Fonte: N. Chomsky, Alcune costanti della linguistica, trad. it. di L. Del Grosso Destreri, in I problemi attuali della linguistica, Bompiani, Milano, 1968, pagg. 18-22
Intendo parlare di una determinata corrente di pensiero del diciassettesimo e diciottesimo secolo e delle conseguenti grammatiche “universali” o “filosofiche”: esse derivano da una certa filosofia dello spirito, di origine essenzialmente cartesiana.
Esattamente come per le ricerche contemporanee sulla grammatica generativa, la grammatica universale dei filosofi di Port-Royal sorse soprattutto da una reazione contro l’atteggiamento strettamente “descrittivo”, secondo il quale la descrizione linguistica avrebbe come unico oggetto i dati del linguaggio attualizzato. In tal caso la linguistica si limiterebbe a fornire una ordinata presentazione di tale oggetto. Al contrario, la celebre Grammaire générale et raisonnée di Port-Royal rappresenta essenzialmente un tentativo di convertire lo studio del linguaggio in una specie di “filosofia naturale”, in contrasto con coloro che, come Vaugelas, non vi vedevano altro che una specie di storia naturale. La grammatica di Port-Royal si preoccupa quindi non solo di registrare e di descrivere l’uso, ma anche di spiegarlo. Per spiegare i fenomeni linguistici è necessario stabilire i principi generali da cui essi derivano. La grammatica, dunque, dev’essere “generale” e “ragionata” a un tempo. Tali principi generali costituiscono di fatto una ipotesi, empiricamente verificabile, sulla classe dei linguaggi umani possibili. La verifica dell’ipotesi può esser fatta in due modi: da un lato, dimostrando che essa è compatibile con la diversità delle lingue umane; dall’altro, dimostrando che essa è abbastanza efficace da render conto dei fenomeni particolari. Tale ricerca di una grammatica universale fu condotta con la preoccupazione di apportare una prova dimostrativa dell’uno e dell’altro punto ma, beninteso, nei limiti delle conoscenze disponibili a quell’epoca e delle tecniche allora praticate. Nel corso di tali studi, i grammatici del tempo misero in evidenza un certo numero di proposte precise, relative alla struttura del linguaggio e all’uso che ne vien fatto. Si ritiene generalmente che queste proposte siano state confutate, o che il successivo sviluppo della linguistica abbia messo in luce la loro mancanza di portata pratica. Ch’io sappia, ciò non è affatto vero. O meglio, esse sono semplicemente cadute in dimenticanza, in quanto l’attenzione dei linguisti si è rivolta ad altri oggetti e in quanto, in modo particolare nella generazione che ci ha immediatamente preceduti, il campo della linguistica generale si è ridotto al punto di escludere i problemi che interessavano i promotori della grammatica universale, perlomeno in linea di principio.
La grammatica di Port-Royal stabilisce una distinzione tra ciò che volentieri chiameremmo la “struttura superficiale” di una frase e la sua “struttura profonda”. La prima concerne la organizzazione della frase in quanto fenomeno fisico. La seconda interessa il sostrato strutturale astratto che ne determina il contenuto semantico, e che è presente allo spirito allorché la frase viene emessa o percepita. In tal modo, la struttura superficiale della frase tipo Dio invisibile ha creato il mondo visibile ci indica che abbiamo a che fare con una forma del tipo soggetto-predicato, con un soggetto complesso e un predicato anch’esso formato da piú termini. La sua struttura profonda rivela invece un sistema di tre giudizi, e precisamente: che Dio ha creato il mondo (proposizione principale), che Dio è invisibile e che il mondo è visibile (proposizioni incidentali alla proposizione principale). La struttura intima, il sostrato, che racchiude il contenuto semantico, è dunque un sistema di tre proposizioni, sistema che è presente alla mente quando la frase reale viene emessa e compresa.
Ognuna delle tre proposizioni elementari che compongono il sostrato è, come la struttura superficiale della frase completa, del tipo soggetto-predicato. Una struttura profonda che comporti un certo numero di proposizioni elementari, organizzate secondo determinati rapporti in vista di un determinato senso, è convertibile in una struttura superficiale mediante una serie di operazioni formali che possiamo chiamare “trasformazioni grammaticali”. Nel caso particolare esemplificato sopra, queste trasformazioni comprenderebbero una operazione di relativizzazione (la quale, applicata separatamente alla struttura profonda in questione, dà: Dio che è invisibile ha creato il mondo che è visibile) e una seconda operazione, facoltativa, per eliminare “che è” e (in alcuni casi) procedere all’inversione del nome e dell’aggettivo. In maniera analoga, si dimostrerà come una frase quale scio malum esse fugiendum abbia per base un sostrato che contiene la proposizione incidentale malum est fugiendum; le costruzioni infinitive hanno con il verbo la stessa relazione che le proposizioni relative hanno con il nome.