la conoscenza scientifica, fino a farle toccare ciò che sta sotto all’origine e verità delle scienze: “Due cose che sono finzione; il punto, perché, se lo disegni, cessa di essere punto; l’unità, perché, se la moltiplichi, non è più unità. Inoltre l’uomo s’è creduto in diritto, movendo dall’uno e dall’altra, di procedere sino all’infinito, nel senso che gli è parso lecito prolungare il punto in linee fuor di misura, e moltiplicare l’unità per numeri senza fine. Per tal modo, egli si è creato un certo qual mondo di figure e di numeri, che contiene tutto entro se stesso; e, col prolungare, accorciare o configurare in altro modo le linee, ovvero con l’addizionare, sottrarre o calcolare in altro modo i numeri, viene, come colui che ormai conosce entro se stesso verità infinite, a dar vita a creazioni senza fine”.[1]

Anche se qui Vico parla di finzione, in quest’opera il linguaggio fantastico non acquisterà ancora quel valore paradigmatico, che è possibile riscontrare nella Scienza nuova. Nel De Antiquissima, c’è ancora una zona nella quale la finzione fantastica non interviene con tutta la sua potenza in grado di distribuire senso. Per esempio, il diritto, la politica, la filologia, qui non sono ancora investiti di quel carattere fantastico che invece, nella Scienza nuova investirà anche loro.


[1] Ivi, p. 253 corsivi  miei.